IL SOCIALISTA

Il futuro di Letta dipende dal suo partito


Non saranno Silvio Berlusconi ed il Pdl a provocare la crisi di governo. A stabilirlo non c'è stata solo la rassicurazione fornita dal Cavaliere nel corso del comizio di via del Plebiscito. Neppure la ostentata assenza dei cinque ministri Pdl della manifestazione. E, se proprio vogliamo, neppure l'assenza di toni ribaldi od eversivi registrata in una piazza traboccante di rabbia per la liquidazione per via giudiziaria del proprio leader politico. La vera garanzia che non sarà il centro destra a mandare a picco il governo di larghe intese è data dall'interesse concreto che il Pdl e lo stesso Berlusconi hanno nell'evitare una crisi al buio dagli esiti assolutamente imprevedibili. Non solo le elezioni anticipate, infatti, ma come ha ipotizzato Stefano Rodotà ormai calato definitivamente nei panni del guru della sinistra più ottusa ed oltranzista, anche un governo di parte del Pd, un pezzo di Scelta civica, Sel e Movimento Cinque Stelle. Dal versante del centro destra, quindi, sempre che l'accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi non comporti anche l'eventualità di domiciliari muti, cioè la pretesa di impedire al leader condannato di far sentire la propria voce ai propri simpatizzanti ed elettori, Letta non deve aspettarsi sorprese negative. Per il Presidente del Consiglio, infatti, il vero pericolo viene dal fuoco amico, quello che potrebbe venire dal Partito Democratico. Non per detronizzarlo e preparare il terreno per l'esecutivo evocato da quel profeta di sciagure che è diventato Stefano Rodotà. Ma, paradossalmente, per intronizzarlo non più come semplice presidente del consiglio ma anche come leader del partito in alternativa a quel Matteo Renzi che punta ossessivamente allo stesso obbiettivo. Intendiamoci, il pericolo del fuoco amico non è per l'immediato. Anche il Pd non ha interesse ad assumersi la responsabilità di aprire la crisi nel bel mezzo dell'estate senza sapere dove potrebbe portare una avventura del genereSia perché il gruppo dirigente del Pd appare talmente frastornato e terrorizzato dal rottamatore toscano dall'essere disposto ad inventare qualsiasi manovra, anche la più azzardata, pur di annullare il nemico in agguato. In realtà, comunque, non c'è nulla di avventuroso nel pensare di contrapporre Enrico Letta a Matteo Renzi. E non c'è nulla di irrealistico nel prevedere che in autunno le larghe intese possano aver concluso la loro missione e debbano lasciare il campo ad una campagna elettorale di chiarimento politico definitivo destinata a concludersi con un voto nella prossima primavera. Anzi, una prospettiva del genere non solo è realistica ma anche auspicabile. Il paese ha bisogno di chiarezza e di un governo stabile. Non di un esecutivo paralizzato.