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« Susanna CamussoL'ultima zingarata »

Fiaba d'amor(tadella) all'ombra di due tor(telli)

Post n°1137 pubblicato il 29 Novembre 2010 da vi_di

           




C'era una volta, una città lontana lontana.
...oddio, lontana lontana mò... a seconda dei punti di vista, diciamo. Per me è lontana lontana: 603 KM percorso più breve secondo google maps nun sò mica bruscolini!
Ma non divaghiamo.
C'era questa città che era detta città d'amor(tadella) e di due tor(telli).
E in questa città, a cadenze abbastanza regolari nel corso dell'anno, accadeva un evento straordinario: depositata lì da rosse frecce  provenienti da misteriosi luoghi alcuni lontani lontani, altri vicini vicini, altri a mezza botta, frecce capaci di percorrere spazi lunghi in breve tempo, compariva una schiera in quantità variabile di dame e damigelle, leggiadre e querule... soprattutto querule.
Appena la freccia colpiva il bersaglio con scritto 'Bologna centrale', esse s'incamminavano querulando verso un magico luogo.
Era, quel luogo, abitato da un popolo nomade, che sapendo dell'arrivo delle dame si affollava ivi per offrire loro servigi, set e servizi: 'Accattatev'e tazze, signò! Un servizio da tè per 12, 3 euri solamente!' 'Bagnoschiuma, dopobarba e spazzolino, tutto il set pagate solo 5 euri! E' un affare, venite venite!'
Tale magico luogo era nomato Montagn-ola, nome derivante dal fatto che su quella montagna, appena arrivavano le dame e damigelle, tutti i presenti organizzavano una ola al coro di "Siete voi, siete voi, le acquirenti più acquirenti siete voi!"
Eggià, perché le dame e damigelle facevano incetta di servigi, di set e di servizi.
Ora, bisogna sapere che queste dame e damigelle seguivano nella loro visita sempre lo stesso cerimoniale: si scendeva dalle frecce, si faceva il giro dei set (ma anche ott o nov bancarelle e più) e, una volta finito il giro di montagna con la ola, con un colpo di bacchetta magica ci si spostava in oriente dove, tra un risotto alla cantonese e un latte flitto si poteva dar ampio sfogo alla querulità. E querulavano tanto che, al momento di sortire e tornare in occidente, gli orientali del luogo regalavano loro di tutto. Qualcuna aveva sentito uno del luogo (il cui nonno pare avesse origini campane, ma non ne siamo certi) mentre diceva "Basta che ve ne jate ve regalo tutt'o magazzino, ca nun ci 'a fazz cchiù a ve sentì!'.
Sospinte dal dolce vento d'oriente e dal vespro incalzante, le dame e damigelle tornavano così alle loro frecce e ognuna scoccava verso la sua dimora.
Questo era dunque ciò che accadeva ogni volta che le dame e damigelle giungevano nella città lontana lontana.
Ma un giorno, ecco che accadde l'imprevisto.
Proprio la volta in cui la dama che veniva dal luogo più lontano -le misteriose lande dei lupi verdi- non aveva potuto prendere parte al convito, nè quelle brutte dispettose delle dam(igian)e e damig(ian)elle superstiti che fanno? Organizzano un incontro con un giovin Cavaliero!!! Uno che porta borse e cioccolatini, che suona pianoforti e che possiede le chiavi di castelli, stucchi, specchi e bagni di lusso!!!
Indelicate!!!
Ma il diavolo fa le damigiane senza i sugheri, e così la dama delle terre coi lupi verdi venne a sapere il tutto.
'Anatema su di loro!' urlò, e di corsa andò a prendere il libro del famoso mago di Arcella. Lo aprì ed eccolo là, l'incantesimo adatto alle fedifraghe concoline: il terribile maleficio dell'uocchio, maluocchio e frutticiell'all'uocchio, altrimenti detto la maledizione dello strufolo e della pastiera.
 
'Per ora mando neve e tempesta
ma una salvezza soltanto vi resta:
organizzate un altro ritrovo
e il Cavaliero invitate di nuovo.
Voglio vederli pur'io stucchi e specchi,
basta carretti di robivecchi!
Se non farete per ciò buon ufficio
scaglio su voi orribile maleficio:
che non possiate mai più godere
del dolce strufolo o delle pastiere!
Stretta la foglia, verrà ancor l'estate:
facit'ampressa, e organizzate!'

 

 
 
 
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