In effetti, a scuola, nemmeno gli piaceva la Storia. Lui aveva sempre lo sguardo rivolto verso il futuro. Anche in treno si sedeva sempre dal lato del finestrino che guardava avanti, quello dove il futuro ti viene incontro. Quello dove vedi le cose arrivare. Non il finestrino dove guardi il paesaggio passato e non quello a venire. Alla Storia preferiva la geografia e, proprio attraverso questa, si trovò a dover capire la Storia. Da quella geografia che cambiava continuamente confini e nomi, a cominciare da quell’Impero Romano la cui megalomania li aveva portati a stare sul cazzo a mezzo mondo, anzi ben più di mezzo. Alla fine, le sberle che avevano dato gli sono state restituite con interessi ben più grossi dei profitti. Chissà quanta autonomia avrebbe avuto ancora il loro passato – quello artistico ovviamente, perché il resto era tutto da dimenticare – prima che si esaurissero del tutto quelle poche briciole di dignità lasciandoci con quello che siamo diventati.
Erano i suoi pensieri di qualche sera prima, quella del suo onomastico, intanto che arrivassero un po’ di amici e, fra essi, lei. Quella che gli regalò la Dionaea muscipula, una piantina carnivora. Più che la Dionaea lo sorprese il biglietto: “perché ci siamo noi in questa pianta.”
Qualche mese; tre, forse quattro. Altalenanti. Quelle cose che, come la sabbia fra le dita, stringi stringi, dopo, si può tranquillamente restare amici perché, tranne granelli sparsi, non c’è altro.
“Perché ci siamo noi in questa pianta?”
“Perché una pianta carnivora non è né carne, né pesce.”
“Questo eravamo?”
“Cos’altro?”
“Ci abbiamo provato, però”, disse senza badare che continuava a piegare il biglietto. Sempre più a metà.
“Già…”, gli rispose abbassando gli occhi su quel biglietto ridotto a straccetto, “… ci abbiamo provato.”
Prima di andar via, gli suggerì di non farle mai mancare l’acqua sul fondo, “facci attenzione”, disse.
Erano i suoi pensieri di qualche sera prima, quella del suo onomastico, intanto che arrivassero un po’ di amici e, fra essi, lei. Quella che gli regalò la Dionaea muscipula, una piantina carnivora. Più che la Dionaea lo sorprese il biglietto: “perché ci siamo noi in questa pianta.”
Qualche mese; tre, forse quattro. Altalenanti. Quelle cose che, come la sabbia fra le dita, stringi stringi, dopo, si può tranquillamente restare amici perché, tranne granelli sparsi, non c’è altro.
“Perché ci siamo noi in questa pianta?”
“Perché una pianta carnivora non è né carne, né pesce.”
“Questo eravamo?”
“Cos’altro?”
“Ci abbiamo provato, però”, disse senza badare che continuava a piegare il biglietto. Sempre più a metà.
“Già…”, gli rispose abbassando gli occhi su quel biglietto ridotto a straccetto, “… ci abbiamo provato.”
Prima di andar via, gli suggerì di non farle mai mancare l’acqua sul fondo, “facci attenzione”, disse.