Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
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Post n°741 pubblicato il 31 Maggio 2008 da corsaramora
RICOMINCIO DA TE: Massimo gramellini Sparlate pure di tutti gli altri ministri, ma non toccatemi Brunetta, il mio preferito. Quest’uomo, al cui confronto don Chisciotte era un pragmatico, si è messo in testa di far funzionare lo Stato. E mica in Danimarca o in Lapponia. In Italia. Non è commovente? Fra i tanti ex barbari del governo che camminano per le stanze del potere con le pattine sotto le scarpe, Brunetta «Taglia & Affetta» è l’unico ad aver conservato l’impeto delle origini. Irascibile peggio di Paperino, il kamikaze del liberismo si muove fra i riti di Palazzo con la leggerezza di un lottatore di sumo scaraventato in una coreografia del Lago dei Cigni. Non che non si sforzi di fare il diplomatico. Ieri ha addirittura convocato i sindacalisti, una categoria che gli procura attacchi d’asma e sfoghi sulla pelle curabili solo dopo lunghe ore di meditazione davanti alla foto della Thatcher che addenta le cosce di un minatore gallese. |
Post n°740 pubblicato il 23 Maggio 2008 da corsaramora
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Post n°738 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da corsaramora
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Post n°737 pubblicato il 30 Agosto 2007 da corsaramora
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Post n°733 pubblicato il 12 Aprile 2007 da corsaramora
L'ultima passione dei media europei riguarda il bullismo, specialmente quello diffuso in forma di filmati su YouTube. Cosa terribile e degradante, dice il segretario inglese dell'istruzione, in piena sintonia con il primo ministro uscente Tony Blair. Il segretario dunque invita i siti a eliminare tali contenuti, prima che siano visibili al mondo. Fioroni acconsente e applaude. La cosa è tecnicamente quasi impossibile, perché non esistono sistemi automatici per farlo; è possibile solo intervenire a posteriori, rimuovendo i filmati sconvenienti. Ovviamente quei file, spesso insopportabili per idiozia, sono il segno di altro assai malato e non sarà il nasconderli sotto il tappeto a ridurre le violenze nella scuola e nelle strade. Forse i ministri inglesi e nostrani potrebbero chiedersi quale peso i loro governi stiano assegnando all'istruzione pubblica, quali politiche giovani abbiano per i giovani. I quali, appunto, si trovano in una curiosa situazione: da un lato esaltati come il futuro delle nazioni; dall'altro iperprotetti dalle famiglie e anche dallo stato. Ma al fondo la società adulta continua a vederli come una minaccia, non sapendo più leggerne le parole e i segni. Che poi è quanto avviene nei confronti delle tecnologie e dell'internet: esaltate come frontiera della nuova economia della conoscenza, ma al fondo temutissime perché spostano confini ed equilibri, sottraendo potere a chi ne ha persino troppo, e dando la parola, anche quella oscena e violenta, a chi non l'ha mai avuta. Non è la rete a rendere malata la società, ma è la società che riversa i suoi umori peggiori nella rete. Ma anche i migliori: provate a cliccare http://youtube.com/watch?v=I-NRriHlLUk. Non spaventatevi per i caratteri strani, trattasi solo di «Give Peace A Chance», John Lennon, Berkeley, 1969. C'è del bello in rete, una memoria che sa di futuro. il manifesto |
Post n°732 pubblicato il 11 Aprile 2007 da corsaramora
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Post n°731 pubblicato il 11 Gennaio 2007 da corsaramora
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Post n°729 pubblicato il 30 Dicembre 2006 da corsaramora
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Post n°728 pubblicato il 30 Dicembre 2006 da corsaramora
