Creato da lavocecelata il 28/06/2007
nel confessionale delle nuvole

 

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Cuir de Russie

Post n°28 pubblicato il 28 Marzo 2014 da lavocecelata

girldancing

 

 

 

Le luci rimbalzavano sulla sua pelle lucida di sudore. I capelli biondi lunghi e dritti le scendevano fino al fondoschiena. Riusciva a sedersi sui propri capelli. Un amante avrebbe potuto arrampicarsi, su quei capelli come su una fune da palestra.
La spogliarellista-ballerina si librava in aria, con i seni abbondanti e le natiche oscillanti; piroettò mimando un aeroplano, le braccia come eliche, il busto in penché in avanti. Fece una curva in avanti del dorso, partendo dal bacino, e subito spinse la testa all'indietro, accosciandosi nella posa del limbo. Il pube gonfio attrasse il mio sguardo. Aveva il monte di Venere molto sviluppato. Trattenni il respiro per il tempo necessario a deglutire amaro. Era un bel po' di tempo che non mettevo le dita tra le cosce di una donna.
Sulle ultime note la donna nuda e scalza si raddrizzò e si inchinò, salutando il pubblico che applaudiva con foga, nemmeno fosse stata Isadora Duncan. L'avrebbero applaudita anche se avesse ballato la danza dell'orso, pensai. Le luci colorate degli spots si spensero. La pista restò al buio. Il Trio ripartì con La Ragazza di Ipanema. Tanto per calmare un po' le acque. Origliai ai commenti quasi bollenti. Buono. La ragazza si sarebbe fermata ancora per un po' da quelle parti.
Feci il solito giro per  raccogliere gli indumenti che la spogliarellista aveva sparpagliato in giro. Un raccattapanni, ecco cos'ero, altro che enterteiner. Non mi piaceva fare il raccoglitore di mutande, anche se fatte di brillantini. Trovavo che fosse un po' umiliante e ringraziai il tecnico delle luci per aver messo la pista al buio. Sfilai a testa bassa in direzione del camerino della francesina.
Bussai.
- Veronique? -
La porta si aprì. La Principessa Desnuda era sulla porta con un piccolo asciugamano da bidet col quale fingeva di coprire il seno dai capezzoli color ambra ed intanto scopriva la peluria del pube. Ripeteva coprendo il pube e scoprendo il seno. Un'altenarsi di visioni del genere celestiale.
- Sei bella ed abbastanza in carne per far venire la voglia di mangiarti. - le dissi convinto.
- E dai,su! - esclamò lei - lasciami in pace. - Ma mi sorrise.
Con una sola mano Veronique non poteva prendere tutti i panni che avevo in braccio. Va bene, pensai, è stato piacevole, ma non vorrai mica che stia tutto il giorno sulla porta con questi cenci fatti di brillantini?
- Scusa tanto.., - Entrai senza far complimenti, ma facendo il possibile per guardare solo i suoi piedini nudi e lasciar correre il resto, quindi appoggiai tutto su un piccolo divano. Lei si era seduta davanti allo specchio contornato di lampadine. Fuori dalla scena poteva anche apparire una ragazza nuda qualsiasi.
Mi guardava dallo specchio, tanto vicina che avrei potuto toccarla e mi sorrideva come se fossi proprio la persona che aspettava da qualche tempo. Intanto si metteva il reggipetto. Bianco. I colori a volte narrano delle storie false o sono vittime di pregiudizi. Tutto mi ispirava meno che purezza, quel bianco su di lei.
- Dove cavolo hai rimediato dei vestiti così ridicoli? – era una battuta scema, lo sapevo, ma abbastanza scemo mi sentivo.
Lei mi guardò incredula, poi capì lo scherzo e fece una risatina argentina.
