IL SOCIALISTA

Tutti contro tutti


 A Milano, culla e patria del Cavaliere, città dei trionfi di Fi, con lunghe gestioni sindacali (dal 1997 al 2011, da Albertini a Moratti, nel Pdl, con un Presidente di Provincia, Podestà, eletto lo scorso anno e un Governatore tosto e di lungo corso come Formigoni, si assiste al tutti contro tutti.Persino sul capogruppo in Consiglio Comunale, peraltro di opposizione, non s’è trovato l’accordo. Non solo, ma la Moratti si è fatta il suo piccolo gruppo a parte. Cosa succede? A prima vista sembra trattarsi della coda dell’insuccesso elettorale. Dopo una batosta del genere, la crisi interna è sempre destinata ad esplodere alla ricerca dei responsabili in una sorta di conta destinata a ulteriori spaccature.Ma non basta il successo, del resto insperato ma non immeritato, di Pisapia a spiegare quanto sta accadendo nel Pdl che, non va dimenticato, rimane ancora il primo partito a Milano. Il fatto è che la crisi viene da lontano e la sconfitta della Moratti ne è stato il detonatore, non la causa.Da anni, da quasi dieci, il Pdl sta perdendo voti in città. Lo scorso anno, per dire, Podestà fu eletto al ballottaggio ma nell’ambito comunale era stato battuto dall’antagonista Penati del Pd. Quest’anno, sullo sfondo della crisi economica e della devastazione mediatico giudiziaria del Premier, la sinistra ha saputo cogliere l’occasione con una candidatura capace di attirare nella sua orbita una gran parte dell’elettorato socialista e, soprattutto, il consenso massiccio della Chiesa del Card.Tettamanzi (parroci, volontariato, Caritas, ecc) che Pisapia ha premiato col vicesindaco. A presidiare i conti e i controlli finanziari ha incaricato Bruno Tabacci, già Governatore lombardo democristiano, uomo politico di vaglia, dalle importanti relazioni economiche, vero e proprio uomo forte nell’esecutivo municipale.Una mossa, quella del nuovo sindaco, da non sottovalutare, anche in funzione della “copertura” politica che offre la sua promozione, simbolo, anche, di un mondo ex democristiano nel quale uomini di prestigio “cattolici” come Beppe Guzzetti, già governatore di lungo corso e attuale presidente della Fondazione Cariplo o come l’onnipotente Bazoli o Piero Bassetti, il gran borghese sponsor di Pisapia, simboleggiano un passato e, al tempo stesso, un presente in cui sanno come giocare le loro carte.La classe, come si dice dalle nostre parti, non è acqua. Su questi ed altri aspetti della nuova realtà politica ambrosiana, il centro destra farebbe molto bene a discutere, a condurre analisi, a confrontarsi, ad assumere, in altre parole, il ruolo di opposizione. Il Pdl sta facendo esattamente l’opposto: nessuna analisi, nessuna riflessione approfondita, nessun dibattito.Già, ma dove si dovrebbe tenere questo confronto, in che luogo politico-culturale, con chi, in quale organismo? Nel partito? Sono anni e anni che in quel partito sono in disuso il nome e la pratica della dialettica interna. Nemmeno le correnti - come si chiamavano una volta - si vedono e si sentono.Anche perché, quando non c’è un partito non ci sono neppure le correnti. Sono scomparsi anche i circoli culturali che si aprivano all’esterno, agli elettori, allo scambio e al confronto, a cominciare da quello del senatore Dell’Utri. Sparito quello, si sono dissolti, man mano, tutti gli altri, laici, socialisti, liberali.Dove è stato commesso l’errore? Da chi? Perché? Domande e risposte complesse ma poco utili. Il vero, grande limite, lo sbaglio più clamoroso e forse, dico forse, inemendabile non è tanto o soltanto l’avversione berlusconiana all’idea stessa di partito, quanto, soprattutto, l’assenza di organismi veri e propri con regole interne valide per tutti, la chiusura progressiva in sé.Ovvero, l’autoreferenzialità, che via via si è installata nella creatura del Cavaliere. Secondo il sociologo tedesco Luhmann, l’autoreferenza è la proprietà, la specificità di una sistema, di un partito, di un movimento, di riferirsi a elementi e operazioni esclusivamente interne a esso, distinte nettamente, volutamente, da quelle dell’ambiente circostante.A cominciare da quelle dei propri elettori.