ART IS AN ATTITUDE

Giuditta, che sedusse Oloferne per vendetta


Artemisia dipinge con cura il letto, che è l’unico arredo della scena. Sa che è questo il luogo dove si incontrano e si scontrano gli uomini e le donne, dove talvolta le donne soccombono, come è successo a lei in un pomeriggio di pioggia, quella pioggia romana primaverile che copre il mondo di polvere e di una illusoria oscurità. Così, nella tela, il letto in cui giace sopraffatto Oloferne non è un semplice giaciglio, ma un luogo primordiale dove la passione che unisce i corpi può torcersi, come un lenzuolo sgualcito, nella distruzione che gli separa. Il rapporto tra Giuditta e Oloferne è ambiguo, erotico e crudele. L’uomo ha invitato la donna vicino a quel letto per coinvolgerla in un rito sessuale, lei lo asseconda solo per trasformarlo in un rito funebre. Giuditta è eroina della vendetta ma anche della seduzione, fino all’immagine fascinatrice e minacciosa che ne fece Gustav Klimt all’inizio del Novecento. Lo sfondo nero, nel quadro di Artemisia, non è un semplice notturno ma un buio più profondo, un’oscurità che viene dall’anima e dall’inconscio stesso delle tre figure rappresentate. È il buio dei sogni, dove il desiderio allestisce i suoi fantasmi. La tela è stretta, forse in anni successivi alla sua realizzazione è stata tagliata, ma indipendentemente dalle dimensioni tutto è concentrato in un claustrofobico primo piano onirico: dai sogni, e dagli incubi, non si può sfuggire”.

tratto da Le disobbedienti di Elisabetta Rasy

"dai sogni, e dagli incubi, non si può sfuggire".

Posto che la totalità di senso è altro da sé, si può tentare di comprendere l'incubo perché anche l'in-sensato, sebbene in parte, è retrospettivamente accessibile.

dall'alto:

Artemisia Gentileschi, Giuditta che decapita Oloferne

Gustav Klimt, Giuditta