Oggi, in quel periodo natalizio che, fra l’altro, ci regala anche il traffico dei fancazzisti, ero dietro ad un Porter. Quei camion in miniatura che sembrano usciti da un negozio di giocattoli. Era carico di sacchi di cemento, tubi in ferro, sabbia ed attrezzi vari. Piccolo così, mi faceva tenerezza. Facendo strada assieme, gli ho chiesto cosa volesse fare da grande. Mi ha risposto, voglio diventare un Tir. Ho sorriso.
“Dovresti andare a scuola invece. Non ti piace?”, gli ho chiesto.
“Mi piacerebbe – ha risposto – così come mi piace guardare avanti. Guardare il cielo e l’orizzonte ma, proprio guardando l’orizzonte, preferisco stare con le ruote ben piantate a terra: meglio avere un futuro sicuro che pieno di prospettive precarie”. Mi ha stupito. Così piccolo e già così maturo. I ragazzini con gli zainetti, passavano, lo guardavano e ridevano. Finalmente il trenino nel quale eravamo incanalati si è mosso. Guardando quel sogno che era più grande di lui, l’ho sorpassato e l’ho salutato dicendogli: “coltiva il tuo sogno. Sei in gamba, ce la farai. Ciao”. Un colpetto reciproco di clacson e via.
Avrei dovuto chiamare il 113 per denunciare lo sfruttamento di lavoro minorile, ma non so se gli avrei fatto un favore. Forse gli avrei tarpato le ali. E non l’ho fatto aggiungendo così un altro punto interrogativo, un’altra domanda senza risposta da accodare alle altre.
Quel poter cambiare un destino, ma non lo fai perché che cazzo ne sai?
“Dovresti andare a scuola invece. Non ti piace?”, gli ho chiesto.
“Mi piacerebbe – ha risposto – così come mi piace guardare avanti. Guardare il cielo e l’orizzonte ma, proprio guardando l’orizzonte, preferisco stare con le ruote ben piantate a terra: meglio avere un futuro sicuro che pieno di prospettive precarie”. Mi ha stupito. Così piccolo e già così maturo. I ragazzini con gli zainetti, passavano, lo guardavano e ridevano. Finalmente il trenino nel quale eravamo incanalati si è mosso. Guardando quel sogno che era più grande di lui, l’ho sorpassato e l’ho salutato dicendogli: “coltiva il tuo sogno. Sei in gamba, ce la farai. Ciao”. Un colpetto reciproco di clacson e via.
Avrei dovuto chiamare il 113 per denunciare lo sfruttamento di lavoro minorile, ma non so se gli avrei fatto un favore. Forse gli avrei tarpato le ali. E non l’ho fatto aggiungendo così un altro punto interrogativo, un’altra domanda senza risposta da accodare alle altre.
Quel poter cambiare un destino, ma non lo fai perché che cazzo ne sai?
Porterultima modifica: 2018-12-19T16:34:04+01:00da
Innanzitutto lasciami dire che questo racconto fa sorridere di tenerezza; detto ciò, desiderare di cambiare il destino altrui è un azzardo troppo grande; direi sia preferibile tendere una mano, sondare il terreno e restare in ascolto: se l’altro è aperto a nuove possibilità possiamo fare del nostro meglio perché sopraggiunga il meglio per la persona che in quel momento ci sta a cuore. Ma, per concludere, il destino è destino…
e che rispondo? Apprezzo solo tutto quanto hai detto.
Lasciarti senza parole è una sorpresa (detto con simpatia) 🙂
“Tempo di post d’amore e l’amore è osservare senza pregiudizi”. ps :per il conto grazie Arien, anche io posso dedicarti un post d’amore scientifico eh!
Come ti trasformo un automobilista imbranato in una bella metafora di vita. Bel colpo!
Serene feste, sereno blog dY<3
E=mC²
🙂
troppo scientifico, mi destabilizzi 🙂
eh sì, per uno che parla tanto 🙂
ad averlo saputo ti dedicavo “cinque passi Zen”_^
Sono riuscita a modificare qualcosa nel mio 2° blog e ho visto i commenti ‘moderati’ che non avevo pubblicato, incluso il tuo. Ora lo so. Chiedo venia
Bene hai fatto a non tarpargli le ali. Crescerà e migliorerà la sua posizione.
Un racconto di fantasia che si immerge nella realtà di tutti in giorni. Bello 🙂
Hai mai pensato di scrivere favole? 🙂
Ho commentato ed è sparito. Moderazione?
è quello che faccio di tanto in tanto nei miei post 🙂
no, non faccio uso della moderazione. Sarà stata colpa del browser.