CI SAREBBE voluto più coraggio a risparmiargli la vita che a spegnerla, ma la banalità della vendetta è stata ancora una volta più forte dell'intelligenza della politica. La scontata sentenza di morte contro Saddam Hussein al-Majid al-Takriti, prodotta apparentemente da quella parodia di Norimberga che è stato il suo processo e forse già eseguita, è stata scritta tre anni or sono, al momento della sua estrazione dalla tana di topo dove si era nascosto e niente avrebbe potuto più cambiarla. Nell'entusiasmo voglioso con il quale Bush ha seguito il processo e ha accolto la sentenza, "una pietra miliare" l'ha chiamata, e "una svolta", l'ennesima, nel sentiero di sangue verso la stabilizzazione dell'Iraq (sulla "democrazia" esportata in Mesopotamia oggi si preferisce sorvolare) c'è molto più della oggettiva, dura risolutezza giustizialista con la quale Winston Churchill, nel vertice di Teheran con Stalin e Roosevelt, invocò l'esecuzione sommaria di Hitler, nel caso fosse stato catturato vivo come sarebbe accaduto con Mussolini, contro il parere degli Alleati. La personalizzazione dei conflitti, che è sempre la forma preferita negli Stati Uniti per definire le guerre e per "venderle" meglio a un'opinione pubblica refrattaria alle astrazioni, aveva chiaramente assunto, in questo duello a distanza fra i Bush e Saddam, un carattere predominante, se non ossessivo. Anche per questo, di fronte alle ultime ore dell'agonia di un tiranno oggettivamente disgustoso, anche se non più ripugnante di altri che sono morti o moriranno nel loro letto riveriti e finanziati, l'America di "main street", delle vie di tutti i giorni, sembra assai meno agitata dell'America della politica e delle elite intellettuali. In una nazione che sta riesaminando le procedure, ma non la sostanza morale, della forca, non può essere l'impiccagione di un personaggio descritto da un decennio come la incarnazione dell'anti Cristo, come colui che possedeva sterminati arsenali da scatenare contro le città americane ed era stato complice dei massacratori delle Torri, a muovere e commuovere la gente in questa fine anno segnata ancora da notizie di morte e di lutti. Le contorsioni morali appartengono tutte alla intelligentsija, agli "opinionator", esclusi naturalmente i "boia chi molla" sempre e comunque favorevoli alla violenza risanatrice, dunque felicemente assolti dai dubbi che scuotono i non fanatici. "Se esiste la pena capitale chi può essere più qualificato di Saddam a riceverla?" si chiede riflessivo il direttore di New Republic, un periodico considerato di sinistra, il professore di Harvard Marty Peretz, che critica Romano Prodi e l'Europa per la nostra opposizione al patibolo. "Non è questione di colpevolezza, che è fuori discussione - lo contraddice il New York Times - ma di una opportunità perduta per creare uno spartiacque morale tra il passato che lui rappresenta e il futuro che si vorrebbe creare". Invece, l'uccisione per procura del grande assassino di stato decisa dal grottesco remake di Norimberga, lascerà indifferente quell'opinione pubblica americana che si prepara a digerire la "mini escalation" che Bush le proporrà al ritorno dalla fuga natalizia nel Texas e ben difficilmente quella forca potrà essere una svolta in un Iraq che da tempo si suicida in un bagno di sangue settario che con il rais deposto e ridicolizzato ha più nulla che fare. Un Saddam umiliato dal coraggio civile e dalla lungimiranza di vincitori davvero forti e non soltanto forzuti, cioè da quei sentimenti che lui aveva ignorato nel suo regno del terrore e della, appunto, vendetta, sarebbe stato un segnale forse sconvolgente, nell'universo dei clan e delle sette arabe dominate da quella "legge del taglione" alla quale ora anche il Grande Liberatore venuto da Occidente si è golosamente adeguato. La sua morte sarà perciò un atto banale, scontato, inutile, superato nel momento