IN MY SHOES

Un conto è la vita che imposta il suo gioco. Un conto è averlo capito


 Mi capita sempre così. Vedo un ragazzino che corre sulla spiaggia e penso.Penso chissà che uomo sarà, chissà che padre, chissà che dirigente d’azienda, che pasticcere, che medico, chissà che marito.Chissà se dovrà affrontare delle difficoltà, o se la vita gli sorriderà come solo a pochi fortunati.Chissà se studierà, o se i suoi genitori dovranno pregarlo per finire l’ultimo anno di liceo, perché il pezzo di carta serve sempre.Chissà se andrà all’estero, se avrà paura dell’aereo, se conoscerà una persona dall’altra parte del mondo e se ne innamorerà perdutamente, tanto da salutare gli amici di una vita, le strade che ha amato, dove è stato portiere di un campetto davanti alla parrocchia, intanto che il sole di luglio va giù.Chissà se sarà felice, se saprà essere affidabile, se vorrà di più.Vedo un signore anziano sul treno e penso.Penso chissà che ragazzino è stato, chissà che padre, chissà che fratello, chissà che figlio. Chissà quale musica amava ascoltare da giovane, chissà se ama ancora sciare, come quando, poco più che ventenne, passava sulle nevi la settimana più bella dell’anno, sempre nella stessa casa di amici, i migliori che abbia mai avuto.Chissà se li vede ancora, quegli amici, o se la vita li ha portati lontano, a seguire lavori e amori, occasioni e opportunità.Chissà se è stato felice, chissà se la vita gli ha dato quello che desiderava, o se ha dovuto imparare suo malgrado ad amare quel poco o tanto che ha avuto. Chissà se è orgoglioso dei suoi figli, chissà se passa le sue mattine nel bar davanti a casa, a chiacchierare di quello che poteva essere e non è stato, o semplicemente a dire che non ci sono più le mezze stagioni. Vedo una foto di agosto 1998, in vacanza con gli amici, cappellini ridicoli e zaini in spalla, orgogliosi di aver scalato la vetta.Guardo i nostri visi sorridenti, il taglio di capelli così diverso, guardo le facce di quelli che non vedo più da anni, o di quelli che vedo ancora tutti i giorni.Dopo poco, qualcuno di noi avrebbe incontrato l’amore della vita. Qualcun altro avrebbe perso una persona cara. E poi matrimoni, figli, separazioni, lavori diversi o sempre uguali, città, stati, traslochi, case nuove e nuovi mobili ikea da montare di sabato pomeriggio. E vecchie foto.Solo che noi, allora, non lo sapevamo ancora. Avevamo tanti progetti e tante cassette da ascoltare nel walkman, il nastro da tirare su con una penna quando si incastrava.Penso. A me, a loro, alle cose.Penso a quanta vita è passata, a quanti sogni non si sono realizzati, a quante cose sono andate diversamente da come pensavamo, a quante opportunità, progetti, ambizioni. A quanti regali inaspettati, a quante stelle cadenti nel cielo di agosto, oggi come allora.Mi fa tenerezza vederci là, così, ignari della direzione che ognuno di noi avrebbe preso, fermi in un presente che allora era già proiettato al futuro, ma che oggi è un passato lontano.Penso a quanto è fragile e potente un uomo, la sua vita.Alle aspettative, ai bisogni, agli affetti, alle certezze che crediamo di avere e che crollano come un castello di carte nel giro di un minuto.A come eravamo, a come siamo diventati, a quello che volevamo essere, o che saremo, o che forse non saremo mai. E alla vita, che alla fine ti porta sempre dove vuole senza nemmeno chiedertelo.