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C’era una volta

Avviso sempre valido.

Non leggete.

Contenuto vietato agli esseri umani dotati di principi morali e intelligenza.

Vietata la lettura a chi è sano di mente.

 

 

Non è scontato avere pensieri da raccontare. Le storie più o meno si ripetono e i pensieri sotto nuove vesti tornano a raccontarsi.

 

C’era una volta un bambino triste che sognava di …

 

Potrei concludere così la mia storia. Un perfetto epitaffio.

 

L’unica fonte di felicità rimane stabile ed è sempre quella: la creazione.

Noto che in quei momenti la mente si isola e tutto quello che vive attorno (per quel breve momento) viene dimenticato.

Non mi consola, ma è così! Ed è inevitabile.

 

C’è stato giorni fa un compleanno di un parente. Si è partecipato. Sono stato per quasi tutto il tempo in disparte seduto senza parlare con nessuno, senza avere lo stimolo, né il desiderio di dialogare e interagire. È davvero questa la mia natura? Osservare e osservando non far parte del quadro. Mi è stato fatto notare e mi sono sentito in colpa – nuovamente. Che brutta sensazione non esser compresi.

 

Nonostante questo, la vita scorre comunque. La vita di chi mi passa davanti prosegue senza che io mi accorga di nulla o, meglio, senza che io faccia nulla per far parte di quel viaggio.

E dire che di storie e racconti ne sento. Maestre che chiamano (la mia compagna) e comunicano programmi ed eventi, e tra una nota e l’altra si scambiano confidenze. A volte malesseri altre vittorie.

O lontani cugini che nel passa parola dell’unica fonte pettegola (mia madre) vivono vite segnate da operazioni, incidenti, promozioni e iniqui acquisti.

La vita va avanti, e giorno dopo giorno l’età si accumula. La cosa più difficile che vivo è, ed è sempre quella: il passato.

 

Primo Levi disse: “Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.” In linea di massima sono d’accordo con questo pensiero. È la lezione degli errori. Se si dimentica una lezione, non s’impara e si è condannati a sbagliare, a ripetere l’errore.

 

Ma sono anche d’accordo con Buddha:

 

“Non indugiare sul passato; non sognare il futuro, concentra la mente sul momento presente.”

 

Fateci caso!? Quando siamo presi dalle nostre attività, quindi presi dal presente, si ha la sensazione di non pensare, la sensazione che il tempo non scorra. In quei momenti ti accorgi che il tempo passa senza neanche che te ne renda conto. Questo accade quando siamo presi da un’attività – non quando si pensa – ma quando si opera, quando le mani (quindi il corpo) seguono la mente. In quel momento il presente prende, letteralmente, forma e in qualche modo si vive l’utilità della vita.

 

Parola importantissima “Utilità.” Riuscire ad essere utili.

 

Una cosa deve essere chiara, orami da tempo per me lo è. Non sono come gli altri. Per motivi sociali legati a fattori che non sto qui a descrivere, sono quel che si definirebbe un emarginato sociale.

Incapace di mantenere rapporti, in molti casi incapace di instaurarli. Quindi la mia vita scorre diversamente da tutti gli altri, da chi, per intenderci, ha una vita piena – sia nel bene che nel male – famiglia, lavoro, amicizie, interessi.

 

Questo porta inevitabilmente ad esser visto con occhio critico a volte accusatore.

Il problema è (a mio parere)? Il non (per scelta o non scelta) adeguarsi. Nella società moderna adattarsi è indispensabile per essere incluso, per funzionare nel sistema.

 

Tutti fanno parte di qualcosa, è la definizione di sociale. Restare alla porta di questo sistema porta inesorabilmente al mal di vivere e alle sue tante forma e terminologie moderne: stress, ansia, depressione, panico, psicosi, ecc. ecc.

 

Persino l’amore, visto (da me) con poesia e romanticismo, non è destinato ad essere fonte di felicità, questo per la sua complessità e vastità di interazioni. L’amore è tutto tranne che semplice. Sì, possiamo dire che vive di gioie e felicità ma per brevi momenti, poi vive altro, è altro.

