Ad esempio, leggendo quest’affermazione: lontano è una parola che pacifica, che libera: se posso pensar lontano, non sono prigioniero, poiché sono fatto in modo strano, ma questo è un problema mio, la bellezza, come accade a tutti, mi colpisce ma, prima di accettarla come tale, essendo anche uno che non si fida, devo prima metterla in discussione.
Così, anche quell’affermazione l’ho passata ai raggi X della mia mente malata e quel pacifica è stato il primo verbo che non ha superato l’esame perché lontano, semmai, rassicura.
Lontano è il fossato che circonda il castello, è una porta blindata, ma è anche avere qualcuno vicino su cui poter contare, raccontare, confidare. Ancor di più, non ha superato l’esame quel se posso pensar lontano, non sono prigioniero.
Prima di tutto, non mi è chiaro se quel non sono prigioniero si riferisca alla persona o al pensiero perché sono cose ben diverse.
Il bello del pensiero è proprio la sua libertà, nasce libero e morirà libero anche se sei detenuto o, da libero, ti venisse impedito di esprimerlo ma, anche se accadesse, nessuna censura potrebbe impedirti di pensare, fantasticare e sognare.
Ora, se proprio dovessi trovare un nesso tra lontano e non essere prigioniero considererei lontano come una fuga dal vicino ovvero quando lontano è voglia di distanza, ma questo equivarrebbe a sottomettere un aggettivo ad un solo significato valido per tutte le situazioni. Non è così però, perché sia lontano che vicino, possono raccontare entrambi qualcosa di dolce o amaro. Vivere lontano da chi ami, ad esempio, non è piacevole così come vivere vicino a chi detesti non lo è altrettanto e, in entrambi i due casi, sia lontano che vicino saranno la tua prigione.
No, io potrei amare o odiare entrambi a seconda di quello che, di volta in volta, raccontano. Per questo, se proprio dovessi sbilanciarmi, io sarei con Sara.
“Lontano non è altrove, avverbio che piace invece molto a Sara: altrove, evidentemente, può essere vicino, vicinissimo: semplicemente non è qui.”
Io non farei il furbo, perché se altrove, evidentemente, può essere vicino, vicinissimo: semplicemente non è qui, vuol dire che altrove, evidentemente, può essere lontano, lontanissimo: semplicemente non è qui.
“Quindi, mi stai dicendo che, come fanno molti scrittori, soprattutto quelli bravi, drogano le parole, magari facendole fare dei lunghi giri, per costringerle a dire quello che vogliono loro?”, mi chiede.
“Proprio così, Clara mia”, le rispondo.
“Clara mia? Non avevi detto che stavi con Sara?”, mi chiede sorpresa.
“Ho detto che stavo con lei nel senso che, fra lontano e vicino, condividevo il suo preferire altrove. Non ho detto che preferisco lei a te anzi, per restare in tema, per me Sara è lontano, tu sei vicino”, le chiarisco.
“È la prima volta che mi dici questo ma, non prendertela, non voglio chiederti di ciò. M’incuriosisce sapere, invece, perché, a differenza di lui che mi considera lontano, tu mi consideri vicino. Mi disorienti”, mi dice aggiungendoci un sorriso spaesato.
“Proprio perché, leggendo lui, ho contato quante volte ha scritto Clara: diciannove volte…”
“Ahahah, davvero le hai contate? Tu sei matto!” e, mettendo le mani a mascherina, si copre le labbra continuando a ridere nascondendomi tutta la bellezza del suo sorriso. Mi devo accontentare di quello dei suoi occhi che non è tutto, ma nemmeno poco.
“Beh, diciannove volte, sono tante. Un po’ come la differenza fra una bugia e una verità, perché se vuoi spiegarmi che Clara è lontano perché sta a settanta chilometri da te, capisco ed è anche un motivo per considerarla una verità. Però, senza che io te lo dica, tu stesso, consapevole che possa apparire come una bugia, mi aggiungi altri 18 motivi con Clara e lontano, allora lascia perdere, smetto anche di leggere. Altro che lontano, tu Clara ce l’hai dentro. Diciannove volte è un’ossessione”, le dico.
“Ahahahah, tu sei davvero matto! Ma non è che sei invidioso di lui?”, e ride ancora. Stavolta senza coprirsi la bocca.
In queste occasioni mi torna sempre in mente una cosa che mi diceva mio padre: “Più saprai far ridere una donna, più s’avvicinerà alle tue lenzuola”.
“Non lo so, ma potrebbe starci che sia invidioso di lui. Di sicuro se, come dice lui: Clara non legge per posa, ma per sete: Clara è abbastanza lontano per capire che l’ignoranza è una voragine infinita, un pozzo senza fondo… allora è più probabile che sono invidioso non di lui, ma di lei”, le dico.
“Quindi, almeno su questo, concordi che, come dice lui: Clara è abbastanza lontano”, mi dice.
“No, perché capire che l’ignoranza è un pozzo senza fine, non significa essere abbastanza lontano, ma significa essere abbastanza avanti. Per questo apprezzo l’uso che fa una mia amica degli aggettivi. Lei non sottomette due aggettivi a tutti gli usi ma, beata lei, trova sempre quelli giusti. Per questo però ci vuole talento”, le rispondo.
“Vabbè – dice tornando seria – scusami, ma ora devo andare. Il dovere mi chiama, mi dice guardando l’orologio.
Dire che le mie lenzuola erano lontano già sarebbe illudersi, in realtà erano proprio altrove dai suoi pensieri.
L’accompagno alla porta. Ci salutiamo. Esce.