- Vedi di piantarla. - Finsi di essere offeso ma intanto la spiavo compiaciuto mentre con la linguetta puntuta tra i denti si concentrava sul sistemarsi i capelli. Me la immaginai con le gambe avvinghiate attorno al mio collo.
- Ti va di bere qualcosa? - azzardai.
Mi guardò dallo specchio.
- Vengo a bere al bar. Merci. -
Uscii dal camerino e tornai in sala.
Lo spettacolo era terminato, ed erano pochi i clienti rimasti.
Le ragazze cercavano di far spendere loro qualche soldo ancora, girando e soffermandosi ai tavoli, ma la nottata ormai volgeva al termine. 
Andai al bar e mi sedetti su uno sgabello.
Il conte era ubriaco come al solito, e cincischiava il culo di Helga, la sua bionda-ghiaccio preferita, mentre il barman ne approfittava per fargli bere ancora qualche altro intruglio.
Il profumo precedette Veronique di un quarto d'ora. L’aria era diventata densa come l’acqua e l’orologio s’era fermato di colpo. Si sedette sullo sgabello accanto al mio.
Erano sgabelli girevoli. Veloce come una trottola ruotai e mi fermai proprio di faccia a lei.
Veronique  accavallò le gambe per mostrarmi un paio di mutande bianche."...mettait du blanc pour cacher la couleur un peu blanc de sa peau.."
Con la punta della scarpa dal tacco altissimo mi toccò tra le gambe, poi  iniziò a massaggiarmelo con la suola. Per me fu come aver vinto un pacchetto vacanze alla Grande Bahama per una quindicina di giorni, albergo a quattro stelle, sonni tranquilli su morbidi materassi a molle, pasti preparati da chef di fama mondiale, guide turistiche gioviali ed esperte, nonchè di facili costumi.
- Che fai per Capodanno? - mi chiese. Sorrideva, Veronique, come se non stesse prendendomi a pedate tenui e solleticose nel cavallo dei calzoni. Naturalmente quello era il modo giusto e sacrosanto per aver bisogno di una immediata doccia gelata.
- Cosa vuoi che faccia?Sarò qui a lavorare, come te.- Da buon compagno di sventura le grattai con delicata noncuranza il  ginocchio accavallato con la punta delle dita, mentre mi portavo l'altra mano al volto come se avessi dimenticato il portafoglio in treno.
- Mi sa che m'è andato qualcosa in un occhio. - Le dissi. Il mio occhio stava benissimo, non c'era assolutamente niente, ma come potevo farla avvicinare di più? Lei si alzò dallo sgabello e mi fu sopra il viso. Quando le sue tette mi sfiorarono qualcosa mi punse nel  petto e mi lasciò uno sbaffo di sangue all'altezza del cuore, o forse era tutta colpa dello Chanel "Cuir de Russie"?
Diavolo...
Ma io non ero che un uomo ordinario. Mi guardai intorno e vidi in giro solo altri uomini ordinari come me. Presi coraggio per uscire da un momentaneo attimo di smarrimento: ci vuole poco a farsi del male con una donna come quella.
- Se fossimo in un film adesso ci innamoreremmo l'uno dell'altra. - le dissi a stento.
Veronique mi guardò, improvvisamente con aria pensierosa ed una specie di sorrisetto di compatimento.
- Forse no. Sono lesbica, mi piacciono les femmes. – La guardai meglio, la riguardai una, due, tre o quattro volte ancora, negli occhi ed in tutto il resto di quel ben di Dio. Poi scossi la testa.
Rimanemmo a fissarci negli occhi mentre la mia anima indietreggiava dalla sua facendo un looping all’indietro.
- Mi dovrò abituare all'idea. - Dissi, a bassa voce. Comunque meglio lesbica che d’un altro ordinario come me, pensai e pensai anche alla volpe ed all’uva, ed anche a quel greco maledetto che aveva già previsto tutto.
"..jamais une voix plus douce n'a frappé mes oreilles; je serais heurex de vous entendre encore.."

 
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