La felicità a mio parere è una forma di semplicità. Un atto elementare che si manifesta con un gesto scaturito da qualcosa che è tutto tranne che complesso. Qualcosa che ci rende semplice respirare.

 

Ovviamente tutto non è, mai, così semplice, facciamo i conti anche con le illusioni della nostra mente. Le invenzioni che abbelliscono la vita e che servono alla nostra – vita – per essere accettata.

 

Esempio: Essere migliore degli altri. Credersi migliori degli altri.

“L’esperienza ha poco da insegnare se non viene vissuta con umiltà.”

Michelangelo

 

Interpretò questo pensiero con la lezione degli errori. Solo l’umiltà permette di riconoscere d’aver sbagliato, e solo dopo aver riconosciuto l’errore diventa esperienza per il futuro. Ed è l’esperienza che ci consegna i mezzi per comprendere quel che accade attorno a noi. Permettendoci di essere onesti con noi stessi.

 

Non lo siamo quasi mai onesti (l’onesta morale), pensare di esserlo con noi stessi è un’utopia.

 

Mente scrivo fuori piove, perfetta cornice per questi pensieri.

 

Quando sono stato felice?

 

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Questa è un oggetto creato con lo scopo di vendere un po’ di bellezza (la mia bellezza). L’unico mio modo di far parte del mondo. Delego la mia anima ad un oggetto nato dal nulla.

Nel crearlo, sono stato felice, una volta terminato smette di esistere, e con esso si conclude l’esistenza. Decifrare questa felicità è paradossale. Perché mi rendo conto che la consapevolezza della felicità scaturisce dalla sua conclusione. È la perdita e la sua storicizzazione che crea la felicità, allo stesso tempo destinata a diventare infelicità (la sua conclusione).

Questa è la fine della storia.

C’era una volta …

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Non leggete

Oggi voglio affiggere un avviso.

 

Non leggete.

Contenuto vietato agli esseri umani dotati di principi morali e intelligenza.

Vietata la lettura a chi è felice.

 

Il sorriso.

 

Caro natodallatempesta0 hai mai sorriso?

 

“Sì!”

 

Come mai allora ti dicono che non sorridi mai?

 

“Non so!!! Forse è vero, non sorrido.”

 

E perché non sorridi?

 

“Per sorridere bisogna avere un motivo, forse io non ho, mai, avuto motivi.”

 

Ieri sera sono stato, in visita, da mia madre e conseguentemente, visto che vivono insieme, da mia sorella.

Parlando del più e del meno, si è arrivati, come spesso capita, a rinvangare qualche episodio del passato.

Mia madre e mia sorella non si sono astenuti dal dire che – io – ero conosciuto nel quartiere come, “il ragazzo che non sorride mai.”

 

Tornato a casa, poi, ci ho riflettuto un po’.

Sia mia madre che mia sorella, si sono mostrate, quasi, ingenue nell’affibbiarmi quell’etichetta, come se non ci fosse nulla di male. Sinceramente e personalmente non mi sembra positiva come etichetta, ripeterla, poi, non mi è sembrato e non mi sembra né carino, né sensibile.

Forse dovrai puntualizzarlo. Qualcuno mi potrebbe, però, far notare che se sto zitto avallo il loro diritto a ripeterlo. La colpa è mia quindi.

Come è semplice etichettare una persona che non si conosce. Per quale motivo poi? Solo perché, quando camminavo per strada non sorridevo.

 

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Perché questo pregiudizio?

“La libertà consiste nell’indipendenza del pensiero dalle limitazioni dei pregiudizi sociali.”

Albert Einstein

 

Limitazioni sociali! La verità è questa! Siamo limitati e mettiamo limiti. A noi è agli altri.

Basta guardarsi attorno per accorgersene. Giusto di qualche giorno fa l’astensione dell’Italia in Europa. L’Italia, infatti, non firma la dichiarazione europea contro l’omofobia, con lei solo i governi estremisti. Tutte l’UE democratica dici sì. Che paura avranno?

