una corsara mora

lchi e' feltri?

 l’eclettico direttore che e' riuscito a riciclarsi da socialista a leghista ed infine a falco berlusconiano, sarebbe riduttivo classificarlo tra quanti in questi anni sono corsi in aiuto al vincitore di turno. Non è il cameriere Fede né il valletto Liguori. Feltri è piuttosto, riconosce Ghezzi, "il più lucido e trascinante ideologo e propagandista del riflusso conservatore in Italia". Non si accontenta di accodarsi ai nuovi personaggi politici e ai loro compromessi, ma teorizza e declina a trecentosessanta gradi la cultura della Nuova Destra, ponendosi come profeta e guardiano della corrispondente espressione politica, la Seconda Repubblica; non ha subito passivamente le convulse svolte degli ultimi anni e mesi, ma le ha anticipate cercando in qualche modo di guidarle.

Non c’è argomento su cui Vittorio Addams Feltri abbia rinunciato a brandire il suo Giornale senza tuttavia mai cambiare la struttura dell’argomentazione: partire da osservazioni spesso condivisibili (la giungla fiscale, gli sprechi di Stato, alcune violazioni antigarantiste) per svilupparle successivamente in crociate che hanno per bersaglio costante lo Stato sociale, il parlamentarismo, la cultura antifascista, l’attenzione alla tutela delle minoranze e l’equilibrio dei poteri. E ancora: i giudici che non si fermano sulla soglia di Arcore, la sinistra "forcaiola, reazionaria, boriosa, antiquata, snobistica, chiusa al mondo occidentale, innamorata delle burocrazie", i sindacati bolscevichi, il Sud (italiano e mondiale) terra di statalismo, pigrizia, disordine, violenze, barbarie.

Adottando una serie di registri che vanno dall’ironia feroce all’invettiva ai limiti dell’insulto, dalla pennellata emotiva alla ridicolizzazione dell’avversario, Vittorio Addams Feltri innesca una fiammata di cortocircuiti logici tra i ragionamenti rigorosi di un giornalismo sedicente anglosassone e gli slogan qualunquisti di una Destra impasto di tatcherismo, banana republic, orgoglio brianzolo.

Fra l’ampia antologia preparata da Ghezzi, vale forse la pena riportare nel dettaglio un tipico esempio del modus cogitandi feltriano. Dunque, la giungla fiscale è inestricabile e il carico di tasse è pesante; e fin qui siamo tutti d’accordo, sennonché il direttore del Giornale, incurante dell’abisso logico che si appresta a scavalcare, non esita a teorizzare come diretta conseguenza dello status quo la necessità fisiologica della corruzione: "L’arma del contribuente, il quale se dovesse saldare tutte le imposte previste avrebbe bisogno di tre vite, è la mancia". A questo punto Feltri, innescato il cortocircuito, può trarne tutte le conseguenze: "Che differenza esiste fra il commerciante di Corleone che subisce l’estorsione della mafia, e paga il pizzo ogni mese al picciotto, e il commerciante o l’artigiano o l’industriale che è costretto ad elargire soldi al politico o al vigile urbano o alla Guardia di finanza per non finire nel tritacarne delle regole sregolate? Nessuna differenza. Entrambi agiscono male per non incorrere in un male peggiore".

In questi anni abbiamo parlato di questione morale, della necessità di un’etica pubblica? Qualcuno stava scrivendo nuovi codici deontologici? Il pool di Mani Pulite ha elaborato una proposta articolata per uscire da Tangentopoli e prevenire future degenerazioni? Per fortuna Vittorio Addams Feltri ha pronta anche la soluzione: intanto aboliamo il reato di corruzione al grido di "Chi merita la galera: quelli che sborsano o quelli che intascano?". Programmi per il futuro: "Azzerare la normativa fiscale e sostituirla con poche leggi chiare da far rispettare rigorosamente. Chi sgarra, con o senza berretto, sia rinchiuso in cella. E le chiavi, via gettarle nel Naviglio. Con buona pace dei garantisti".