Creato da corsaramora il 24/05/2005
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Messaggi del 08/09/2005

Post N° 362

Post n°362 pubblicato il 08 Settembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

 «Natale in casa Cupiello».

Alla fine del secondo atto Eduardo porta in scena un ombrello, regalo per la moglie, e alla battuta da copione - Tu scendi dalle stelle, Concetta bella, e io t’aggio purtato quest’ombrella - aggiunge una frase a braccio. «Proprio come lo volevi tu, di seta e con il manico di corno. L’ha fatto per te un amico mio». L’amico è Giovanni , maestro dei parapioggia e dei bastoni da passeggio. 
Il maestro ombrellaio napoletano esisteva davvero

Suo padre Achille  fabbricava non solo ombrelli e bastoni ma anche ventagli e cinture, tra i clienti la Casa Reale e il fiore della nobiltà napoletana.


Oggi e' rimasto Mario ,figlio di Giovanni ,nel laboratorio-negozio di  ventiquattro metri quadri, non un centimetro di spazio libero.

 C’è il «bancariello» di nonno Achille, dove Mario ,75 anni,continua a chinarsi per intagliare i bastoni, che cade a pezzi ma non è stato restaurato: «Mi piace così com’è. Basta cambiare ogni tanto la barra poggiapiedi». Ci sono le cassettiere di nonno Achille, alcune riutilizzate per metterci i ferri del mestiere, altre conservate intatte con il loro campionario di ricordi fine ’800: manici, pomi, viti, tasselli, fibbie, nastrini. C’è il vecchio tornio a pedale, modernizzato con l’aggiunta di un motore da lavatrice. Serve per applicare ai bastoni il meccanismo a scatto e le stecche che tengono tesa la stoffa. «A proposito di stecche - continua Mario - in realtà non si chiamano così, ma balene. Nell’antichità, quando il ferro non esisteva, si usavano le stecche di balena». Ci sono le sagome di cartone che vengono poggiate sulla stoffa per disegnare, e ritagliare, gli «spicchi» dell’ombrello. Qualcosa manca, però. Qualcosa di fondamentale. Dove sono le macchine per cucire? «Quelle le teniamo a casa, perché qui dentro non c’è posto. Ne abbiamo due. Una elettrica, per il grosso del lavoro; una a pedale, che risale a cinquant’anni fa, per i bordi e le finiture».
In un piccolo mondo  antico .

un ombrello è un ombrello, ma non tutti gli ombrelli sono uguali. «Per quanto riguarda la stoffa, siamo gli unici a produrre modelli in seta. Costa di più ed è molto difficile da lavorare, quando viene tesa sulle stecche bisogna stare molti attenti a non strapparla, ma l’effetto è magnifico: passateci una mano sopra». Magnifico davvero. «L’altro elemento è il legno. Possiamo scegliere tra diverse essenze, tutte pregiate: ciliegio, frassino, nocciolo, melo, hirory, castagno, ginestra, limone, corniolo, canna di malacca, canna da zucchero, canna di bambù».
I clienti? Gente di classe, oggi come allora. «Nobili, magistrati, deputati, senatori. Persone che non considerano l’ombrello uno strumento per ripararsi dalla pioggia ma un accessorio elegante e ricercato. Non vendiamo solo a Napoli, ma in tutt’Italia e all’estero. Riforniamo sempre con il contagocce, per non sacrificare la qualità: al massimo quindici pezzi ogni due o tre mesi. E lavoriamo anche per i teatri. Questo modello in pizzo nero ci è stato ordinato per un’operetta».
Un signore di Bologna, soddisfatto per l’acquisto, ha spedito a Mario una lettera di ringraziamento. E, tanto per restare in tema, si è divertito a scrivere in stile ottocentesco: «Caro maestro, più rapido del pensiero ho ricevuto la meraviglia, lo splendore, la sinfonia per palissandro e corno che avete avuto la bontà di inviarmi. Il problema adesso è di avere il fegato di portarlo in giro, perché esso è tale da giustificare una rapina, anche in caso di non pioggia. Mi accollerò però il rischio: perché gli oggetti d’uso, per quanto capolavori, se non si usano è come se non esistessero».

LE CURIOSITÀ
Al chiuso porta male? Non è vero ma ci credo.
«Regalate un ombrello. Se non piove pioverà». Questa e altre pillole di saggezza sono esposte in bottega per invogliare all’acquisto. A proposito: ma non si dice che aprire un ombrello al chiuso porti male? «Mio nonno è morto a 89 anni - racconta Mario - io ne ho 75 e mi sento benissimo. Qualche volta, però, capitano fatti strani. Un giorno ero ospite in uno studio televisivo per esporre i miei modelli. Quando ho aperto il primo ombrello è scoppiato un faro. E il regista, arrabbiatissimo, ha gridato: ”Portate via subito quell’oggetto del malaugurio!”» .