E già!!! La paura è un limite.

 

Qualche giorno fa, passeggiando con Frida, scatto una foto.

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Cosa osservate di strano?

Il bicchiere lasciato sul muretto con il cesto dei rifiuti a un paio di metri.

Anche qui limitazione di educazione o più facile di cervello.

 

Rileggendomi riflettevo su quello che ho scritto, capita spesso di riflettere anche sui post precedenti. Gli ultimi sono stati strani e parecchio contorni.

La presa in giro, la solitudine (sempre presente), le mancanze che la vita ci porta a vivere, i sacrifici che facciamo in conseguenza a tutto questo, mi portano alla conclusione che si è per grand parte della vita infelici.

 

Perché si è infelici?

 

Le risposte sono tante, non starò, però, ad elencarle, né approfondirò l’argomento – sarebbe tedioso. Mi limiterò a fare quel che facciamo sempre. Rincuorarci e nel rincuorarci cercarla la felicità.

 

Perché per uno che sporca, ce c’è un altro che tiene pulito, per uno che dico no alla diversità, ce n’è uno che abbraccia un diverso, per uno – anzi tanti – che rubano e cercano sempre di fregarti, ce n’è uno (sono pochi purtroppo) che vive onestamente e cerca di fare la cosa giusta per sé e gli altri.

E aggiungo (per interesse personale) per uno che adotta o compra un pitbull senza sapere che non è solo un cane con la mascella più potente in natura, ce n’è uno che lo adotta sapendo che è una creatura sensibile, dedita non a mostrare aggressività, ma a cercare amore, perché ne ha tanto da dare.

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Con questa ultima frase non voglio boicottare gli altri cuccioli e amici a quattro zampe.

Ma loro sono gli ultimi degli ultimi. Loro non piangono, né mostrano dolore, muoiono per dare un atto d’amore ad un padrone che non conosce l’amore e non sa che significa compassione e pietà.

A volte penso alla mia vita. A come a volte mi piango addosso. A come divento, come dice la mia compagna, vittima. A come mi lamento del male di questo mondo, del male che capita a me, come se subissi la croce di Cristo. Poi penso a Frida a quel che la sua razza, come molte altre creature, ha subito per colpa dell’uomo, e mi dico si diverso dall’essere umano. Vuoi essere felice? Ama come amano loro. Ama come ama lei.

 

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Qual è il segreto della felicità?

 

L’amore in tutte le sue coniugazioni e forme.

 

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Buon Agosto

Un saluto alle amiche e agli amici di Libero.

La mia compagna è in ferie, ed è a casa (già da parecchi giorni), quindi, le ho dedicato, le dedico e le dedicherò tutto il tempo che ho, a lei e naturalmente a Frida.

Vi racconterò quando questi giorni di Ferie finiranno.

Per adesso mi limito ad un passaggio.

“Siate felici, agite nella felicità, sentitevi felici, senza alcuna ragione particolare.”
Socrate

Socrate

Buon Agosto a tutti.

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Momenti

Sono passati parecchi giorni dall’ultimo post, sono entrato molte volte con la creativa intenzione di scrivere un pensiero, ma nulla m’ispirava, nonostante gli eventi da cui prendere spunto erano tanti.

Stamattina una piccola e bellissima creatura si è posata sulla mia finestra, e come uno scrigno che per magia si apre, l’ispirazione si è svegliata.

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Questa piccola farfalla svolazzava davanti alla finestra, ad un certo punto si è, persino, messa in posa per qualche scatto, per poi volar via, verso, mi auguro, parchi più fioriti.

“La farfalla non conta i mesi ma i momenti e ha tempo a sufficienza.”
Rabindranath Tagore

La mente è una macchina straordinaria basta un’immagine per aprire momenti fatti d’emozioni, di suoni e stagioni.

