una corsara mora

Voce cavernosa, aspetto burbero e atteggiamento decisamente maschile, Tina Pica, la grande attrice e caratterista napoletana,  la più simpatica e anticonformista delle donne. I suoi personaggi erano, infatti, sempre caratterizzati da atteggiamenti tipicamente maschili, spesso lo erano anche i ruoli da lei interpretati, dalla sceriffa all'aiuto capostazione, diventati il vero simbolo di una donna che ha il coraggio di essere diversa, con disinvoltura e senza i freni imposti da una morale troppo legata alla tradizione.

Nel mondo del cinema italiano Tina Pica fu un personaggio controcorrente, diverso e unico rispetto a ogni altro a lei contemporaneo, riuscendo così a sbaragliare la componente fatalistica dell'emancipazione femminile. Ha lasciato di sé un ricordo legato indissolubilmente ai suoi personaggi che, in realtà, come pochi sanno, riflettevano molto poco la sua vita privata: interpretava magistralmente la figura della bigotta, ma era piuttosto una donna profondamente religiosa. Era il prototipo della zitella, ma ebbe due mariti. Mostrava nei suoi film un carattere spigoloso e autoritario, mentre devolveva in beneficenza gran parte dei suoi compensi. Prima di accettare una parte, si consigliava sempre con il suo confessore, e ogni mattina si recava in chiesa per la comunione, anche quando era impegnata nei set cinematografici.

Nata a Napoli nel 1888 (quest'anno ricorre il 115° anniversario della nascita e il 35° della morte), Tina iniziò giovanissima l'attività teatrale nella compagnia del padre Giuseppe e debuttò proprio con un personaggio maschile, sostituendo il genitore ammalato nel ruolo di Anselmo Tartaglia, figura tipica del teatro napoletano, un comico individuo impacciato e balbuziente. Lo imitò alla perfezione, nessuno tra il pubblico si accorse della sostituzione. Successivamente, sempre con la sua famiglia, girò l'Italia interpretando un ben più illustre protagonista maschile, Amleto, in una versione napoletana della tragedia di Shakespeare. Il suo fisico piccolo e sottile non fu mai per lei un limite e, grazie al carattere volitivo e deciso, riuscì a imporsi come impareggiabile attrice comica, drammatica e perfino come show girl, partecipando alla rivista con Agostino Salvietti ed Enzo Turco, prendendo parte ad alcuni spettacoli di Mico Galdieri. Grazie alla sua verve non conobbe ostacoli e s'impose come caratterista inimitabile: lavorò per numerose compagnie teatrali fino ad approdare negli anni '30 alla compagnia dei fratelli De Filippo. Esordì anche nel cinema, debuttando quando ancora non c'era il sonoro, nel 1916, e lavorando in seguito con gli attori più famosi: Totò, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Gina Lollobrigida, Ugo Tognazzi e Fernandel.

Fu molto amata dal pubblico e quindi anche interprete di film fatti apposta per lei, dove interpretava la terribile nonna Sabella, sempre armata di fucile, la burbera governante Caramella, la sceriffa, la scienziata, l'aiuto capostazione e la nonna poliziotto. L'ultimo suo film fu "Ieri, oggi e domani" del 1963, con Marcello Mastroianni e Sophia Loren, ove nell'episodio "Mara" interpretò la nonna di un seminarista che, innamoratosi di una ragazza squillo, vuole rinunciare ai voti. In questa sua ultima apparizione cinematografica rese magistralmente un personaggio intransigente e combattivo solo in apparenza, ma che nascondeva una malinconica, indicibile tenerezza. Nella vita privata, Tina però metteva da parte i panni maschili e il carattere forte e diventava una donna vera d'altri tempi, religiosissima, superstiziosa, amante della buona tavola e del ragù alla napoletana; trascorreva le sue giornate davanti ai fornelli o a pregare, biascicando le sue litanie in latino maccheronico, ripetendo spesso "Benedetti Gesù e Maria" e "Siano benedetti Luigi e Vincenzo", i suoi due mariti defunti. Viveva a Napoli, nel centro antico, in via Santa Teresa degli Scalzi; ormai vecchia, vedova e dimenticata, si trasferì al Vomero, quartiere residenziale, in casa di un nipote. Portò con sé solo un pacco di santini, diverse scatole di medagliette di Santa Rita, alcune statue di santi e una pentola di coccio per il ragù. Passò così gli ultimi suoi anni, pregando e cucinando, senza mai perdere due vizi che l'avevano accompagnata per tutta la vita: il fumo e il gioco.

Morì ottantenne il 15 agosto del 1968, colpita da trombosi cerebrale. Fu una grande attrice, che ha contribuito a disegnare l'Italia a cavallo tra il fascismo e il dopoguerra, un'attrice ben più importante di quanto appaia da un esame sommario dei suoi tanti film, un grande talento comico e soprattutto una donna che in tempi difficili, pervasi da tanti falsi moralismi, seppe, sebbene in maniera ironica, comica e velata, affrontare temi di sorprendente modernità. Con la sua comicità, anticipò una figura di donna diversa e fuori dagli schemi

i trasformisti ed altro........

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ANDREA FABOZZI
Dobbiamo aggiornare il catalogo delle avventure politiche del senatore di Forza Italia Rocco Salini. Non è più senatore di Forza Italia. Dopo oltre quattro anni di disciplinata militanza e in coincidenza con l'autunno pre elettorale è saltato dall'altra parte. Lui sa come si fa. Riassumiamo. Presidente Dc dell'Abruzzo in una notte del settembre 1992 era alla testa di un corteo di undici volanti della polizia dirette al carcere di San Domenico. Svegliarono tutti, cominciando dai sonnacchiosi concittadini dell'Aquila e finendo con Oscar Scalfaro al Quirinale. «Arrestano Rocco e dieci assessori», gridò nella cornetta il vecchio Remo Gaspari. Sette anni dopo, con una condanna definitiva per falso ideologico Salini era passato con i popolari dalle parti del centrosinistra e dirigeva la Asl di Chieti. Durò poco. Il tempo di cedere alle lusinghe della destra e tornare trionfalmente in consiglio regionale. Primo degli eletti (13mila voti), vicepresidente e assessore alla sanità. Tutto bello, non fosse che per la condanna era ineleggibile. Salini fece finta di nulla per un paio d'anni. Poi un attimo prima che il Consiglio di stato lo condannasse alla decadenza un altro salto. Al senato con Forza Italia. Tre anni di purgatorio parlamentare, poi si riaccende la fiamma centrista e il vecchio Dc fonda il terzo polo: «Moderati e riformisti per l'Abruzzo». Un problema per Berlusconi che rischia di perdere voti decisivi alle regionali. Lo convoca ad Arcore e lo promuove sottosegretario alla salute. Salini rinuncia alla lista. E conquista un record.

Resta al governo per quaranta giorni netti. Vittima della «verifica», finisce fuori dal Berlusconi III. Si arrabbia, passa al gruppo misto, cova vendetta e torna in Abruzzo. Dove incrocia Clemente Mastella nel suo tour per le primarie. Si parlano e chiudono subito l'affare. Rocco Salini da sette giorni sta con l'Udeur nel centrosinistra. Gradirebbe un seggio.

«... dove l'arte dell'aerosol scompare sotto una grigia gelida cortina dalla quale traspare, tra l'insofferenza generale, la violenta voglia di esplodere, spaziare, col colore conquistare, un mondo, la fama, lo spazio, un sogno da realizzare.»