Creato da whatsgoingon2005 il 10/07/2005
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LA MOLLA BIOLOGICA
Appare opportuno non sottostimare la valenza della molla biologica: l’importanza dell’istinto di
prosecuzione della specie, della necessità di accudire la prole come pulsione insopprimibile,
potente e profonda.
Sono aspetti fino ad oggi sottovalutati nella lettura della criminogenesi legata alla conflittualità
genitoriale in corso di contenzioso giudiziario: pur essendo alla base della decisione di avere figli, e
dunque pur essendo fondanti o comunque estremamente rappresentati in ogni vissuto e decisione
relativi al futuro della prole, la letteratura specialistica interessata alla conflittualità genitoriale ha
sempre preferito occuparsi degli aspetti "giuridici" e - al massimo - psicologici dei contenziosi
genitoriali, ignorando più o meno volutamente che l'istinto a garantire ai propri geni una
discendenza, e dunque ad occuparsi della prole fino a che non autonoma, è un istinto tra i più
irriducibili .10
Curiosamente, questo bisogno di accudimento della prole è stato confinato, e grandemente (a
parere di alcuni soprattutto gravemente) accentuato solo per quanto riguarda il sostentamento
economico della prole, forse equiparando - non consapevolmente, ma con tutte le problematiche
che ne emergono - l'assegno mensile al "cibo" che l'animale deve fornire alla prole non autonoma.
Il "Mobbing" è stato osservato inizialmente nel mondo animale11, solo in seguito studiato nel
contesto umano per descrivere le ripercussioni sul lavoratore di comportamenti ostili e prolungati
da parte di colleghi e superiori.12
In natura nasce proprio come una modalità di difesa della prole; il mobbing osservato in etologia
genera violenza fra individui adulti solo in presenza di neonati o uova fecondate.
10 - v. Giordano, Il Mobbing Genitoriale e la PAS: cosa sono, che fare [in via di pubblicazione]
11 - v. Conrad Lorenz
12 - v. Leymann e Gustavsson
12
Vale a dire che il bisogno di tutelare la prole e di garantire così la sopravvivenza ai propri geni,
scatena ogni irrefrenabile aggressività verso i simili che a tale progetto si oppongono o tentano di
opporsi, quindi rappresentano o potrebbero rappresentare un pericolo.
L’esproprio della prole ed il divieto di occuparsene entrano in conflitto, quindi, anche con le più
ancestrali pulsioni biologiche, oltre che con ogni sfumatura sociale, culturale ed affettiva13.
Questo spiega perché la violenza emerge quando si interrompe traumaticamente la continuità
genitoriale: è un istinto innato, superiore a qualsiasi vincolo socioculturale qual’é invece il Diritto.
Contro la distruzione del più forte archetipo naturale i vincoli legali hanno scarso o nullo potere di
contenimento; potrebbe essere un errore non considerare che l’esclusione forzata dei genitori dalla
vita dei figli - lo stupro delle relazioni - sa generare solo violenza
L'interruzione giuridica del progetto e delle relazioni genitoriali viene vissuta in larga maggioranza
dai padri, ragione per la quale sono gli stessi padri a figurare abbondantemente in testa nell'elenco
degli autori di omicidio legato alla separazione14.
Ed a monopolizzare, o quasi, i suicidi.
Una ipotetica controprova si avrebbe invertendo il quadro generale tramite la esclusione
sistematica delle madri dalla custodia dei figli, con la conseguenza di inibirne drasticamente le
frequentazioni e l'influenza nel processo di crescita: con l'inversione dei ruoli gli statistici si
troverebbero inevitabilmente a commentare la casistica di una maggioranza di donne disperate
che agiscono violenza auto ed etero diretta, uccidendo ed uccidendosi.
Vogliamo augurarci di rimanere nel campo delle ipotesi e di non essere costretti a prendere atto di
nessuna macabra controprova.
Per quanto riguarda le separazioni è infatti più semplice attribuire le responsabilità a presunte e
mai dimostrate personalità deviate delle parti, estrapolandole dal contesto nel quale gli episodi
drammatici maturano.
Va ricordato come in larga percentuale il folle non sia affatto tale fino al giorno prima di
commettere il delitto: non ha mai manifestato pulsioni criminali, supera brillantemente i test per il
rinnovo del porto d'armi o addirittura presta servizio nei corpi militari, paramilitari o come tutore
dell'ordine.
Se poi capita che l'omicida-suicida lasci delle lettere nelle quali individua chiaramente
nell'inadeguatezza della giustizia la molla scatenante del gesto disperato, allora tali lettere
vengono sequestrate e ne viene inibita la divulgazione.