Ricordo i momenti in cui guadavo le farfalle e le disegnavo. Da solo in silenzio con il capo chinato, immobile e solo la mano a muoversi su quell’ultimo banco isolato, mentre i compagni in gruppo giocavano, ridevano e aspettavano che la campanella suonasse.
Ad un certo punto alzavo gli occhi e li vedevo, uno, due, tre, e poi quattro compagni che osservavano la mia mano far nascere la farfalla e per un momento un lungo e felice momento, non ero più lo strano, il ragazzo silenzioso seduto all’ultimo banco, ma l’artista che incantava con la magia della sua mano.

Un sorriso a tutti.

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Odiosamente amorevole

“La miglior vendetta? La felicità. Non c’è niente che faccia più impazzire la gente che vederti felice.”
Alda Merini

Commentando il post di un’amica che parlava di come a volte la cronaca ci racconti le cruenta gesta di insospettabili uomini e donne, ho scritto di vendetta.
La vita, ho scritto, ci da spunto per riflettere, la vita ci da la possibilità di creare le nostre occasioni, opportunità, non solo buone, positive, ma anche cattive, negative.
Alla fine, è un pensiero come un altro.
Un tizio si alza la mattina, va a lavoro, passa le sue ore tranquillamente e forse noiosamente e senza che sia stato premeditato si trova, improvvisamente, a discutere con un collega, ed ecco che un sentimento di disagio si insinua nel suo cuore e nel tempo, piano piano, rancore e odio si fanno strada.
L’idea di vendicarsi si fa viva nella sua mente, nelle migliori delle ipotesi, dispetti, piccoli e magari innocui dispetti, l’indifferenza sarebbe la migliore speranza, invece si creano i presupposto per far male, perché fare male a chi odiamo, fa bene a noi.

Non sono ipocrita, ho raccontato la mia vita senza mai cercare di passare per buono, sono umano, un umano problematico e come tale ho un lato oscuro. Ci sono state persone che ho odiato profondamente, da bambino il controllo sull’emozioni non è semplice e non ho avuto a volte il cuore che un essere umano illuminato deve avere.
Una volta durante il servizio militare, un periodo fortemente stressante, mi sono ritrovano con un pezzo di vetro in mano pronto ad usarlo contro un altro commilitone. Ero un ragazzo silenzioso, solitario, facile preda di chi spavaldamente vuole affermare il dominio e il potere. Il branco, è legge di natura, sceglie sempre il più debole. Ed io sono sempre stato all’apparenza il più debole. Quella volta fui pronto, o meglio ero pronto ad usare il pezzo di vetro se il tizio non si fosse fermato. La mente nel panico cerca vie d’uscite e se non ne trova, se la parola non esce, se non si è capaci di difendersi minacciando con la voce, la mente sceglie altre strade, strade che non lasciano spazio al compromesso. Sono sempre siciliano, le minacce all’arma bianca le ho viste fin da piccolo. Stereotipo? Sì, c’è sempre un fondo di verità negli archetipi. Mio nonno pace all’anima sua, girare con un coltello a serra manico, come tutta la sua generazione. Ho dovuto scrutare profondamente in me, per liberarmi da quel tipo di paura, aprire la mente, leggere, seguire i giusti esempi, ascoltare e scegliere le giuste filosofie, non violenza, amore per il prossimo.
Credetemi non è facile seguire quelle parole, sostenere quegli esempi, e non sempre si vuole essere un esempio.

L’amica scrive alla fine:
“Forse se fossimo più attenti e disposti ad ascoltare, certi tristi accadimenti si potrebbero evitare.”
Attenzione, ascolto. Mi chiedo però, ci frega davvero? C’interessa davvero quel che succede al nostro vicino?
A volte leggo o ascolto episodi di cronaca e mi dico, fosse capitato a me sarebbe stato diverso, fosse stata mia sorella, mio figlio, avrei fatto carte false per non arrivare a quella situazione.
Una donna che viene molestata, o un bambino bullizzato, una madre, un padre, un fratello, una sorella ce l’ha. Posso mai immaginare, pensare, che non vedano, non sentano?
O davvero alla fine non frega nulla di nessuno, quando c’è da scegliere tra la nostra vita e la vita degli altri, si sceglie, davvero, di voltare le spalle?

