Pesta duro 3

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Circola l’idea che l’ecologia possa essere una modalità alternativa, ragionevole e buona del capitalismo. No. Capire cosa sia il capitalismo equivale a comprendere che questa idea è falsa, consolatoria e dannosa. Una sorta di miracolosa risistemazione tecnico-volontaristica sarebbe in grado di rendere l’impianto inevitabilmente espansivo del capitale compatibile con la salvaguardia ambientale o addirittura di promuoverla: sciocchezze.
Immaginare che l’apparato tecnico industriale abbia una cabina di pilotaggio mondiale in grado di modificare il sistema secondo il parametro virtuoso e futuro della salvaguardia ambientale contro l’imperativo immediato del profitto e della logica predatoria delle risorse è molto ingenuo. La politica, se non fosse attualmente in coma e non fosse perciò la fiancheggiatrice delle trame criminali dello Sviluppo, sarebbe il nostro progetto concreto per generare il Progresso cioè: le condizioni di un rovesciamento del paradigma culturale fondato sulla produzione e la fruizione spasmodica del superfluo; sulla pseudo libertà di intraprendere qualsiasi iniziativa privata antiecologica senza costi o con costi minimi e scaricabili sulla collettività; sull’ideologia narcisistica e competitiva che non incontra ostacoli di nessun genere ma anzi approvazione sociale. Rovesciare tutto questo (qualora la politica uscisse dal coma) non sarebbe neppure sufficiente ad evitare la trasformazione del pianeta in un deserto e in una discarica. Ci sono miliardi di esseri umani oltre l’orizzonte sempre più angusto dell’Occidente che premono per accedere allo standard di vita folle dell’americano medio, o semplicemente per sfuggire ad una miseria che coincide con la sottoproletarizzazione dell’umanità dopo la distruzione degli habitat culturali e fisici imposti dalla rapina delle risorse materiali e dai mutamenti climatici. Non è in pericolo un pianeta che è stato una sfera di fuoco, ha conosciuto estinzioni quasi totali della vita e ha un futuro stimato di quattromila milioni di anni e forse neppure il bipede che chiamano Sapiens, ma una certa dignità e qualità del vivere… poiché ratti e blatte si adattano a tutto. L’ecologia spettacolo, l’ecologia prodotto da vendere, l’ecologia ecumenica papalina, l’ecologia del capitalismo rinsavito, l’ecologia alienata, l’ecologia politicante, l’ecologia fai da te, l’ecologia da picnic e manifestazione colorata, l’ecologia minorenne e minorata perché filosoficamente povera come il raccolto africano dopo una guerra o una siccità, l’ecologia al caviale e champagne, l’ecologia del pietismo animalista, l’ecologia mistico delirante della new- age… è tutto un blaterare isterico in una piscina di petrolio e plastica. Chiunque esce dalla piscina esce dall’umano consesso della pseudo razionalità economica. E’ un folle e puzza pure di catrame.

