Stregami, ma di baci saziami

Sinceramente non lo so se questo è un pot-pourri, ma poco conta. Lo spunto l’ho preso da qui.

Quando sentivo la parola Sicilia dovevo subito pronunciare sottovoce, o almeno pensare a alta voce, le parole: triquetra insula. Era la definizione offerta nel mio primo libro di esercizi latini, prima media, capitolo sulla prima declinazione. La Sicilia, l’isola triangolare.

Senza sbagliare accenti, anche perché pur senza saperlo, verrebbe più spontaneo dire “triquètra” che “trìquetra”, a me veniva altrettanto d’istinto pensare alla Sicilia come trinacria. Mi sembrava più familiare.
Erano questi i pensieri che scongelavo oziosamente mentre fissavo le lame agli scarponi per il piacere di pattinare un po’ sul lago ghiacciato e anche per quella sensazione di sentirmi pungere il palato dall’aria gelida che lasciavo entrarmi in bocca.

In assenza di occhi umani, la catasta di uccelli precipitati sul ghiaccio non suscita nessuno stupore.

Certo, in assenza di occhi umani, non c’è solo assenza di stupore (umano) e, quindi, non può esserci neanche un Romanzo senza umani. Altrimenti, sarebbe stato più logico intitolarlo: “Romanzo con un solo umano” ovvero colui che vede e racconta a modo suo quello che vede. Del resto è così che si fa la storia e, in questo caso, sarebbe la storia di un solo testimone. Se, invece, fossero 10 i testimoni (umani) e ciascuno scrivesse il proprio romanzo, avremmo non una ma 10 storie. Come oggi, malgrado l’apparenza, non abbiamo una sola storia quindi, com’è ovvio, abbiamo circa 8 miliardi di storie e sarebbe più corretto definirle versioni dei fatti o testimonianze. Poi, se tutt’e 10 i testimoni, anziché scrivere ciascuno il proprio romanzo, delegassero ad uno solo di essi di scrivere il romanzo raccontando quello che hanno visto, dovrebbero accettare come veritiero, anche se non può esserlo, che quel romanzo sia la verità. Ne più, né meno di quello che accade con la Storia che troviamo scritta nei libri che mettiamo nello zainetto da quando iniziamo ad andare a scuola. Quei libri che, al di là delle puttanate che raccontano, pisciano sempre e solo sangue masturbando, per interesse di parte, proprio la verità su chi ne sia responsabile.

Smetto di pattinare e, tolte le lame agli scarponi, torno a casa. Entrando ripenso a quello che ha detto:

Il disordine che trovo al mattino mi ricorda che non sono più sola. Amanda è tornata

Nulla di nuovo. Di per sé, la vita non è complicata, ma siamo noi a complicarla e la convivenza, quando diventa intolleranza, magari reciproca, è una delle cose che la complica di più, soprattutto quando diventa patologica. Come pensare che essa sta modificando anche le nostre percezioni o sta gravando sui nostri sensi rendendoci addirittura il sonno più leggero. Neanche ci accorgiamo che, invece, sta diventando una vera e propria guerra di nervi. L’altra diventa sempre più una nemica e noi, per difenderci aguzziamo i sensi. A cominciare dall’udito. Dall’ascolto passiamo allo spionaggio. Dormiamo meno e peggio. Magari, quella che consideriamo una nemica, neanche ci caga. Del resto “Amanda è tornata” è una frase che, presa da sola, potrebbe esprimere felicità. Invece con Amanda tornerebbe anche il suo disordine. E se, invece, fosse intolleranza? In fondo, al contrario, potremmo chiederci se anche il nostro ordine non potrebbe essere altrettanto intollerabile per Amanda. Sempreché, sempre per Amanda, non sia addirittura maniacale. Del resto, io stesso, anche se preferisco l’ordine al disordine, non posso negare che solo un superficiale possa affermare quella puttanata che universalmente viene riassunta come una grande verità: “l’ordine è intelligente perché fa risparmiare tempo”.
Peccato che chi l’ha detta per primo era un baro perché se è vero che l’ordine ti fa trovare le tue mutande in un minuto, è altrettanto vero che nel disordine ci impiegheresti almeno il doppio del tempo.
“Quindi chi l’ha detto non è un baro!”
“E invece lo è perché se nell’ordine impieghi un minuto a cercare le tue mutande e nel disordine ne impieghi due, sembra che l’ordine vinca. Se però, come fanno tutti, al minuto che impieghi per trovare le tue mutande dimentichi di aggiungerci anche il tempo che impieghi per metterle in ordine, vedi che l’ordine ed il disordine sono la stessa cosa. In termini matematici, solo se hai un guardaroba esagerato l’ordine sarà veramente vantaggioso.”
Chiudendomi la porta alle spalle, penso che, in fondo, un po’ di disordine nella vita ci possa anche stare.
Certo, parlo di qualcuno o qualcosa che ti spettini la vita ogni tanto, non certo di qualcuno o, soprattutto, qualcosa che te la stravolga.

