ART IS AN ATTITUDE

Le città di carta


"Un merlo si posa sul davanzale dove Emily ha sparso delle molliche di pane. La sua pancia somiglia a una di quelle arance miracolose che gonfiano le calze appese al camino la vigilia di Natale.

Manda giù un pezzetto di pane e poi, con una serie di trilli, si lancia in lunghi racconti da volatile. Parlano di vermetti, di un’uccellina volubile, di una corona di uova color verde acqua, uno dei quali è misteriosamente scomparso. Emily lo ascolta, fremente, con la testa china di lato e gli occhi che le brillano. Prende una mollica anche lei, tra il pollice e l’indice, e la porta alle labbra. È il suo pasto preferito della giornata. 

Quando cade in fallo, si tratta sempre dello stesso peccato: la gola. È lei a spingerla a rubacchiare una fetta della crostata che si raffredda in cucina, o a sottrarre il volume proibito che riposa su una delle mensole dello studio di Padre. Madre non si lascia ingannare, e la punisce sempre nella stessa maniera, chiudendola da sola in una stanza senza nessuna delle distrazioni vòlte a divertire i bambini. Non vede che, quando la punizione finisce, sua figlia ne esce sempre malvolentieri. Bisogna conoscerla proprio male, Emily Dickinson, per pensare di infliggerle un castigo rinchiudendola nel silenzio, sola con i suoi pensieri.

Se riuscisse a trascorrere una giornata, una sola, senza marachelle, senza brutte azioni né pensieri cattivi, la sua intera vita sarebbe riscattata da quell’unico giorno perfetto. Ma le cose non stanno così: Emily non è certa di voler fare la brava. Le margherite non fanno le brave, non più delle otarde che passano nel cielo formando una V. Le margherite fanno di meglio: sono selvatiche come la senape, spontanee e cattive come l’erba.

Il giardino freme dei mormorii dei fiori. Una viola è sconvolta di essere tanto sgualcita. Un’altra si lamenta perché i grandi girasoli le fanno ombra. Un’altra ancora sbircia i petali della vicina. Due peonie complottano sul modo di allontanare le formiche. Un giglio lungo e pallido sente freddo ai piedi, la terra è troppo umida. Le rose, poi, ..."

Dominique Fortier, Le città di carta

Pagine come queste, destinate agli adulti, potrebbero essere proposte con tranquillità ai bambini. Servirebbe però un adulto in grado di guidarli a intravedere la bellezza delle parole o a coglierla, come si trattasse di una magia, nell'infinitesimale sospensione temporale imposta da un punto. Se ne gioverebbero quei piccoli lettori. E dopo, a tempo debito, l'adulto racconterebbe loro della poesia immortale di Emily Dickinson:

Natura è tutto ciò che noi vediamo: il colle, il pomeriggio, lo scoiattolo, l’eclissi, il calabrone. O meglio, la natura è il paradiso. Natura è tutto ciò che noi udiamo: il bobolink, il mare, il tuono, il grillo. O meglio, la natura è armonia. Natura è tutto quello che sappiamo senza avere la capacità di dirlo, tanto impotente è la nostra sapienza a confronto della sua semplicità. L’erba ha così poche occupazioni un mondo di semplice verde con solo farfalle su cui meditare e api da ospitare non ha da fare altro che cullarsi tutto il giorno ai suoni melodiosi che le brezze portano leggere e accogliere in grembo la luce e inchinarsi ad ogni cosa e infilare le gocce di rugiada come perle, per tutta la notte e diventare così raffinata che una duchessa invano attenderebbe da lei un invito, un saluto, un’attenzione. E quando muore, non fa che trapassare in odori divini come umili spezie addormentate o nardi che si spengono per poi finire in supremi fienili e sognare tutti i giorni. L’erba ha così poche occupazioni mi piacerebbe tanto essere fieno.