Trovo interessante le critiche all’imperatore da parte della cosiddetta cancel culture, liquidate da Ferrero come “una delle tante idiozie contemporanee. È noto che fosse misogino e schiavista, come tutta l’epoca lo era, serenamente. Insomma, non si può ragionare di storia con gli occhi e i criteri etici dell’oggi. Eppure dice lo scrittore – mi sono occupato a lungo di Céline e ho avuto lo stesso problema, come far convivere il grandissimo scrittore e l’antisemita?
Con Napoleone, come far convivere lo statista geniale con il guerrafondaio che fa un milione di morti, questa aggressività sanguinaria è difficile poi da conciliare con tutto il resto. Ma lui nasce soldato, ed è sui campi di battaglia che pensa di risolvere tutto.
Detto ciò, ciò che di buono è estrapolabile dalla storia Napoleone è la sua propensione non solo a credere di poter affrontare l’impossibile ed uscirne vincente – percezione esatta delle proprie potenzialità, è Napoleone stesso a rimanere colpito da se stesso – ma di utilizzare dati – crea l’istituto di statistica- informazioni e dunque libri – la biblioteca viaggiante – e notizie, fa ogni giorno un fact fact checking molto preciso ; i suoi ragionamenti e le sue decisioni sono sempre fondate sui documenti. Uno dei lasciti su cui riflettere: il valore fondativo della conoscenza, della competenza e della professionalità.
Nella disfatta di Waterloo – conclude però Ferrero – Napoleone, che paragona ad un software con l’esercito a fare da hardware, paga tragicamente l’accentramento e l’abitudine dei suoi capi di stato maggiore a obbedire agli ordini, a non fare assolutamente nulla da soli .
In questo aspetto, Napoleone, inventore della modernità e dello stato moderno, non aveva capito il valore dell’autonomia decisionale, ma non si poteva chiedere anche di pensare uno dei principi cardine, per esempio, della Rete.
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