Tutto sulle donne (e sulla fotografa che le rese immortali)

Alla Casa-Museo Villa Bassi di Abano Terme sono in mostra gli scatti di Eve Arnold che contese a Inge Morath il primato di prima fotografa dell’agenzia Magnum. Che si tratti della divina Marylin, dell’iconica Dietrich o delle donne afroamericane del ghetto di Harlem, il fascino attraversa trasversalmente la meraviglia di questi scatti, riuniti da un  titolo eloquente Tutto sulle donne.

«Paradossalmente penso che il fotografo debba essere un dilettante nel cuore, qualcuno che ama il mestiere. Deve avere una costituzione sana, uno stomaco forte, una volontà distinta, riflessi pronti e un senso di avventura. Ed essere pronto a correre dei rischi». Eve Arnold

(La bellezza non appartiene a nessuno, neanche a chi sa riprodurla magistralmente).

Così la ricorda Simonetta Agnello Hornby:

La conobbi per caso all’inizio degli anni ottanta, a un buffet in onore di un attore di Los Angeles, nella casa londinese di Andrea Tana, la pittrice americana. Mi presentarono a una vecchietta magrissima, con i capelli raccolti in uno chignon, e in completo pantalone nero con camicetta bianca. Mi sembrò insignificante, tanto che ne dimenticai subito il nome. La conversazione era animata, rumorosa. Lei ascoltava, intensa. I suoi occhi orientaleggianti guizzavano da un capo all’altro della stanza; mi intrigavano. Poi la vecchietta parlò: la voce bassa era lentissima. E si fece silenzio. Quella donna dominava tutti. I suoi occhi clementi eppure penetranti offrivano un continuo commento a quello che gli altri dicevano. Mi resi conto che era elegantissima – per anni è stata annoverata tra le dieci donne più eleganti d’America – e che il ciondolo vistoso della collana africana attorno al collo era il perfetto complemento della sua mise. Percepivo che possedeva una straordinaria energia. Volevo, dovevo conoscerla. Riuscii a sedermi accanto a lei, e parlammo. Fu un colpo di fulmine.

L’indomani chiamai Andrea per ringraziarla. “Dimmi di quell’anziana in nero”, le chiesi, con fare noncurante. “È Eve Arnold.” Un pizzico di irritazione nella voce. “Ah, e che fa?”, Andrea era insofferente. “È Eve Arnold, te l’ho detto, la fotografa.” “E che fotografie fa?” “È la famosa fotografa di Magnum.” So intuire quando la mia ignoranza sta oltrepassando i limiti della sopportazione altrui e posi fine alla conversazione, con un “mi piacerebbe incontrarla di nuovo”. Quella sera Eve mi telefonò. Aveva chiesto il mio numero ad Andrea. Da lì nacque una grande amicizia. Ci siamo frequentate assiduamente nelle rispettive case, insieme abbiamo visitato mostre e musei e, per i dieci anni da lei vissuti in una casa di riposo, a Pimlico, insieme abbiamo trascorso molti Natali, noi due sole o con la famiglia di Frank, il suo unico figlio. Non ci siamo mai annoiate. Anche quando stava male e le era difficile comunicare verbalmente, quegli occhi a mandorla dalle palpebre pesanti riuscivano a dire tanto. Parlava a ruota libera e con modestia del suo lavoro e delle persone che aveva fotografato: primi ministri, attori, personaggi politici, scienziati.

Senza compiacimento. Preferiva raccontare degli incontri con la gente comune, i ragazzini dell’Avana, le donne dell’harem in Arabia, i bambini di strada, gli anziani. Le piaceva fotografare mani e piedi e dopo una sessione fotografica, chiedeva il permesso di farlo. Ne è uscito un libro bellissimo, qualche anno fa. Soprattutto Eve amava parlare di progetti futuri, di nuove iniziative, e di ciò che avrebbe voluto fare dell’enorme archivio costruito in mezzo secolo di lavoro. Fin dall’inizio della carriera era conscia delle proprie abilità e dunque conservava e catalogava tutto, proprio tutto, dai negativi ai taccuini, agli schizzi, alle annotazioni sui luoghi e sulla gente che incontrava, dai biglietti alle carte geografiche. Sapeva che avrebbe scritto dei libri dedicati alle sue esperienze. Quando una particolare conversazione era “degna di essere ricordata” lei la memorizzava e non appena poteva fingeva di dover andare in bagno per scrivere quanto detto sul suo inseparabile taccuino. Tutto, parola per parola. Eve voleva aiutare gli studenti di fotografia mettendo a loro disposizione il suo archivio e per questo intendeva venderlo a una università. E scelse Yale. “So che avrei potuto venderlo a sezioni spuntando maggiori guadagni. O a un privato. Mi sembrava però doveroso metterlo a disposizione degli studenti. Gratis”.

Tutto sulle donne (e sulla fotografa che le rese immortali)ultima modifica: 2019-06-04T13:14:46+02:00da hyponoia