Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
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Messaggi del 08/06/2005
Post n°74 pubblicato il 08 Giugno 2005 da corsaramora
Prigionieri di guantanamo e' il titolo di un libro e mi chiedo se piacerebbe alla nostra grande scrittrice Oriana... GLI AUTORI sono Michael Ratner che è il principale rappresentante dei diritti dei prigionieri di Guantanamo presso la Corte Suprema degli Stati Uniti. E’ presidente del Centro per i Diritti Costituzionali di New York. Il suo impegno è stato decisivo per la chiusura del campo di concentramento per haitiani, a Cuba, nel 1993. Tiene regolarmente conferenze sulle leggi internazionali a tutela dei diritti dell’uomo. l'autorei dimostra come questa base in territorio cubano non solo sia contro ogni legge, ma anche una minaccia per la sicurezza di tutti noi. E spiega perché Guantanamo sia divenuta nel mondo islamico l’icona di un occidente ritenuto odioso, barbaro e ingiusto. ma in fondo che importa se ci comportiamo allo stesso modo degli integralisti?. |
Post n°72 pubblicato il 08 Giugno 2005 da corsaramora
eugenetica del terzo millennio puo' confondersi con intollerenza e sterminio razziale? ecco cio' che un delirante hitler ordinava.. "Il capo della mia cancelleria Bouhler ed il dr. Brandt sono, sotto la propria responsabilità, incaricati di estendere a determinati medici la facoltà di autorizzare che, ai malati da considerare secondo ogni giudizio umano inguaribili, possa essere garantita morte pietosa dopo giudizio critico sullo stato della malattia". |
Post n°71 pubblicato il 08 Giugno 2005 da corsaramora
Michele Nicoletti 1. L’avvento della «biopolitica» Analizzando la storia dell’eugenetica, che è stata rapidamente tracciata, si resta colpiti dal forte intreccio tra sviluppo della scienza biologica e medica, da una parte, e le ideologie sociali e il potere politico dall’altra, tanto che, come è stato detto, in molti dei suoi momenti l’eugenetica sembra rappresentare più un progetto sociale e politico che non un progetto scientifico. In ciò la storia dell’eugenetica si inscrive a pieno titolo in quella che è stata definita (penso in particolare alle riflessioni, su diversi versanti, di Hannah Arendt e Michel Foucault) la «biopolitica», espressione utilizzata per indicare il fatto che la vita stessa è divenuta oggetto di un giudizio di valore e che il potere politico è entrato nella definizione della vita e della morte. Il potere politico si è fatto biopolitico, nel senso che si esercita sull’uomo in quanto essere vivente, vita biologica o nuda vita. Il potere di vita o di morte (far morire o lasciar vivere) che la politica ha sempre rivendicato diventa nei secoli XVII e XVIII, il potere di far vivere e lasciar morire (Foucault). Oggetto del potere sono i processi della vita: nascita, morte, riproduzione, malattia, che vengono oggettivati e controllati dalle prime statistiche demografiche. In questo senso Foucault parla di biopolitica della specie umana. 2. Il caso dell’eugenetica: migliorare la vita stessa. In questo contesto si colloca la storia dell’eugenetica che possiamo distinguere, dal punto di vista del suo rapporto con le ideologie sociali, in fasi diverse. a) una prima fase è quella iniziale che possiamo ricollegare al nome di Galton e che possiamo definire «eugenetica sociale». Suo compito era – così si legge in uno scritto del 1873 - quello di «anticipare il lento e stabile processo della selezione naturale sforzandosi di eliminare le costituzioni deboli e gli istinti ignobili e deprecabili e conservare quelli che sono forti, nobili e prosociali»; b) una seconda fase è quella dell’«eugenetica razzista» che trova nel nazionalsocialismo la sua espressione più radicale. In Mein Kampf (1925) di Hitler si legge: «Lo Stato nazionale […] deve mettere la razza al centro della vita generale […] Lo Stato deve presentarsi come il preservatore di un millenario avvenire, di fronte al quale il desiderio e l’egoismo dei singoli non contano nulla e debbono piegarsi. Lo Stato deve valersi a tale scopo delle più moderne risorse mediche […] Chi non è sano e degno di corpo e di spirito, non ha diritto di perpetuare le sue sofferenze nel corpo del suo bambino […] Basterebbe impedire per sei secoli la capacità e la facoltà di generare nei degenerati di corpo e nei malati di spirito per liberare l’umanità da un’immensa sventura e per condurla ad uno stato di sanità oggi quasi inconcepibile. Quando sarà realizzata, in modo cosciente e metodico, e favorita la fecondità della parte più sana della nazione, si avrà una razza che, almeno in principio, avrà eliminati i germi dell’odierna decadenza fisica e morale. Se una nazione o uno Stato si mette per questa via, volgerà poi da sé la sua attenzione all’accrescimento del nucleo della nazione più prezioso dal punto di vista della razza e all’aumento della sua fecondità; e in ultimo l’intiera nazione godrà la fortuna d’un tesoro razziale nobilmente foggiato»; c) una terza fase è quella a noi più vicina dell’«eugenetica liberale», quella per intenderci successiva allo sviluppo dell’ingegneria genetica (separazione e ricombinazione degli elementi fondamentali di un genoma) e dei metodi di diagnosi prenatale e di fecondazione artificiale. Mentre nelle fasi precedenti il compito della “buona generazione” veniva svolto dalle istituzioni pubbliche, nelle società liberali le decisioni genetiche si vogliono invece affidare alle opzioni dei singoli genitori o, come si suol dire nelle società di mercato guidate da interessi, profitti e preferenze, ai «desideri anarchici di clienti e consumatori»: «Mentre la vecchia genetica autoritaria cercava di modellare i cittadini a partire da un unico stampo centralizzato, la caratteristica rilevante della nuova genetica liberale è la neutralità dello stato. Una volta messi a conoscenza dell’intero ventaglio delle terapie genetiche, i genitori del futuro potranno far riferimento ai loro valori per scegliere quali migliorie dare ai loro bambini. La genetica autoritaria vuole abolire le normali libertà procreative. Quella liberale ne propone invece una radicale estensione» (Agar, 2000: 171). |
Post n°70 pubblicato il 08 Giugno 2005 da corsaramora
Riflettendo sull’ipocrisia della società e dei costumi contemporanei mi viene di ricordare un testo teatrale "L’uomo, la bestia e la virtù",nel quale Pirandello costruisce una satira assai pungente e tragica dell’esistenza umana.. Il signor Perella, capitano di marina, uomo rozzo e volgare, torna assai di rado a casa e, slegato dalla moglie e dal figlio, a Napoli ha costruito un altro nucleo familiare. Lei preferisce, piuttosto che affidarsi ad autentici valori, l’apparenza del perbenismo, salva la faccia e la facciata e comunque lascia spazio ad eventuali trasgressioni segrete. |
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il 10/08/2018 alle 13:04
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