Giugno 2019: Paolo Conte – PAOLO CONTE (1984)

Paolo Conte

 

Data di pubblicazione: 23 ottobre 1984
Registrato a: Milano
Produttore: Renzo Fantini
Formazione: Paolo Conte (voce, pianoforte, kazoo, vibrafono, tastiere), Vittorio Volpe (batteria), Sergio Puppione (basso), Ares Tavolazzi (basso, contrabbasso, cori), Antonio Marangolo (tastiere, sassofono soprano, sassofono tenore), Ellade Bandini (batteria), Massimo Luca (chitarra elettrica, cori), Lefty Medina (percussioni), Lucio Capobianco (trombone), Piero Cairo (programmazione, orchestrazion)

 

Lato A

 

                        Sparring partner
                        Chiunque
                        Come di
                        Simpati-simpatia
                        The music, all?

 

Lato B

 

                        Sotto le stelle del jazz
                        L’avance
                        Gli impermeabili
                        Come mi vuoi?
                        Macaco

 

 

Tutto il resto è già poesia

La sua formazione lo portò a diventare un avvocato di professione, il suo destino lo ha reso uno dei poeti sublimi della musica italiana. Notevole sensibilità di stampo jazzistico ed etnico-latino, Paolo Conte è uno degli artisti più importanti, colti, schietti e nello stesso tempo distaccati che abbiano mai calcato la scena pop italiana. In un certo senso lui rappresenta un caso a sé stante, poiché pur coltivando la sua passione per la musica prendendo spunto dal jazz (stessa sorte che più o meno aveva toccato altri grandi come Fabrizio De André o Luigi Tenco), le sue divagazioni poetiche, dense di bestiari immaginari e surreali ambientazioni, si estendono attraverso l’esplorazione colta delle più disparate culture, con particolare accento a quella francese e a quella latinoamericana. Testi al limite del bislacco che pure entrano dentro il cuore e l’anima con nostalgica passione, evocando sentimenti nascosti dentro le pieghe dei ricordi, della mente, dei sogni.
Paolo Conte nasce ad Asti nel 1937 da un padre notaio ma con la passione per la musica (durante l’epoca fascista era riuscito a procurarsi in maniera clandestina due dischi jazz, proibiti da un regime ottuso, segno che per la sua passione era disposto a rischiare), e da una madre proprietaria terriera. Sin da ragazzo si interessò particolarmente alla musica, imparando a suonare, seppur in maniera rudimentale, il pianoforte. In particolare era il jazz che lo affascinava, facendogli assaporare l’America, i club, e tutta quella poetica che si portava dietro.
Laureatosi in Legge presso l’Università di Parma, inizia da subito l’attività forense, dapprima presso lo studio paterno, ma questo non gli impedirà di continuare a coltivare la sua passione per la musica, cimentandosi nell’apprendere l’arte di nuovi strumenti, e di suonare con diversi gruppi jazz. Poté pure fondare una sorta di “Unione Studenti Medi Astigiani” presso l’Associazione Alpini di Asti, cercando di allargare gli orizzonti alla musica. E così tutti i sabato pomeriggio Paolo Conte e i suoi amici si esibiranno cercando di far conoscere i vari autori del jazz ai ragazzi della sua città. Questa sua passione poi lo porterà a partecipare ad un Quiz Internazionale sul jazz ad Oslo, dove arriverà al terzo posto.
Ma il suo talento non poteva certo rimanere chiuso nelle sale dell’Associazione Alpini di Asti o nel suo studio di avvocato, e così inizia negli anni ’60 una collaborazione con diversi artisti che lo porterà a scrivere inni veri e propri, dei quali alcuni resteranno particolarmente impressi nella memoria collettiva: Azzurro per Adriano Celentano. Insieme a te non ci sto più per Caterina Caselli, Onda su onda per Bruno Lauzi, Tripoli 1969 per Patty Pravo. Tutto questo lo porterà ad incidere nel 1974 il suo primo omonimo album (e di omonimi se ne contano ben tre), ancora acerbo sotto l’aspetto tipicamente sonoro, ma avente già in germe una poetica del tutto personale. Da qui inizia un percorso in crescita che lo vedrà incidere dei dischi, alcuni squisitamente autobiografici, altri simpaticamente bislacchi, ma tutti accomunati da una visione poetica sublime, dei quali è bene citare perlomeno Un gelato al limon, Paris Milonga e Appunti di viaggio.
