Zero Gravity

Dicono che Zero Gravity sia un libro bellissimo, quasi imperdibile. E io ci credo perché Woody Allen è intelligente e divertente, e lo dimostra per l’ennesima volta a partire dalla dedica che apre il suo ultimo libro:

A Manzie e Bechet,

le nostre due adorabili figlie,

che sono cresciute davanti ai nostri occhi

usando le carte di credito alle nostre spalle.

E ovviamente a Soon-Yi,

se Bram Stoker ti avesse conosciuta,

avrebbe saputo come scrivere un sequel“.

 

Zero Gravity è una raccolta di racconti, alcuni dei quali apparsi sul “New Yorker” tra il 2008 e il 2013, mentre dieci sono inediti. A seguire un estratto dal racconto Non puoi tornare a casa, e ti spiego perché.

“Chiunque abbia gettato un fiammifero acceso nella stiva di una nave carica di munizioni può confermare che da un gesto insignificante possono scatenarsi decine di migliaia di decibel. Di fatto, per innescare lo tsunami che ha travolto la mia vita poche settimana fa è bastato un sintetico bigliettino fatto scivolare sotto la porta di casa nostra. La missiva fatale annunciava che una produzione hollywoodiana in trasferta a Manhattan aveva deciso che l’esterno della nostra magione era perfetto per la baggianata di celluloide che stavano cucinando al momento e che, se l’interno fosse stato accettabile, lo avrebbero usato volentieri come locationPreoccupato com’ero per alcune fusioni a Wall Street che incidevano sui miei investimenti nelle miniere di pirite, riservai al messaggio la stessa attenzione che dedicavo ai menu dei take-away cinesi e lo destinai alla raccolta differenziata. L’evento era stato troppo insignificante per lasciare qualche traccia significativa nei neuroni che si disputavano la mia memoria finché, qualche giorno dopo, io e mia moglie eravamo intenti a grattare dai piatti la cena carbonizzata che ci aveva servito la nostra cuoca.

“Ho dimenticato di dirvi una cosa,” annunciò la piromane di origini dublinesi, spazzando la fuliggine dalla tovaglia. “Oggi, mentre eravate dal ciarlatano che vi fa il massaggio Rolfing, sono passati quelli del cinema.”

“Chi?” chiesi distrattamente.

“Hanno detto che vi avevano avvisato che sarebbero venuti a vedere la casa. È piaciuta a tutti, tranne la foto in cui c’è lei accanto ad Albert Einstein. Hanno capito subito che era un fotomontaggio.”

“Ha lasciato entrare degli sconosciuti?” la rimproverai. “Senza il mio permesso? E se fossero stati dei ladri? O dei serial killer?”

“Sta scherzando? Con quei golfini pastello?” replicò lei. “E poi, ho riconosciuto Hal Roachpaste, il regista della serie TV Charlie RoseL’ultimo enfant prodige della fabbrica dei sogni.”

“Sembra divertente,” intervenne la mia dolce metà. “Immagina la nostra casetta immortalata in un filmone da Oscar. Hanno detto chi sono gli attori?”

“Ho sentito solo che ci saranno Brad Paunch e Ambrosia Wheelbase,” squittì la nostra chef, sensibile al fascino delle star.

“Spiacenti, piccole,” decretai come un piccolo Zeus. “Non intendo ritrovarmi tra i piedi questa combriccola. Vi ha dato di volta il cervello? Ci manca solo che una mandria di mandrilli bivacchi sul nostro inestimabile Tabriz. Stiamo parlando del nostro tempio, del nostro santuario, adornato di gemme raccolte nelle principali case d’aste europee – i nostri vasi cinesi, le mie prime edizioni, le ceramiche di Delft, i mobili Luigi XVI, i ninnoli e le cianfrusaglie che colleziono da una vita. Oltre al fatto che ho bisogno di un’atmosfera di assoluta tranquillità per completare la mia monografia sul paguro Bernardo.”

 

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In questi tempi ancora più cupi, in cui un mafiosetto russo sembra determinato a scatenare caos e distruzione in tutto il pianeta, uno dei pochi rimedi affidabili alla cupezza e alla disperazione che ci è rimasto è l’umorismo. In tutte le sue varianti, da quelle più raffinate a quelle più scurrili, ci ricorda che nella vita non c’è solo l’orrore. Mai come ora, è importante far scendere in pista i clown. Allora signore e signori, ecco a voi Woody Allen”.

Così Daphne Merkin nella prefazione di Zero Gravity