stesso in cui accade, un altro cadavere sopra quella montagna di morti che si alza ogni giorno nel caos fra il Tigri e l'Eufrate, come una nuova Torre di Babele. Il clan dei Texani avrà la vendetta che cercava dal 1991 e ora si guarda con inutile sgomento non alle possibili rappresaglie, in un luogo dove immaginare peggioramenti è arduo, ma alla ulteriore dimostrazione di miopia e di ottusità di questa presidenza americana quasi finita costituzionalmente e morta politicamente, ma ancora incapace di uscire da una ostinazione che scambia per "strategeria", come disse George Bush in uno dei suoi celebri lapsus. "E' affare che riguarda il popolo iracheno" ha avuto l'improntitudine di dire il portavoce di Bush a Crawford, mentre si contavano le ore dell'agonia del condannato sempre rimasto per tre anni saldamente incatenato in un campo militare americano, e mai affidato alle autorità irachene se non al momento dell'impiccagione, a riprova della fiducia che Washington nutre verso il governo e il sistema giudiziario locali. George W. Bush ha avuto la "pietra miliare" che ha comperato con la vita di 2.992 soldati uccisi, 42 mila feriti e 600 miliardi di dollari, ma anche questa somiglia tristemente soltanto a un'altra pietra tombale. (30 dicembre 2006) la repubblica |
Post n°726 pubblicato il 17 Dicembre 2006 da corsaramora
Soli pochi giorni e sarà Natale. Sembra che pochi se ne siano accorti. Forse sarà per questo clima ancora caldo, fuori stagione, sarà per i pensieri che ognuno tiene per la testa, sarà che i soldi non bastano mai, ma sono in molti a lamentarsi: «Ci voleva pure Natale!». Sarà per tutto questo che quest’anno sembra che Natale non arrivi con tutti i sentimenti. Se poi ne vogliamo proprio discutere, forse avranno ragione gli inglesi che è meglio toglierlo da mezzo ’sto Natale e farlo diventare, che ne so, una festa infrasettimanale, una ferie di stagione senza troppe pretese, senza tutte ’ste preparazioni, ’sti pranzi, ’ste abbuffate, farebbe bene alla salute, non aumenterebbe il colesterolo, eviteremmo problemi al portafoglio e altre guerre di religione. E faremmo un piacere perfino al direttore scolastico di Bolzano, che non dovrebbe affrontare l’annoso problema relativo ai cori dei bambini, ai canti e a varie strenne. Sarebbe meglio? Chissà. Fatto sta che c’è sempre qualcuno che fa di tutto per mandarci all’aria quel poco di sentimento che ci è rimasto, che dice casa anche quando la casa è mezza sgarrupata. Il sogno fa parte della vita e eliminare i sogni è come sgarrupare l’esistenza, renderla vecchia e senza futuro. La differenza che c’è tra un vecchio e un giovane non è l’età, anche se l’età conta, sono i sogni e le speranze. È vero che da noi si dice che chi di speranza vive, disperato muore, ma non è così per chi crede che nella notte fatata, nel Santo Natale, un bimbo porti la speranza per donarla a tutti coloro che l’aspettano. Napoli tra qualche giorno si sveglierà e si augurerà Buon Natale, o perché a Natale bisogna farlo per forza, perché la tradizione lo impone, o perché vuole davvero augurarsi speranza. Mentre progressivamente, per gli annosi problemi di questa città, va affievolendosi il sogno di futuro e la speranza di poter trasformare questa nostra terra in terra di bene, per Napoli il regalo più grande, il dono più gradito, potrebbe essere proprio il desiderio di volercela fare, tutti insieme, con coraggio e nuovo vigore Natale, giorno in cui un bambino speciale nasce per noi, potrebbe diventare il giorno del riscatto. Potremmo riscoprire il bambino dentro di noi e riguadagnare il sogno perduto di vedere la nostra terra colorata di tinte luminose. Potremmo ricominciare a sperare che i nostri ragazzi abbiano voglia di sperare ancora e di credere che l’ottimismo non sacrifica la lotta, ma la rinvigorisce e sprona a combattere