Creato da corsaramora il 24/05/2005
tutto cio' che ci accade intorno ..mie riflessioni e non...
 

Messaggi del 05/10/2005

Post N° 447

Post n°447 pubblicato il 05 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

Edmond Haracourt

 

" Partire è un po' morire

rispetto a ciò che si ama

poiché lasciamo un po' di noi stessi

in ogni luogo ad ogni istante.

E' un dolore sottile e definitivo

come l'ultimo verso di un poema...

Partire è un po' morire

rispetto a ciò che si ama.

Si parte come per gioco

prima del viaggio estremo

e in ogni addio seminiamo

un po' della nostra anima. "

 

 
 
 

Post N° 446

Post n°446 pubblicato il 05 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

la riforma della procedura fallimentare, varata dal governo, ha toccato un picco di mistificazione davvero straordinario. Il ministro della Giustizia ha parlato di "un altro fiore all'occhiello della legislatura" e addirittura di "una rivoluzione copernicana che accresce la competitività del sistema mettendoci in linea con l'Europa". Mentre il presidente del Consiglio è andato più sul pratico, sintetizzando le novità con l'annuncio che d'ora in poi chi fallisce non sarà più "un reietto della società", ma potrà intraprendere nuove iniziative.

E, in effetti, l'impianto di questa riforma si caratterizza proprio con l'obiettivo di squilibrare nettamente la bilancia dei diritti dei soggetti coinvolti in una procedura fallimentare, favorendo la posizione di chi risulta insolvente e dei suoi maggiori creditori a spese di tutti gli altri, segnatamente dei piccoli creditori. Con tanti saluti a quel principio secolare che si chiama 'par condicio creditorum'. In buona sostanza accadrà che chi vanta i crediti più importanti - cioè, il sistema bancario - potrà concordare con il fallito un accordo sulla gestione dell'attivo fallimentare a conclusione del quale l'insolvente si vedrà liberato da tutti i debiti residui, vale a dire quelli nei confronti di tutti i piccoli creditori. Mentre la funzione di controllo della magistratura viene ridotta ai minimi termini e il fallito potrà tranquillamente intraprendere nuove avventure.

Insomma, il timone della procedura fallimentare viene posto nelle mani delle banche creditrici: le quali poi, in molti casi, sono gli stessi soggetti responsabili di avere in precedenza disinvoltamente finanziato imprese e imprenditori rivelatisi inaffidabili. Altro che il malcapitato Copernico tirato in ballo a sproposito dal ministro Castelli, questo è il ritorno a una visione tolemaica del diritto economico che pone al centro del sistema la salvaguardia dei diritti dei più forti e dei più furbi a scapito di quelli dei più deboli o più ingenui. Un'involuzione che grida vendetta al cielo in un paese dove migliaia e migliaia di piccoli risparmiatori si stanno ancora leccando le ferite dei crac Cirio e Parmalat, senza che il patrio governo, così pronto nel correre in soccorso dei falliti, sia riuscito a mandare in porto anche la più blanda riforma del mercato del risparmio.

D'altra parte, di che meravigliarsi? Il governo  ha esordito nel 2001 mettendo avanti a tutto un'altra legge di protezione dei forti a scapito delle buone regole del mercato libero: la depenalizzazione del reato di falso in bilancio. Legge ben mirata anche su interessi particolari e personali, di cui il presidente del Consiglio ha appena raccolto i frutti con la sentenza di assoluzione sul caso All Iberian perché "il fatto non costituisce più reato". Queste novità lassiste in materia fallimentare altro non sono che il compimento di un'opera di screditamento dell'economia di mercato e del capitalismo nazionale scientemente perseguita lungo l'intero arco della legislatura.

 
 
 

Post N° 445

Post n°445 pubblicato il 05 Ottobre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

e per la par condicio:.......


«Monnezza è ricchezza» dicono a Napoli, ma sbagliano. Perché se a Roma, per esempio, il proprietario della discarica di Malagrotta è diventato una potenza cominciando da ragazzo con un carretto di rifiuti, e se a Brescia bruciando l'immondizia riscaldano tutta la città, proprio a Napoli la spazzatura era e resta una disgrazia.

L'11 febbraio 1994, di fronte all'incapacità conclamata di smaltire i rifiuti e per togliere ossigeno alla camorra che aveva messo le mani anche su quell'attività, politici e amministratori dichiararono l'emergenza. Dopo 4.235 giorni siamo ancora lì.