Un altra amica nella sua bacheca ha scritto all’inizio del suo bellissimo pensiero questa frase:
“Io amo, ed è sentimento gratuito.”

Ecco che l’amore viene a darci la speranza a fasciarci il cuore e la mente. Nel suo verso l’amica dona una parola: gratuito.
Un amore gratuito è, un amore che non chiede nulla in cambio, non vuole nulla, solo dare, e dare, ed è questo l’amore che può fare la differenza, dare speranza. Nella retorica di una speranza vive la verità.

“Io non pretendo di sapere cosa sia l’amore per tutti, ma posso dirvi che cosa è per me: l’amore è sapere tutto su qualcuno, e avere la voglia di essere ancora con lui più che con ogni altra persona. L’amore è la fiducia di dirgli tutto su voi stessi, compreso le cose che ci potrebbero far vergognare. L’amore è sentirsi a proprio agio e al sicuro con qualcuno, ma ancor di più è sentirti cedere le gambe quando quel qualcuno entra in una stanza e ti sorride.”
Albert Einstein

Einstein da voce al suo cuore e dona la sua verità, che è anche nostra, in fin dei conti l’amore è questo, lo descrivereste in altri modi? Direi di no. Ma come possiamo far sì che questo amore esista nel nostro cuore, anche quando siamo nelle situazioni che ho sopra descritto?

Come possiamo far esistere l’amore, là, dove è fertile l’odio, la vendetta, la paura?

Se poteste dare voce all’odio, cosa gli chiedereste?

Io: Odio come posso fermarti?

Odio: Non puoi fermarmi, puoi, però, cambiarmi. Sai, oggi, mi chiami odio, ieri, mi chiamavi amore. Basta crederci, basta sentire nel cuore il desiderio di fare bene.

E parola dopo parola, mi perdo.

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Vorrei ringraziare per gli spunti di riflessione, le amiche: bluicee e Surfinia60.
Ringraziarle e pregarle di scusarmi per non aver chiesto per l’uso nella mia bacheca dei loro pensieri.

Ne approfitto per ringraziare anche, è doveroso, per il tempo che mi dedicano: elyrav, OggiGiornoRingrazio, prefazione09, stelladelsud16.

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Limiti

Questo pensiero, oggi, è quasi un obbligo.
Un pò è una diretta continuazione di quel che ho scritto nell’ultimo post, un pò è frutto d’un commento che ho lasciato ieri, un pensiero che coincidenza avevo discusso poche ora prima. Un pò i commenti che ho ricevuto, che lasciato sempre qualcosa che si lega ad altri pensieri, ad altre considerazioni.

Ieri ho scritto queste parole:
“Coincidenza, mi è capitato stamane di fare una riflessione abbastanza simile, dicendo al mio interlocutore:
Ma qual è limite deve avere la felicità?”
[…]

Questa frase può esser trasformata e nella sua sintassi racchiudere ogni sentimento che sentiamo e diventare ad esempio:
… qual è limite deve avere la tristezza?
o:
… qual è limite deve avere l’amore?
o:
… qual è limite deve avere l’odio?
o:
… qual è limite deve avere la malinconia?
o ancora:
… qual è limite deve avere l’indifferenza?
Non ci sono limiti ai sentimenti che possono esser richiamati.

Il dialogo ieri è nato da una rubrica trasmessa dal TG2, potete se volete andare a ripescarla.
Voglio essere generoso 😀 vi lascio il link della rubrica: link.
Rubrica che raccontava, ovviamente con i tempi della TV, le storie di alcune donne con disabilità.
Mi è venuto spontaneo dire alla mia interlocutrice, che immagino se capito era la mia compagna, questo:

