Creato da corsaramora il 24/05/2005
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Messaggi del 23/11/2005

Post N° 547

Post n°547 pubblicato il 23 Novembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

Dalla sua approvazione, anno di grazia 1978, la guerra contro la 194 ha registrato solo brevi armistizi. Nonostante quella legge - tutt'altro che permissiva - fosse figlia di mediazioni e compromessi che rendevano possibile per le donne dell'Italia cattolica l'interruzione di gravidanza solo sotto tutela statale e solo sottoponendosi a un iter lungo non facile e aggravato dal ricorso all'obiezione di coscienza. Mediazione ben lontana dalla proposta di depenalizzazione portata avanti, su posizioni diverse, dai Radicali e da una parte non piccola del movimento femminista. La legge ha retto l'urto del tempo, gli anatemi del Vaticano, i ripensamenti/pentimenti di uomini di sinistra e un referendum, grazie soprattutto a una pratica che è riuscita a superare ostacoli e farraginosità che quel testo contiene. Ed è esattamente quella pratica sotto attacco ora. La nuova strategia è chiara: quella legge «intoccabile» va aggirata. Lasciata apparentemente intatta, ma svuotata dall'interno. Ecco dunque la commissione d'indagine uscita dal cappello dell'Udc che non potrà che tramutarsi in un processo di massa alle donne; ecco il nuovo ossimoro - sinistro come quello della guerra umanitaria - dei «volontari professionali» del Movimento della vita assoldati da Storace e sguinzagliati nei consultori per convertire le donne alla maternità forzosa.

La lotta inesausta della Chiesa contro le donne con a fianco vecchi/nuovi chierichetti disseminati nel centrosinistra e nel centrodestra - ringalluzziti dal vittorioso referendum sulla procreazione assistita - si ammassano nel ventre di questo cavallo di Troia: ripensare le modalità applicative della legge, battere il tasto di quanto non è stato fatto per la tutela della maternità. La prevenzione - affidata ai consultori e presente nella 194 - ben presto è scivolata nella dissuasione cui il testo della legge non fa alcun cenno. Non è difficile immaginare l'esito di una campagna di indagini e dissuasori tutt'altro che occulti: una versione pesantemente riduttiva e autoritaria, penalizzante e umiliante dell'aborto. Un'esperienza - mai semplice, lineare, indolore - che le donne di tutto il mondo, da che mondo è mondo, conoscono e vivono sulla propria pelle. Un attacco che sottintende (la legge 40 docet) un'idea delle donne come creature egoiste e incapaci di decidere da sole se, quando e come essere madri. Esseri deboli e instabili da tenere sotto controllo e tutela per evitare eccessi e sregolatezze.

Sull'aborto, prevenzione e dramma sono le paroline magiche che troppo spesso anche la sinistra continua a tirar fuori dal cassetto per rintuzzare gli attacchi alla libertà femminile. Risposta debole e reticente, incapace di far proprio il principio della scelta femminile, dell'autodeterminazione. Di fidarsi e affidarsi alla responsabilità delle donne italiane che, i dati lo confermano, non ricorrono mai a cuor leggero all'interruzione della gravidanza.

Di fronte a vecchie e nuove alleanze che giocano sul corpo delle donne, alla vigilia del voto di aprile, fra prevenzione/dissuasione, vescovi, crociati dell'embrione, neoconvertiti alla preghiera, imboscati (come è accaduto per il referendum sulla procreazione assistita), è giunta l'ora di pretendere che la libertà delle donne in materia procreativa diventi un punto qualificante dei programmi elettorali. Che chi aspira a diventare nostro governante e legislatore, dica una parola chiara e definitiva su questo. Le donne, responsabilmente, faranno di conseguenza le loro scelte di voto.

il manifesto

 
 
 

Post N° 546

Post n°546 pubblicato il 23 Novembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

 
 
 

Post N° 545

Post n°545 pubblicato il 23 Novembre 2005 da corsaramora
Foto di corsaramora

Abbiamo tutti ancora impresse nella memoria le immagini del terribile terremoto che colpì la Campania e la Basilicata in quella lontana sera del 23 novembre 1980. Tutti ricordiamo le proporzioni disastrose della tragedia: le tremila vittime, le migliaia di feriti, le case distrutte, il dolore nei visi di tante famiglie. Fu un colpo inflitto non solo all’Irpinia, ma a tutta l’Italia; una ferita che molti pensarono non potesse mai più rimarginarsi. Oggi, guardandosi alle spalle, le comunità che a quei luoghi erano e sono profondamente legate dai vincoli della tradizione, della famiglia e del lavoro possono rivendicare con legittimo orgoglio il merito di aver saputo reagire con coraggio e con determinazione ad una prova tanto dura. Certamente il percorso della ricostruzione è stato lungo, faticoso, denso di ostacoli e difficoltà.

Ritardi e squilibri che pure ci sono stati vanno ricondotti all’improprio allargamento dell’area del cratere a Napoli e a comportamenti illeciti di singoli. Non dei sindaci. Nessuno di loro ha violato la legge, l’elenco dei disonesti è noto e, per fortuna, limitato». L’accusa più ricorrente è stata quella di aver peccato di gigantismo. E questo ha comportato sprechi. «Occorre tener presente quel che era l’Irpinia prima del terremoto: già di per sè una terra carente di infrastrutture. Il sisma è stato un colpo mortale. Il domani andava completamente ripensato su vasta scala. Per la ricostruzione c’era esigenza di dotare di strumenti urbanistici le amministrazioni perchè il patrimonio immobiliare, privato e pubblico, era stato completamente devastato». Poi l’industrializzazione. «Sì, il programma di sviluppo era basato sull’industrializzazione di un’area fortemente e storicamente depressa, dedita prevalentemente ad un’agricoltura di stampo familiare. All’epoca il meccanismo degli incentivi statali ha stimolato insediamenti anche di qualità, di grandi gruppi. Certo, ci sono stati casi singoli di fallimento. Ma un’azienda non può vivere nel tempo senza i necessari adeguamenti, senza servizi reali, senza ricerca e formazione. Alcune aziende sono morte così».

ma al di la delle polemiche del post terremoto ,oggi solo un omaggio alle vittime di quel disastro

 
 
 

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