ART IS AN ATTITUDE

In filigrana


Gustav Klimt, Melo

Addio

"Il giorno in cui arrivò la sua ultima lettera – una cartolina infilata in una busta – dopo una notte quasi insonne, al mattino rimasi a lungo alla finestra a fissare il melo nel giardino davanti casa, che cominciava a fiorire. Questi tre o quattro giorni dell’anno, nonostante la pioggia frequente, sono tra i più preziosi. Mentre si guarda con malcontento a un mondo svigorito, il vecchio albero spinge con perseveranza un fiore dopo l’altro fuori dal suo corpo mutilato. Ogni anno prego che conservi questa capacità di sopportare la sofferenza, perché è evidente quanta fatica gli costi fare finta ancora una volta di poter competere con tutte le boriose giovani piante che nei giardini vicini sono in piena fioritura.

Si levò un vento leggero che con mano lieve gettò in alto una parte delle foglie del melo e verso il basso l’altra, prima che tutte schizzassero di nuovo nella posizione di partenza. Come se si allenassero, pensai, per rafforzare l’elasticità dei piccioli. Da quando si diceva che le api correvano il rischio di venire sterminate da un virus sconosciuto, guardavo ogni mattina se mi facevano l’onore, come ultimo atto della loro vita terrena, di operare nel mio albero. Ma non si vedevano ancora, la concorrenza le attirava di più. Erano evidenti soltanto le conseguenze di quel vento bizzarro che riusciva a girare le foglie in direzioni differenti come se dovessero applaudire i suoi strani capricci. Mi ero ripromesso già tante volte di potare l’albero perché tra i suoi rami curvi c’era molto legno secco e altri rami stavano morendo, ogni volta però avevo deciso di rimandare ancora di un anno. Da dove venisse lo scrupolo a toccare quel vecchissimo albero evidentemente rachitico era oggetto di un lungo dibattito con me stesso quando lo osservavo la mattina. Profondo rispetto, vergogna di modellare cose sacre secondo le proprie fantasie – e cosa poteva esserci di più sacro di un albero in fiore – oppure solo pigrizia o, peggio, indifferenza, perché in realtà l’albero aveva bisogno di essere potato con urgenza. Negli ultimi anni non ho mai colto una mela, ma mi sono accontentato di raccogliere quelle che erano nell’erba e dato che l’albero è così vecchio e scontroso ed esausto, alla fine dell’estate quasi tutte le mele finiscono lì. Soltanto alcune restano attaccate al ramo, proprio quelle nella corona e quindi facilmente raggiungibili dagli uccelli che però, a quanto pare, le disdegnano e così qualcuna ha l’ambizione di trascorrere tutto l’inverno tra i propri rami. Le mie mele non sono molto buone, hanno poco succo e poco zucchero, qualche volta gli do un morso sbadato per non lasciarle lì per terra, poi le getto via con un rimorso di coscienza."

Michael Krüger, Il dio dietro la finestra

Comparando. E per una volta i due termini di paragone si equivalgono.

"A intervalli simmetrici, nell’inimitabile ornato delle loro foglie che è impossibile confondere con quelle di qualsiasi altro albero da frutta, i meli aprivano i loro larghi petali di raso bianco o lasciavano pendere i timidi mazzolini dei loro boccioli rosseggianti. È dalla parte di Méséglise che ho notato per la prima volta l’ombra rotonda proiettata dai meli sulla terra soleggiata, e anche quelle sete d’oro impalpabile che il tramonto tesse obliquamente sotto le foglie, e che io vedevo interrotte, senza mai essere deviate, dal bastone di mio padre."

Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto

Dedicato. Ancora mi chiedo attraverso quale criterio riuscisti a descrivere il mio giardino. In che modo pervenisti a dare voce e forma ad alberi e piante che non avevi mai visto. L'invisibile e l'inudibile convertiti in un paragrafo di cui non resta traccia. Ma che ho sottratto per tempo alla spietatezza del qui e ora accogliendolo in un respiro.