Ottobre 1945. L’anno scolastico inizia in ritardo. È il primo dell’Italia liberata e non è semplice ripartire dalle macerie.

Appunto, io mi riferivo a cose meno orrende della guerra. A cose che, male che vada, non ti toccherà ripartire dalle macerie per Aggiustare l’universo. Che poi, visto che non siamo all’altezza nemmeno di aggiustare una convivenza, non montiamoci la testa. Aggiustare l’universo? Ma chi? Proprio noi?
Mi viene da scompisciarmi. Vuoi vedere che ‘sta faccenda del darci da fare per intervenire sul cambiamento climatico l’abbiamo presa davvero sul serio? No, non sto sottovalutandola. Al contrario, provo solo un profondo senso di pena per i G20 che davvero ci credono in quella G che li identificherebbe come Grandi. Con un poco di umiltà, sarebbe molto meglio se cambiassero quella sigla in C20. Altro che Grandi, visto che vorrebbero risistemare il clima entro i prossimi vent’anni laddove, solo negli ultimi 75 anni sono stati capaci solo di mettere a ferro e fuoco un intero pianeta senza venirne a capo. Vogliono trovare una soluzione al cambiamento climatico ma, intanto, non trovano due-candidati-due che siano quantomeno presentabili al ruolo di Presidente degli USA. Ma, per favore. Qua nel 2024 d.C., stiamo ancora a riempire gli arsenali di armi, non riusciamo a far funzionare un Pronto Soccorso, non siamo nemmeno capaci di mettere d’accordo Amanda e la sorella e parliamo di aggiustare l’Universo?

Luigi no, diceva che l’acqua era fredda. Anche se non era vero. Semplicemente, preferiva ascoltare le chiacchiere seduto ai tavoli del bar del porto.

Non male, concordo. Molto meglio le chiacchiere ai tavoli del bar del porto perché quelli sono i posti dove incontri l’umanità, la realtà vera e non quella dei set dei G20 dove grazie agli chef stellati si mangerà anche bene, ma restano luoghi lugubri e cimiteri di ogni verità.

Dentro i banchi dei commercianti con furia si accelerano i movimenti, per servire tutti il prima possibile. C’è una danza lì dentro, con persone a loro volta in massa, che devono prevenire le traiettorie dei movimenti uno dell’altra, una dell’altro. Qui per esempio si vendono carni: di pollo, di agnello, di coniglio.

Da un mercato all’altro.
Al mercato di Rafah. Quello dove la massa non compra, ma spera di beccare qualcosa da mangiare. Non si va là per comprare perché il cibo viene distribuito a gratis ma, come tante cose, è solo apparenza. Là, assurdo a crederci, il cibo ha il prezzo più alto che si possa immaginare ovvero il prezzo della propria vita. Anche là la gente deve prevenire le traiettorie, non quelle dell’altra gente, ma quelle delle granate e dei proiettili. E se l’altro è un mercato di carni di pollo, di agnello, di coniglio, quello di Rafah tratta altre carni. Comunque da macello.

Stregami, ma di baci saziamiultima modifica: 2024-07-05T00:19:34+02:00da arienpassant

2 pensieri riguardo “Stregami, ma di baci saziami”

  1. Solo tu potevi creare un filo conduttore per un pot-pourri del genere, e senza volerlo ne hai fatto un saggio con rimandi alla stretta attualità. Bello il finale “E se l’altro è un mercato di carni di pollo, di agnello, di coniglio, quello di Rafah tratta altre carni. Comunque da macello.” Dispiace solo sia maledettamente reale. Fuori gara.

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