QUARTIERI SPAGNOLI
Vico Due Porte a Toledo, Quartieri spagnoli. Che aria si respira, quassù? «Aria di crisi - sospira Mario - e pensare che un tempo questi vicoli esplodevano di vita e di ricchezza, qui ci abitavano i veri signori. Ma un brutto giorno è cambiato tutto».
Il brutto giorno è il 23 novembre dell’80. Il terremoto trafigge i bassi e piega le fondamenta dei palazzi sontuosi, costringe all’esodo le famiglie benestanti, conserva quelle povere con il loro dramma di senzatetto. «Qui c’è gente che vive ancora in locali di fortuna, negli scantinati, e c’è pure gente che dorme in strada sulla sdraio perché una casa degna di questo nome non ce l’ha più».
Con i residenti sono scappati via anche gli artigiani. Il calzolaio, il sarto, il falegname, quello che cuciva i cappelli su misura: tutti scomparsi senza lasciare tracce. Sopravvivono Mario, maestro degli ombrelli, una signora che ricama alla maniera antica, e pochi altri. «Se avessi la bacchetta magica trasformerei tutti i bassi in botteghe. Altro che San Gregorio Armeno, il vero presepe di Napoli potrebbe essere questo».
La premiata ditta  esporta in Italia e all’estero;  esibisce nel laboratorio una nutrita serie di onorificenze e certificati di qualità. «Ma andare avanti con il mestiere non è facile - precisa Mario - ai ragazzi di oggi non piace lavorare con le mani, sperano di guadagnare molto e subito, non capiscono che questo è un investimento a lungo termine. Attività come la mia si possono solo tramandare di padre in figlio. Io non ho figli, però ho la fortuna di avere al fianco due nipoti che amano questo lavoro. A loro, che pure portano un altro cognome, affiderò la vita della ditta e il ricordo di mio padre e di mio nonno».

Certificato di qualitàdall’Ordine cavalleresco
Non è un diplomino da niente, quello che Mario ha incorniciato e appeso al muro in un punto strategico del negozio: è il certificato di garanzia concesso nel 2000 alla ditta  dal Cavalleresco Ordine dei Guardiani delle Nove Porte. «I signori che fanno parte di questo sodalizio tengono molto all’eleganza - spiega Mario - per ogni capo d’abbigliamento e ogni accessorio, dalla scarpa alla cravatta, scelgono un particolare fornitore. Per gli ombrelli è stato indicato il mio nome». ...

 
 
 

Post N° 361

Post n°361 pubblicato il 08 Settembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

 
 
 

Post N° 360

Post n°360 pubblicato il 08 Settembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

" DEMOCRAZIA
Le guerre mentono
EDUARDO GALEANO
- Ma il motivo... disse il signor Duval. Un uomo non uccide per niente.

- Il motivo? rispose Ellery, stringendosi nelle spalle-. Lei il motivo lo conosce.

(Ellery Queen, «Avventura nella Casa delle Tenebre»)

Le guerre dicono di esserci per nobili ragioni: la sicurezza internazionale, la dignità nazionale, la democrazia, la libertà, l'ordine, il mandato della Civiltà o la volontà di Dio. Nessuno ha l'onestà di confessare: «Io uccido per rubare».

In Congo, nel corso della guerra dei quattro anni che è in sospeso dalla fine del 2002, sono morti non meno di tre milioni di civili. Sono morti per il coltan, ma neppure loro lo sapevano. Il coltan è un minerale raro, e il suo strano nome designa la mescolanza di due rari minerali chiamati columbio e tantalio. Il coltan valeva poco o nulla, finché si scoprì che era imprescindibile per la fabbricazione di telefoni cellulari, navi spaziali, computer e missili; e allora è diventato più caro dell'oro.

Quasi tutte le riserve conosciute di coltan sono nelle sabbie del Congo. Più di quarant'anni fa, Patricio Lumumba fu sacrificato su un altare d'oro e di diamanti. Il suo paese torna ad ucciderlo ogni giorno.

Il Congo, paese poverissimo, è molto ricco di minerali, e questo regalo della natura continua a rivelarsi una maledizione della storia.

 Gli africani chiamano il petrolio «merda del diavolo». Nel 1978 venne scoperto il petrolio nel sud del Sudan. Si sa che sette anni dopo le riserve erano già più del doppio, e la maggior quantità giace nell'ovest del paese, nella regione del Darfur. Là, di recente, c'è stata, e continua a esserci, un'altra strage. Molti contadini neri, due milioni secondo alcune stime, sono fuggiti o sono stati uccisi dai proiettili, dai coltelli o dalla fame, al passaggio delle milizie arabe che il governo appoggia con carri armati ed elicotteri. Questa guerra si traveste da conflitto etnico e religioso fra i pastori arabi, islamici, e i contadini neri, cristiani e animisti. Ma il fatto è che i villaggi incendiati e i campi distrutti erano dove adesso cominciano ad ergersi le torri petrolifere che perforano la terra. La negazione dell'evidenza, ingiustamente attribuita agli ubriachi, è la più nota abitudine del presidente del pianeta, che, grazie a dio, non beve nemmeno un goccio. Lui continua ad affermare che la sua guerra in Iraq non ha niente a che vedere con il petrolio.

«Ci hanno ingannato occultando sistematicamente informazione», scriveva dall'Iraq, nel lontano 1920, un certo Lawrence d'Arabia: «Il popolo inglese è stato portato in Mesopotamia per cadere in una trappola dalla quale sarà difficile uscire con dignità e con onore».

Lo so che la storia non si ripete, ma a volte ne dubito.

 E l'ossessione contro Chávez? Non ha proprio niente a che vedere con il petrolio del Venezuela questa campagna forsennata che minaccia di uccidere, in nome della democrazia, il dittatore che ha vinto nove elezioni pulite?

E le continue grida d'allarme per il pericolo nucleare iraniano non hanno proprio niente a che vedere con il fatto che l'Iran contenga una delle riserve di gas più ricche del mondo? E se no, come si spiega la faccenda del pericolo nucleare? È stato forse l'Iran il Paese che ha gettato le bombe nucleari sulla popolazione civile di Hiroshima e Nagasaki?
"

dal manifesto

 
 
 

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