per il migliore dei risultati possibili. Ce la possiamo fare: «Adda passà ’a nuttata». Anzi, sta già passando se uno solo di noi si sta già preparando a fare festa, senza dimenticare chi non riesce più a fare festa. Sta per schiarare giorno se uno solo di noi sta già cominciando a prendersi la responsabilità di spronare, spingere, sgridare chi, fermo ad un mortale disfattismo, sta facendo morire noi e la nostra terra. Quanno nascette Ninno a Betlemme, era notte e pareva miezzojuorno. Pure allora passò la notte, l’oscurità fu vinta dalla luce di un nuovo giorno. Adda passà ’a nuttata e la nottata passa tutte le volte che la speranza vince e fa nuove le cose, benché travagliate, perché cariche di novità e giovinezza. I guai di Napoli li conosciamo tutti, ma piangerci addosso non serve, non aiuta a far schiarare il nuovo giorno. Adda passà ’a nuttata e passerà se mille fiaccole di nuova luce faranno strada a chi ancora è troppo prigioniero della notte. Passerà se chi ha responsabilità di governo e potere nelle istituzioni uscirà dalla mortale condizione di chi, spegnendo le luci, non sogna più di accenderle coraggiosamente sempre e comunque. Passerà la nottata se io, tu, noi avremo tutti sempre in tasca un fiammifero pronto per riaccendere quello che altri continuano a spegnere. Natale è alle porte, un bambino sta per nascere e offrire il suo sorriso al nostro lutto. Afferrarlo ci conviene. Buon Natale il mattino |
Post n°724 pubblicato il 12 Dicembre 2006 da corsaramora
Welby può 'staccare la spina' Esplicite erano state le parole di Welby: "Uno Stato che non ha pietà di me, che non sa ascoltare la mia voce, sarà meno capace di ascoltare la tua". 'Decidere' è anche il monito dell'associazione Luca Coscioni, capofila nella battaglia a fianco del copresidente Welby per il 'diritto a una morte dignitosa |
Post n°722 pubblicato il 07 Dicembre 2006 da corsaramora
Parole femmine, pensieri maschi MINAC’è chi abbassa sensibilmente la media. «Tu mi dirai...», mi dice abitualmente un amico che ama molto parlare, alla fine di un discorso che prevederebbe un intervento da parte mia che, invece, rimango muta. «Mi dirai...» e va avanti con supposizioni circa la mia posizione sull’argomento in questione che, di solito, non si avvicinano neppure lontanamente a quella che è la mia opinione. Lo ammetto, c’è un perverso divertimento in questo mio atteggiamento. No, non c’entra la pigrizia. Quando c’è da parlare, parlo. Ecco, magari non a caso, non comunque, non per obbligo, non per circostanza, non per falsi convenevoli. |
Post n°720 pubblicato il 24 Ottobre 2006 da corsaramora
Gomorra |
Post n°719 pubblicato il 26 Settembre 2006 da corsaramora
Piergiorgio Welby, co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni Video appello di un malato terminale UN letto, un respiratore artificiale, un computer appoggiato sul comodino. Poi lui, immobile, lo sguardo fermo nella telecamera che lo riprende in un primo piano implacabile, senza via di scampo. Come la malattia - la distrofia muscolare - che lo tiene lì, prigioniero, ormai da mesi, di un corpo che "non è più mio, squadernato davanti ai medici, assistenti, parenti". Piergiorgio Welby, co-presidente dell'Associazione radicale Luca Coscioni, ha scelto di mettersi a nudo, di mostrare la propria condizione di malato terminale, per ottenere l'eutanasia. Il video è un appello-testimonianza inviato al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
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Post n°718 pubblicato il 26 Settembre 2006 da corsaramora
Dio non è una giusta causa il manifesto |
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il 10/08/2018 alle 13:04
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il 10/08/2018 alle 13:04
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il 10/08/2018 alle 13:02