“Ah, scusa”, dice tornando indietro solo per darmi un bacio sulla guancia e aggiungere “grazie.”
Mio padre diceva che… lasciamo perdere, tanto non ci prendeva sempre.
Buongiorno 🙂
Tu non immagini quale piacere sia per me leggere “questo” Arienpassant, quello che ho amato da subito e apprezzato sempre più nel tempo. Inoltre in questa pagina ritrovo il tuo ragionare “contorto” ma senza il torto di voler spaccare il capello in quattro, quella è un’altra cosa. No, tu sei fatto così, ti viene naturale interrogarti su ogni questione, fino a vederne il fondo (ti rendi conto che ti sto facendo le pulci, vero?). Aggiungo, ma solo per ripetermi: i dialoghi sono il tuo forte, uno li legge e pensa di essere seduto accanto ai due che stanno conversando (in genere si tratta di dialoghi innervati di leggerezza intelligente, mai che uno dei “duellanti” pontifichi, solo stuzzica, questo sì).
Non mi cimenterò con la differenza che passa tra lontano-vicino-altrove e non perché mi manchino gli aggettivi 😉 È che preferisco tenermi le suggestioni che mi arrivano dal tuo ragionare (dissertare?), e poi conoscendomi finirei con l’essere didattica o peggio didascalica, giacché io sono “altrove” e la terra (il raziocinio) mi si addice poco, mentre entro in comunione piena con gli alberi e i profumi della natura (ho divagato, colpa tua, ovviamente).
P.S. Sinigaglia si è detto orgoglioso di aver ispirato una pagina così bella. Per curiosità chiede dei tempi di gestazione.
Spero che il primo commento sia andato in moderazione, mica saprei riscriverlo tutto così bello articolato :)))
n.b. da qualche parte, nel tuo post, manca uno spazio a separare due parole, ma non riesco a ritrovarlo 🙂
ok, vedo adesso che “Il tuo commento è in attesa di moderazione.”
Buongiorno.
Ben sapendo che quel p.s. è una curiosità tua 🙂 è un piacere per me raccontarti della gestazione di questo post che, come sai e come tanti altri, non nasce lontano, ma vicino (foto compresa, anche se girata). In realtà, nasce da un “fanculo” ovvero da questa tua frase:
“E il piacere che ne traggo, in una sorta di compiacimento solipsistico”
Dopo aver letto il tuo post, infatti, andai su google e digitai: “solipsistico”. E google, mi rispose testualmente e velocissimo come fa lui:
“Proprio del solipsismo”
Da qui il mio “vaffanculo” a google ed approfondii. Motivo per il quale dico a Clara che concordo sul fatto che l’ignoranza è un pozzo senza fine. Non le ho detto, però, che il mio è ancora più profondo 🙂
Il tuo p.s. però mi ha colpito perché su questo post ci ho lavorato davvero parecchio, non in termini di tempo (tre ore), ma di fatica perché, onestamente, c’era poco da discutere su Sinigaglia. Come insistere a depilare una pesca è voler cercare davvero il pelo nell’uovo e se non lo trovi ce lo metti apposta :))
Alla fine però, rileggendolo per renderlo meno tortuoso, mi sono convinto che ho ragione io :))) Scherzooooo 🙂
La domanda sulla gestazione però mi ha davvero sorpreso. Mi conosci più di quanto potessi immaginare.
Buon pomeriggio.
p.s.: trovato il mancato spazio. Grazie 🙂
Sincerità per sincerità, fino a 48 ore fa non conoscevo il significato di “latebre”…quindi, benché non possa essere di consolazione per nessuno, provare a cercare il pozzo dell’ignoranza più profondo sarebbe fatica sprecata, ogni record viene polverizzato il secondo dopo. Quanto alla tua fatica, ammesso che tu non mi stia prendendo in giro, è stato facile arguire che ci fosse stata. Non era un argomentare “piano” il tuo, non ti è congeniale (ma questo ce lo siamo già detto). Inoltre sapevi che sarei passata, potevi forse offrirmi un drink “liscio”? ovviamente no. Ti sei risolto per un gin tonic con qualche ingrediente segreto per darmi filo da torcere :))
buon pomeriggio
un drink “liscio”= un drink analcolico
“Quanto alla tua fatica, ammesso che tu non mi stia prendendo in giro, è stato facile arguire che ci fosse stata.”
Eheh primo, non ti prenderei mai in giro, e quando ti do l’impressione di adularti è solo come regalarti un mazzo di rose laddove per te una sola già avrebbe lo stesso effetto, anzi, sempre per come sei, comprendo che il mazzo possa far sorgere il dubbio dell’adulazione.
Secondo, che sia stato facile per te arguirlo significa che mi conosci più di quanto io pensi.
p.s.: lo so che con le rose, “fascio” sarebbe più elegante di “mazzo” ma le rose più belle sono rosse e non si abbinerebbero col “fascio” :))
Buongiorno.
“lo so che con le rose, “fascio” sarebbe più elegante di “mazzo” ma le rose più belle sono rosse e non si abbinerebbero col “fascio” :))”
queste sono sottigliezze non di poco conto :))
comunque, è da qualche giorno che ci diciamo cose belle, e forse ce le meritiamo. Si esagera un po’ a volte (tu nei miei riguardi, non il contrario), ma non sta scritto da nessuna parte che essere su di giri sia peccato. Sarà che settembre ci è congeniale 😉
Buona domenica
“è da qualche giorno che ci diciamo cose belle, e forse ce le meritiamo”
io me le merito di sicuro, tu non lo so :)))