Marzo 2021: Parquet Courts – HUMAN PERFORMANCE (2016)

Human performance

 

Data di pubblicazione: 8 aprile 2016
Registrato a: Dreamland Recording Studios (Woodstock), Sonelab (Easthampton), The Loft (Chicago)
Produttore: Parquet Courts
Formazione: Andrew Savage (voce, chitarra), Austin Brown (voce, chitarra), Sean Yeaton (basso, cori), Max Savage (batteria, percussioni), Jeff Tweedy (chitarra)

 

Tracklist

 

                        Dust
                        Human performance
                        Outside
                        I was just here
                        Paraphrased
                        Captive of the sun
                        Steady on my mind
                        One man, no city
                        Berlin got Blurry
                        Keep it even
                        Two dead cops
                        Pathos prairie
                        It’s gonna happen
                        Already dead
 

Nothing lasts but nearly everything lingers in life
(da Berlin got Blurry)

 

C’è qualcosa di sporco, di fumoso, nella musica dei Parquet Courts. Qualcosa che ha a che fare col catrame, col caos urbano, col via vai frenetico della gente. Esattamente come il Lou Reed di New York, i Parquet Courts hanno filtrato tutto questo caos e lo hanno portato nel nuovo millennio, suonando maledettamente vintage, ma anche così sorprendentemente attuali.
Questi ragazzi hanno imbracciato gli strumenti della più canonica e classica formazione rock, e rifacendosi spudoratamente a Lou Reed, Sonic Youth, Fugazi, e non ultimi anche gli Strokes, hanno cercato di raccogliere in musica tutte “le performance umane” di questi tempi. La loro formula artistica attinge dal punk rock, ma si sporca anche di elementi noise con un approccio decisamente minimale (mimando lo stile dei Minutemen), dando vita ad un sound asciutto e scoppiettante.
Human performance è il loro quinto album, ed è anche quello che ha ottenuto una certa popolarità, dopo anni di formazione e dischi ed ep molto promettenti. Human performance giunge nello stesso anno della scomparsa di David Bowie e di Prince, della caduta dei miti, dell’anno caldo del terrorismo che ha messo in subbuglio le nostre certezze metropolitane, e ne riflette il suono, sporco appunto, fumoso nelle atmosfere, cupo nelle intenzioni.
L’album si apre col riff incalzante di Dust, un po’ alla PJ Harvey ultima maniera, e procede con dei toni subumani, quasi robotici, tanto da far pensare ai Devo di fine anni ’70. Si prosegue con una title-track svisata, a metà tra i Franz Ferdinand e gli Strokes del primo album. Profuma di Strokes anche la successiva Outside, che pare venire direttamente fuori da Is this it, mentre I was just just here si sposta decisamente sulla sponda Sonic Youth. Paraphrased è un superbo pezzo indie contaminato da velleità hardcore, con tanto di venature noise in sottofondo. Captive of the sun invece tenta la strada del rock psichedelico, suggestivo sin dal titolo filo floydiano, e Steady of my mind prosegue su una falsariga estatica e sulfurea, mimando il raga psichedelico delle chitarre di The end dei Doors e procedendo su una lamentela biasciata in perfetto stile Syd Barrett.
One man, no city si ricollega perfettamente a Rock’n’roll dei Velvet Underground, mimando persino il canto di Lou Reed. Berlin got Blurry invece tenta un approccio stralunato indie country suburbano, mettendo in risalto l’inquietudine del vivere umano di questi tempi, tra disillusione ed esorcismo del dolore. Keep it even ospita nientemeno che Jeff Tweedy alla chitarra, e risente di un’andatura psichedelica e dolcemente stralunata, salvo poi impennarsi come alcuni dei migliori episodi dei Wilco. Two dead cops addirittura ci fa venire in mente i Blondie, salvo però mantenere una persistente tensione nervosa che fa pensare anche Joe Strummer. Pathos prairie prosegue ancora su un retro-folk rock che richiama certi anni ’70, It’s gonna happen si perde nella contemplazione, e si chiude col pop denso di umori gainsbourghiani di Almost dead.
Ѐ questo il rock del nuovo millennio: quello che riflette lo spirito dei tempi, e nello stesso tempo conserva le varie lezioni ricevute dai grandi del passato. I Parquet Courts sono un fenomeno molto interessante, eclettico, vivace. Cosa chiedere di più?

Marzo 2021: Parquet Courts – HUMAN PERFORMANCE (2016)ultima modifica: 2021-03-04T11:53:23+01:00da pierrovox

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