 Per regalare ai napoletani questo capolavoro sono stati spesi più di 900 milioni di euro, soldi pubblici, dei contribuenti. E altri 400 saranno necessari per portare via treno in Germania e Polonia scarti che nessuno sa più dove mettere. Un disastro.
E siccome in Italia quando una situazione impazzisce inevitabilmente arriva la magistratura, anche a Napoli si è messa in moto la giustizia. I diversi filoni di inchiesta aperti sono confluiti in un fascicolo in mano al sostituto procuratore  che ha concentrato l'attenzione su due aspetti.

In base a un dettagliato rapporto del Sisde (Servizio di informazioni per la sicurezza democratica) il magistrato ha puntato gli occhi su chi manovra il gigantesco affare dell'affitto a prezzi da amatori di 20 ettari di terreno aggiunti ogni mese alle centinaia e centinaia già destinati allo stoccaggio dei rifiuti.
Il secondo ambito di inchiesta coinvolge il governatore della Campania, Antonio Bassolino, alcuni dirigenti del Commissariato per i rifiuti e i manager di un'azienda incaricata di trasformare parte dell'immondizia in cdr (combustibile da rifiuti).

A tutti sono stati inviati avvisi di garanzia e il reato ipotizzato è truffa: gli uni e gli altri non avrebbero rispettato i termini contrattuali stabiliti. I circa 3,5 milioni di balle di rifiuti confezionate in 7 anni e destinate all'incenerimento in 2 impianti mai costruiti  e accumulate in spazi grandi 18 volte il volume dello stadio San Paolo, non avrebbero neppure i requisiti per essere bruciate, in pratica sarebbero troppo umide.


Il nuovo amministratore dell'azienda incaricata, davanti ai parlamentari della commissione bicamerale di Inchiesta sui rifiuti si è difeso attaccando e sottolineando il fatto che se in Campania il sistema degli scarti resta una tragedia la colpa non è delle aziende, ma della gente che non vuole sentir parlare di impianti di smaltimento e inceneritori.

In effetti la gente in Campania si è accapigliata sull'opportunità o meno di concedere i permessi per la costruzione degli inceneritori. Per esempio ad Acerra, comune scelto come sede di uno dei due impianti, e dove a un certo punto è nata una pecora con gli occhi sotto la gola per colpa, dicono da quelle parti, di un'azienda che sputa veleni, ebbene ad Acerra perfino il vescovo ha guidato la protesta.


Il contratto con quell'Azienda ha tanti padri. Fu voluto 7 anni fa dalla giunta campana di centrodestra guidata da Antonio Rastrelli, ma i successori, prima il popolare Andrea Losco e infine il diessino Bassolino, non l'hanno modificato nemmeno in una virgola. Bassolino è stato per anni il responsabile del Commissariato per i rifiuti e sotto la sua gestione se non altro sono state chiuse molte discariche gestite dalla camorra, ma il problema dell'immondizia non è stato risolto.

Anzi, nel frattempo il Commissariato si è gonfiato fino a diventare una delle più grandi e improduttive imprese del Sud con l'assunzione a tempo indeterminato di ben 2.300 dipendenti i quali, per ammissione degli stessi sindacati, fanno poco o niente.
In compenso vengono pagati bene, secondo le tabelle del vantaggiosissimo contratto di Federambiente, con stipendi mensili netti da 1.200 a 1.600 euro, più tredicesima e quattordicesima mensilità, con un costo annuo complessivo di circa 60 milioni, il costo più alto in assoluto di tutti i lavoratori assunti in questi anni nel Mezzogiorno.

Di fronte al fallimento, Bassolino nel marzo 2004 si è dimesso da commissario passando la gestione al prefetto Corrado Catenacci, che con la Protezione civile di Guido Bertolaso ora sta preparando un nuovo piano per lo smaltimento. Partendo dal presupposto che ogni provincia deve pensare ai suoi scarti, l'idea di Catenacci è di far costruire 5 o 6 inceneritori medio-piccoli.

Per gestire l'affare del valore di almeno 300 milioni di euro l'anno, si sta organizzando un pool di imprese pubbliche costituito da Ansaldo, Ecolog più le municipalizzate emiliane riunite nella Hera. 

La situazione è grave. 

 Si facciano finalmente scelte meditate, efficaci e trasparenti.

 
 
 

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