“Sulla terra nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.”
“Anche noi ci trasformiamo, papà?”
“Anche noi”
“Come i robot?”
“Più o meno”
“Polvere eri e polvere diventerai”, disse mamma.
“No Rosa, intendevo un’altra cosa”, rispose lui.
Eheh, mi faceva troppo ridere papà quando diceva che mamma non aveva capito un cazzo. A tavola sedevamo, mio padre a capo tavola, mio fratello e mia sorella da un lato, mamma ed io dall’altro. Erano una bella coppia. Litigavano poche volte e, quando succedeva, non si tenevano mai il muso. Mamma dice che io sono uguale a lui. Papà la adorava però non lo dimostrava. Una volta, per strada, non ho mai saputo perché, prese uno per il petto e lo sedette sul cofano di una macchina.
“Papà, e noi in che cosa ci trasformiamo?”
“In ricordi.”
Come se si fosse fermato il tempo. Uno, due secondi. Poi mamma si alzò ed andò a prendere la frutta in cucina. Si alzò anche mia sorella. Raccolse i piatti vuoti ed andò anche lei in cucina. Rimasi solo io, con i miei ricordi.
Questa fu la prima volta in cui mi avventurai con la penna là dove non avrei dovuto. Non l’ho più fatto. Il perché non avrei saputo spiegarlo meglio di Trevi, immaginando l’intransitivo che si fa transitivo. La penna che va da sola. Non sarei mai andato oltre la macchina dell’autoscuola, dove non puoi esser certo che a frenare sia stato tu o l’istruttore.
Continua ad avventurarti, in qualsiasi campo, anche tra quelli in cui gli sterpi potrebbero graffiarti il cuore. Perché quegli stessi sterpi diventano balsamo per il lettore. (È un discorso da lettrice egoista, ma sei tu che mi hai viziata)
(…)