Creato da corsaramora il 24/05/2005
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Post N° 451

Post n°451 pubblicato il 07 Ottobre 2005 da corsaramora

 sfaticati e sangiusuga.........

termini usati dal signor ironico distacco..x cui il post e' dedicato soprattutto a lui

L’insieme di tutto quel complesso di situazioni sorte con la unione delle regioni meridionali al resto dell’Italia , pose le fondamenta di quell’ampio problema che viene identificato con il termine “Questione Meridionale”.

Dopo l’euforia prodotta dall’impresa del Risorgimento, politici ed intellettuali cominciarono a domandarsi e a considerare  il giovamento prodotto da tale azione. L’Italia, appena unificata, cominciò a dividersi in due correnti d’opinione, entrambe sotto l’egida di una risposta sostanzialmente negativa: gli intellettuali meridionali non poterono fare a meno di considerare l’inasprimento insopportabile del gravame tributario, la rigidezza amministrativa irriguardosa di mentalità e tradizioni, la legislazione complicata e spoliatrice; gli intellettuali settentrionali furono pronti ed espliciti nel ribadire e manifestare la loro delusione e la quasi irritazione nel vedere aggiunto al loro territorio, come un “peso morto”, una massa di popolazione povera , misera, e soprattutto in condizioni impressionanti di arretratezza civile.

La questione meridionale comincia ad essere ”documentata “ sin dal 1861, P. Villari, napoletano e formatosi alla scuola del liberalismo inglese, inviava  al quotidiano lombardo “La perseveranza” corrispondenze in cui documentava attraverso le miserie e l’abominevole sofferenza della popolazione a lui familiare, l’assenteismo e le deficienze del nuovo regime statale

A questi scritti, raccolti in un opuscolo dal titolo  “Prime lettere meridionali”, ne seguirono altri “Le seconde lettere meridionali” del 1875, in cui l’interesse morale e sociale era accentuato.

Lo studio critico del Villari è diretto ai rapporti tra il Mezzogiorno e lo Stato con particolare riferimento alla funzione di stasi che le nuove istituzioni avevano assunto nel Mezzogiorno. Ritiene che nel Mezzogiorno manchino le condizioni essenziali per la realizzazione di un libero sviluppo, dal momento che si è giunti all’Unificazione dell’Italia con una rivoluzione politica che non è scaturita dalla trasformazione  sociale derivante dalla presa coscienza delle reali condizioni in cui versavano le masse popolari  e dal conseguente desiderio di modificare le situazioni, per cui il Meridione pur avendo cambiato governo e amministrazione , restavano immutati gli antichi privilegi che immobilizzavano l’ordinamento sociale perseverando negli atavici costumi semifeudali .

P. Villari fa notare che il governo costituzionale era sostanzialmente costituito dalla borghesia: “La classe dei proprietari, in mancanza d’altro divenne la classe governante” , indifferente e disinteressata nei confronti delle classi sociali meno abbienti; richiama l’attenzione sulla necessità di una riforma iniziata e diretta dal governo al fine di evitare sommosse popolari e superare il sentimento di opposizione che andava crescendo nelle province Meridionali, riforma indispensabile al progresso civile dell’Italia intera.

 Le “Lettere meridionali” rendono atto dei problemi del Mezzogiorno e stimolano la conoscenza della realtà al fine di comprendere i bisogni e cercare i rimedi dell’evidente disagio delle popolazioni.

I primi a parlare della precaria condizione delle popolazioni lucane dopo l’Unità di Italia, certificandola con dati, furono L. Franchetti e S. Sonnino che effettuarono una inchiesta sulle condizioni di miseria, esponendo in modo realistico le cause dell’arretratezza meridionale contro la sommaria conoscenza ed i pregiudizi della classe politica.

Già nell’autunno 1874, Franchetti nei suoi “Appunti di viaggio, Calabrie e Basilicata” rende nota la deplorevole condizione di disagio socio-economico  dei contadini: malnutriti, malvestiti, male alloggiati e il più delle volte indebitati per far fronte alle spese di messa a coltura di un fondo che garantisse la speranza della sussistenza 

 Nello status di debitore perpetuo, generalmente verso il proprietario del suolo coltivato, e di dipendenza assoluta da questi per il vitto giornaliero, è facile dedurre il ruolo personale di assoggettamento che il contadino stabilisce col proprietario.

Unica reazione a questa situazione di brama  esistenza è la possibilità di emigrare............

 

 

Commenti al Post:
Clubmvfaculoberlusca
Clubmvfaculoberlusca il 07/10/05 alle 22:41 via WEB
sei brava! veramente braca! 30 e lode! ^___^
 
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