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"Ma l'esclusione che mi sono imposto dagli scopi e dai movimenti della vita; la rottura che ho cercato del mio contatto con le cose mi hanno portato precisamente verso ciò che cercavo di evitare. Io non volevo sentire la vita nè toccare le cose, sapendo con l' esperienza del mio temperamento al contagio del mondo che la sensazione della vita era sempre dolorosa per me. Ma evitando quel contatto mi sono isolato, e nell'isolarmi ho esacerbato la mia sensibilità già eccessiva. Se fosse possibile interrompere completamente il contatto con le cose, ciò gioverebbe alla mia sensibilità. Ma quell'isolamento totale non può avvenire. Per quanto faccia poco, respiro, per quanto poco agisca, mi muovo. E cosí, riuscendo a esacerbare la mia sensibilità attraverso l'isolamento, sono riuscito a fare in modo che i più piccoli fatti, che prima non avrebbero avuto importanza per me, mi ferissero come catastrofi. Ho sbagliato il metodo di fuga. Sono fuggito, attraverso uno scomodo stratagemma, verso lo stesso luogo dov' ero, con la fatica del viaggio che si è aggiunta al disgusto di vivere in quel luogo."
FERNANDO PESSOA
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Il clamore che sta suscitando il presentatore di ANNO ZERO, la cui presa di posizione ha monopolizzato il dibattito dei giornali intorno allo scontro sulle televisioni, sono, insieme, "la cifra", di quanto il potere dei media stia condizionando ed occupando "il pensiero" dei singoli, che, poi, amplificato, diventa "pensiero collettivo", ed il Il dato piu' allarmante non è tanto su chi sia dalla parte della ragione nella disputa, quanto lo spazio che la disputa stessa occupa.
In questo scontro tra "titani inesistenti" che occupano "luoghi inesistenti", si concentra e si coalizza il pensiero dei piu' e si catalizza l'attenzione di milioni di spettatori: di persone cioè, che, in quanto tali, e cioè spettatori, stanno solo a vedere, ma non prendono parte, non agiscono, non "operano" con chicchessia.
Vista da questa angolatura la questione non è impressionante tanto per la posta in gioco dal punto di vista politico/televisivo, quanto per la enorme sproporzione di forza tra il potere di pochi e l'assenza di potere dei più.
Un paese, una società civile, che rimangono "bloccati" nel ruolo di inermi spettatori di una sorte inesistente che finisce per assumere il ruolo di tragica maschera della propria sorte messa in scena in un teatro inesistente da personaggi a cui si ritiene di poter demandare il potere di essere, appunto, paladini del proprio sentimento di giustizia e verità che, in caso di vittoria, ci sarà "raccontato" da un altro teatro inesistente così mettendo in pace la nostra anima irritata dalle ingistizie, o presunte tali, propagate da un'altro teatro inesistente.
Fuor di metafora.
Se l'agire politico ha preso, o aveva preso, nelle società civili, lo spazio dell'agire individuale per rappresentare istanze collettive e si era fatto carico del compito di organizzare ed indirizzare la società stessa da cui aveva ricevuto mandato, esso si è reso, poi prigioniero di un mezzo inesistente che, non solo ha finito per "fabbricare" la politica per esercitare il proprio dominio, ma è riuscito anche a trasformare cittadini votanti e partecipi in inermi spettatori.
Verrebbe da dire, allora, non tanto "Liberate la Rai", ma: "liberate la politica ed il suo significato!!".
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Silvio Berlusconi vuole cambiare nome al suo partito. Starebbe pensando a un puro e semplice “Italia”, che altro non sarebbe che la naturale evoluzione della sua idea azzurrina della politica.
Ma il Cavaliere, come capita spesso nella storia dei paesi in crisi di rappresentanza, è assieme il motore e il riflesso del proprio tempo.
In poco più di quindici anni il vocabolario della nostra vita pubblica si è fatto sempre più generico. Da “comunismo”, “socialismo”, “democrazia”, “socialdemocrazia”, “repubblica”, “liberalismo”, siamo passati a “Italia”, “Libertà”, “Nord”, “Futuro”, “Ulivo”, “Centro”, “Valori”.
Questo è il vero – e forse unico – cambiamento della Seconda Repubblica. Che non ha portato governabilità né nuova moralità, ma ci ha consegnato una lingua surreale e al fondo totalitaria, che dissolve i contenuti in una forma sempre più vuota di senso, e promettendo di ordinare la complessità vuole invece frantumare il sistema.
Un vocabolario nebuloso e senza più la responsabilità dei suoi contenuti, esattamente come il potere che rappresenta.
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perchè è cosi che ti frega la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un' immagine o un odore o un suono che poi non te lo toglie più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand'è troppo tardi. E già sei, per sempre un esule... a migliaia di chilometri da quell' immagine, da quel suono da quell'odore. Alla deriva... (Alessandro Baricco "Castelli di sabbia")
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Inviato da: whatsgoingon2005
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