Monet, o dell’imponderabilità di un giardino

Pont japonais dans les jardins de Giverny

Scrive Chiara Gatti:

Quando, fra i campi coltivati a orzo e frumento di Giverny, piccolo comune rurale al confine fra Île-de-France e Normandia, cominciò a fiorire il giardino di Claude Monet (1840-1926), i contadini del posto gli chiesero sbigottiti come potesse sprecare tanto terreno per piantare peonie e campanule, invece degli ortaggi. Il pittore parigino, ormai cinquantenne e riconosciuto come un maestro, cercò di spiegare loro che in quel modo coltivava la bellezza e che quei fiori, per lui, non erano solo un «piacere per gli occhi, ma motivi da dipingere». “Inventò”, così, il paesaggio intimo dei suoi quadri. I locali gli diedero del matto. Lui si chiuse il cancello alle spalle e si rimise a potare i glicini.

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Appartengono a tempi ormai lontani quelle rimostranze contadine. Ora è normale che qualcuno pianti fiori, alberi e siepi per amore del bello. Non interessa la rendita, ma si mira a fare del proprio giardino una fruizione estatica. E pazienza se, come fu per me, un angolo s’ostinerà a restare segreto: nell’invisibile dimorano le ombre, e se vuoi che Ulisse torni a Itaca devi fare finta di niente.

Claude Monet's garden at Giverny

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Casa e giardini di Monet a Giverny: 20 opinioni e 285 foto