Pesta duro 2

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Sono nati da tempo dei mostri linguistici che hanno lo scopo di togliere ossigeno al pensiero, attraverso l’uso di etichette/slogan in grado di tarpare le ali ad ogni spirito critico dipingendo sempre la dissidenza nella forma di un estremismo grottesco e ridicolo.
Ecco alcune di queste etichettature infami, vere e proprie parole d’ordine contro il dissenso, e la realtà possibile che dietro di esse viene rimossa:
1) “terrorista” : è la più micidiale perché nelle dittature (quelle vere e non quella presunta denunciata dai vili borbottoni davanti al caminetto, nei paesi in cui non esistono prigionieri politici) assimila qualsiasi oppositore a bande criminali che vogliono seminare morti con le stragi per destabilizzare un governo “virtuoso e saggio”.
2) “complottista” : a parte il fatto che grammaticalmente il complottista è colui che trama complotti e non che li vede ovunque ed è, come le altre etichette, di una bruttezza notevole… essa ha lo scopo di negare la parola a chiunque dubiti della trasparenza di un potere assimilandolo all’ignorante che nega lo sbarco sulla luna o parla dei vaccini come di un piano del maligno complotto plutogiudaicomassonico e altre idiozie del genere. I complotti nella storia sono esistiti e generalmente vengono sempre alla luce prima o poi, anche quando menzogneri e diffamatori al loro nascere come i “protocolli dei savi di Sion” che perdurano nei decenni. Tuttavia un malato di mente non è minimamente interessato alle evidenze reali che, al contrario, tanto più sono schiaccianti quanto più lo rafforzano nel suo delirio paranoico. Ma la coppia tossica Bush / Blair si è ben inventata un arsenale chimico per giustificare l’eliminazione di Saddam, perciò chiunque metta in discussione le versioni ufficiali non è necessariamente uno psicotico.
3) “razzista”: molto è già stato detto nel post precedente. Se io chiedo gentilmente al miserabile pachistano piazzato davanti al mio tavolino al bar con i suoi fiori finti di allontanarsi perché non voglio acquistarli e davanti alla sua reazione insistente alzo la voce squadrandolo in modo truce non sono razzista: non sopporto la maleducazione. Quando una zingara mi si piazza dietro sulla scala mobile della metropolitana ed io infilo automaticamente le mani in tasca non sono razzista: semplicemente non sono nato ieri. Se sei nigeriano, senegalese, camerunense o più spesso magrebino e il tuo comportamento arreca disturbo ed ignora le regole implicite della civile convivenza sei un idiota e questo non è razzismo. Viceversa, se mi aspetto che il “diverso” si assimili al punto che il suo comportamento e il suo aspetto risultino indistinguibili dal mio allora sono effettivamente razzista.
4) “antisemita” : chi sostiene che fra gli ebrei ci sono anche dei farabutti non è antisemita, chi sostiene che il governo di Israele non ha condotto solo una politica difensiva negli ultimi 50 anni non è antisemita. E’ solo uno che dice banalità. Tuttavia le banalità possono non apparire tali in certi contesti. L’antisemita è invece quello che sostiene che un ebreo è per forza ricco, sempre aiutato da altri ebrei, intelligente o furbo e geneticamente fanatico ortodosso.
5) “maschilista” : sono cresciuto con una sorella e ci è stata impartita un’educazione assolutamente egualitaria nei minimi dettagli. Mi è capitato un bel giorno di essere sospettato di maschilismo perché ho sostenuto che fisiologicamente una donna è meno potente di un maschio ma più resistente. La differenza fisiologica vissuta come una diminuzione rimanda ad un quadro psicopatologico clinico grave.
6) “negazionista” : l’ultima nata è la più mostruosa. L’origine è infatti infamante. I negazionisti sono quegli pseudostorici che negano la volontà del terzo Reich di sterminare gli ebrei e la realtà di questo tentativo di genocidio (a dirla tutta meno riuscito di altri nella Storia ma impressionante per le sue modalità). Applicare una simile etichetta a tutti coloro che denunciano la volontà dei media di alimentare il terrore del coronavirus, e che davanti alla realtà inoppugnabile dei numeri contestano la pericolosità elevatissima del morbo e l’isteria folle delle popolazioni di cui approfittano i governi, probabilmente allo scopo di ristrutturare il sistema capitalista senza dovere passare attraverso l’ennesimo conflitto mondiale come in passato… dicevo applicare questa etichetta che li assimila ai nazisti e ai decerebrati del: “è tutta un’invenzione” è inqualificabile e dovrebbe generare qualche domanda seria nella pubblica opinione.

Pesta duro 1

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Lo studio dell’antropologia culturale (Rosecestlavie è stato docente di epistemologia ed antropologia) ti porta a dover sostenere un’evidenza che oggi non può più essere pronunciata in pubblico e che, come altre a seguire, ho raggruppato nella categoria “pesta duro” ovvero: le ovvietà “politicamente scorrette”.
Le vittime del “razzismo”, cioè dell’ostilità dell’occidentale bianco verso la gente di colore, appartengono loro stesse a culture che, se per razzismo non intendiamo la superiorità scientifica di una razza sulle altre, sono TUTTE ASSOLUTAMENTE RAZZISTE. Il razzismo scientifico è finito con la scoperta genetica da parte della scienza stessa dell’inesistenza delle razze. Dichiarazione che non coincide affatto con l’affermazione che non esistono peculiarità culturali legate al gruppo etnico o al patrimonio genetico. La sola cultura che sia stata in grado di eliminare sostanzialmente il razzismo dal suo dna è la NOSTRA che ha inventato il concetto di Uomo universale e di relatività culturale. Tutte le altre culture non riconoscono la relatività culturale, e in molti casi neppure l’esistenza di categorie che riteniamo scontate come l’individuo o l’infanzia. E’ così che in Occidente si assiste da 40 anni e sempre più intensamente al diffondersi dello spauracchio del “razzismo”, che non è affatto interessato a stigmatizzare i deplorevoli comportamenti che colpiscono il diverso (tradendo la conquista del pensiero che, sola tra tutte le culture, quella occidentale ha prodotto), ma che hanno invece in molti casi il perverso intento di sabotare e di deviare le energie che lottano contro le differenze politiche di classe, contro le marginalità problematiche che costituiscono i ghetti di popolazioni extraeuropee importate come manodopera a buon mercato, contro le mafie che gestiscono l’emergenza (altra parola orwelliana perché infinita) della catastrofe umanitaria in corso. La vulgata sul “pericolo del razzismo” è il cavallo di Troia per cancellare la lotta politica dei padroni della terra contro gli esseri umani che abitano luoghi, tradizioni e linguaggi specifici. Facilmente il senso di colpa generato dalla storia coloniale dell’Occidente vi piega a cospargervi il capo di cenere di fronte a culture che disprezzano chiunque non appartenga alla loro comunità. La sola attuale debolezza materiale permette a queste comunità che odiano l’Occidente di non passare dalla parte dei dominatori e di dimostrare quanto la loro dominazione sarebbe ancor peggiore di quella che hanno storicamente subito. Affinché un occidentale non sia razzista è necessario uno sforzo dell’intelligenza e dell’educazione quasi nullo da parte dell’individuo. Affinché la stessa cosa avvenga in un non occidentale lo sforzo deve essere immenso e dolorosissimo.