Il 1984 fu l’anno del suo più grande capolavoro: il terzo dei suoi omonimi album. Meditativo, esistenzialista, centrato e animato dalla sofferenza dell’animo umano, Paolo Conte offre un disco emotivo, trasfiguratosi da uomo scimmia a poeta nostalgico trasognante, uomo preghiera dei tempi lontani. In un certo senso il Paolo del 1984 è totalmente incentrato sulla sua anima.
Apre la bellissima Sparring partner (che verrà utilizzata nella sua versione inglese come tema principale per Tu mi turbi, il bellissimo, e purtroppo sottovalutato, primo film da regista di Roberto Benigni), col suo testo surreale, i ricami pianistici, e un crescendo orchestrale grandemente passionale, incorniciato da delicati sospiri orientali. Non si fa fatica a ritenerla una delle canzoni italiane più belle mai scritte. Il sassofono suadente, e il tappeto pianistico, dischiudono l’atmosfera notturna, malinconica, espressionista di Chiunque. Lo swing alla francese di Come-dì (traslitterazione italianizzata di “comedie”) si dimena irresistibile e divertita, mentre Simpati-simpatia si avvale di un suono sintetico, bagnandosi nelle sonorità provenienti dalla new wave, del tutto atipiche per il musicista astigiano. Il sonetto jazz strumentale di The music, all? chiude il primo lato,  omaggiando Chopin.
Apre il secondo lato la bellissima Sotto le stelle del jazz, con le sue atmosfere intime, confidenziali (il motivo “così eravamo noi”, tanto nostalgico quanto romantico nel suo racconto appassionato). L’avance invece si lancia un tango denso di sinistra fascinazione, con tanto di trilli di pianoforte e borbottii che paiono il suono di una tromba. Gli impermeabili si avvale delle ariose orchestrazioni per una dimensione pop di grande respiro. Come mi vuoi? riporta le atmosfere alle sinuose magie notturne, dove l’anima nuda si ritrova sola con i suoi tormenti (“dammi un sandwich e un po’ di indecenza/e una musica turca anche lei/metti forte che riempia la stanza d’incantesimi, di spari e petardi…”), disegnati delle linee sinuose del sassofono, che taglia nel bel mezzo del brano le trame pianistiche. Uno dei momenti più alti, densi ed emozionanti di tutto il disco. Una bellezza che scopre l’anima. Ed è questa nudità che vorrebbe trovare riparo nello sberleffo di Macaco che chiude il disco, con tanto di trucchi linguistici, vocalizzi, strombazzate e attitudine alticcia, Paolo Conte si rivela un performer straordinario, capace tanto di emozionare fino alle lacrime, quanto di prendere in giro la vita umana con disinvoltura e sarcasmo.
E sarà questo il disco che ne confermerà il talento conclamato, e lo lancerà definitivamente sulla scena internazionale. Il resto sarà costellato da album altrettanto eccellenti (lo seguirà l’ambizioso ed eclettico doppio album Aguaplano, che potrà vantare la presenza di un capolavoro assoluto come Max) e opere interlocutorie, ma mai banali, neppure quando il manierismo farà capolino in dischi come Psiche, Nelson e Snob. La grazia resta incontaminata!

 

Paolo Conte è un musicista della poesia e un poeta della musica. Lui è un vero grande poeta. Non dimentichiamoci che l’arte della poesia nasce cantando
(Roberto Benigni)

Giugno 2019: Paolo Conte – PAOLO CONTE (1984)ultima modifica: 2019-06-17T09:10:46+02:00da pierrovox

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