Gennaio 2019: Placebo – PLACEBO (1996)

Placebo

 

Data di pubblicazione: 17 giugno 1996
Registrato a: Westland Studios (Dublino)
Produttore: Brad Wood
Formazione: Brian Molko (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, basso, keytar), Stefan Olsdal (chitarra acustica, chitarra elettrica, basso, piano elettrico, sintetizzatore, piano), Robert Schultzberg (batteria, percussioni, digeridoo)

 

Tracklist

 

                        Come home
                        Teenage angst
                        Bionic
                        36 degrees
                        Hang to your IQ
                        Nancy boy
                        I know
                        Bruise pristine
                        Lady of the flowers
                        Swallow

 

Volevamo stare in piedi ed essere contati,
e non c’è modo migliore per farlo che schiaffeggiare,
indossare una gonna e fottere la testa della gente
(Brian Molko)

 

Siamo nella metà degli anni ’90, e il brit-pop è sbolognato un po’ ovunque, ottenendo effetti per certi aspetti devastanti ed esaltanti. E mentre a colpi di carta stampata i Blur e gli Oasis di ammazzano di botte, e alcune note fanno da corredo alle devastazioni tossiche di Trainspotting, nel Regno Unito si fanno largo un gruppo di tre ragazzini, che partono proprio da lì, dal brit pop che sta spopolando ovunque, ma che lo arricchiscono di alcuni elementi decisamente bizzarri, che vanno oltre il semplice afflato generazionale, ma che invece propendono per la provocazione pura. Il tutto è alimentato dal fascino androgino del cantante e leader Brian Molko, per certi aspetti la controparte maschile di Shirley Manson, che ha reso il rock’n’roll delle nuove generazioni qualcosa di oltre la stessa distinzione sessuale, attingendo dalla cultura glam e punk. In questo i Placebo sono stati una delle voci interessanti del panorama sonoro britannico degli anni ’90: un concetto musicale fatto di personalità androgine e di effetti salutisti (si pensi al nome stesso della band).
In senso storico la band aggiunge di fatto ben poco alla storia del rock, e si può considerare un fenomeno per certi aspetti marginale, ma ciò non impedì loro di ottenere riscontri di un certo livello, oltre che l’attenzione e la stima di personaggi come David Bowie, Michael Stipe (che collaborarono in alcuni loro dischi) e gli U2 (che li vollero come spalla in alcune tappe del PopMart Tour).
Il primo album, registrato a Dublino, rappresenta tutto questo: un concetto musicale che attinge alle trame noir dei Cure o dei primi Smashing Pumpkins e riesce a sposarlo col rumorismo dei Sonic Youth o l’attenzione melodica di Bowie.
Si parte col serrato singolo d’apertura Come home, con le chitarre abrasive alla Pixies e una melodia filo punk’n’roll adolescenziale tanto cara ai Green Day, ponendo in evidenza l’accento effeminato del leader. Teenage angst riflette invece gli umori della cosiddetta Mtv generation, persa dietro uno schermo e il fascino dei videoclip. Bionic dal canto suo suona più interessante, incrociando gli Smashing Pumpkins di Gish e i Sonic Youth di Dirty, con Brian che canta come Frank Black. Senza dubbio uno dei momenti migliori del disco. 36 degrees invece sembra venire dritta dritta dal repertorio dei Garbage, sviluppando quella propensione chewingum della melodia. E come ogni buon disco che si rispetti, giunge il momento intimista, e tocca alla delicata e arpeggiata Hang to your IQ ricoprire questo incarico. Nancy boy invece rispolvera le lezioni prese dai Suede, e si accosta ad un brit-pop rumorista e distorto. I know invece riflette di un certo fascino orientale e psichedelico, toccante e intensa, riflettendo ancora una volta una certa ispirazione presa da Billy Corgan, evidente anche nel canto di Molko. Bruise pristine incalza ancora su un punk’n’roll energico e dissonante, Lady of the flowers torna ancora una volta sui terreni dei Sonic Youth e si chiude con lo spettrale esercizio sonoro di Swallow, denso di umori alla My Bloody Valentine.
Questo interessante disco d’esordio, citazionista e in linea con i suoni dei tempi, rappresenta un esercizio importante per poter capire le varie dinamiche che investirono l’ampio fenomeno del brit pop e della nuova british invasion, che non si limitava soltanto ad un fattore di costume, ma ne investiva anche la sperimentazione e l’introspezione. Insomma un album comunque importante per poter comprendere un’epoca. I Placebo proseguirono sulla stessa falsariga, qualche volta scendendo in progetti anonimi e fuori fuoco, come Meds o Battle for the sun, ma nel compenso han saputo offrire e rimarcare qualcosa con cui il rock deve fare i conti: la personalità.

 

Gennaio 2019: Placebo – PLACEBO (1996)ultima modifica: 2019-01-10T14:51:38+01:00da pierrovox

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