Quanto siamo limitati!!! A questa ragazza basta correre ed è felice, per noi correre non è una tale felicità. Sì è bello, emozionante, ma non per l’atto in se, magari, per lo scenario, la compagnia, l’evento, ma quel correre non è mai tale da esser una gioia assoluta che salva dalla disperazione.
Lo è per questa ragazza, noi per provare la stessa felicità dobbiamo sforzarci.
Sforzarci a far cosa però? Cercare!!! Cercare quel che ci manca.
Qui la mia compagna da buona e verace contadina (un modo mio affettuoso di chiamarla (a volte) per accentuare la sua concretezza), inizia un monologo su come stanno realmente i fatti.
Dopo, la domanda mi è sorta spontaneo:
… qual è limite deve avere la felicità?
Perché mi sembra d’essere arrivati a questo punto. Come se avessi la sensazione che si possa far un elenco per esser felici, se spunti una voce allora puoi essere felice.
Ad una sua amica è bastato l’ultimo iPhone, ad altri: la macchina nuova, un viaggio o una casa con giardino, a qualcosa basterebbe un figlio.

Tutto quello scritto fino ad ora è banale, questa è la conclusione della mia compagna, per lei sono banale quando inizia a discutere di questi argomenti, perché sono tematiche vecchie come la bibbia è inutili perché non portano a niente.

Tra i proverbi più vecchi c’è: Chi si accontenta gode.
Ma chi si accontenta vive infelice secondo alcuni. C’è chi pensa e sono tantissimi, che non bisogna smettere di sognare e desiderare di avere una vita migliore.

E qui entrano in gioco i commenti che ho ricevuto.
Ieri ho parlato di quei pilastri, che lasciano nel cuore un segno. Segni che sono perle di gioia e sapienza per la nostra consapevolezza.
Il detto dice che s’impara sbagliando (nulla da ridire, verissimo). Ieri sono state condivise non gioia, ma tristezze, in verità non tutte tristezze, ma tra le righe era evidente la tristezza sottolineata dalle parole. Le commentatrici (che ringrazio sempre per il privilegio di scrivermi) hanno sentito dentro di loro la spinta a ricordare e condividere solo: “incontri negativi” o non ricordarne proprio. Incontri e non incontri che mi hanno lasciato la sensazione di leggere tristezza e delusione. Tristezze e delusioni da cui hanno appresso qualcosa che le ha aiutate ad aprire gli occhi su come è, realmente la vita o come non deve essere. Posso, solo, immaginare qual è realtà, loro, hanno dato alla vita (questo non toglie e né son certo, che c’è tanto di bello nei loro ricordi, ed in parte l’hanno scritto).

In onesta, non posso certo far finta che non sia così.
Costruirsi una gabbia fatta di luce e ideali pseudo religiosi e vivere come se la realtà fosse: Buona, onesta, altruista, generosa, solidale. La realtà non è così.

La realtà è quella che porta un essere umano, un adulto a isolare un bambino perché non possa infettare con il suo linguaggio scorretto, il suo rozzo dialetto, la perfetta dizione della classe (piccoli bambini ben addestrati e ammaestrati). Poco importa se il piccolo non capisce perché deve star isolato.
La realtà è quella che porta un uomo a legare un bambino alla sedia, al che sia buono e bravo e non si faccia male mentre l’uomo per un paio d’ore sbrighi le sue cose, i suoi vizi. Poco importa se il piccolo non capisce perché deve stare legato.

Qual è realtà questo bambino diventato adulto deve ricordare per crescere? Quali pilastri deve piantare nel terreno al che possa diventate un uomo con tutte le rotelle a posto?

Si cresce secondo coscienza. Imparo dai miei errori, non dagli errori degli altri.
Posso solo aver pietà per chi vive senza amore, senza perdono e senza felicità, ed avere compassione per chi commette errori, anche verso di me.
E ce n’è voluto per capire, riconoscere e alla fine donare compassione.

Un tempo ero triste, addolorato d’esser un fesso (uno dei tanti nomignoli donatami da chi mi ha conosciuto).
Oggi! Sono fiero di esser un fesso.

Questa ultima affermazione mi porta in mente un altro pensiero. Mi spinge a richiamare chi spesso mi ha fatto compagnia, soprattutto, da ragazzo. Una figura oggi molto rivalutata:
Il cinico.
Chissà cosa direbbe sorridendo quell’amico cinico, che un tempo sottolineava molte mia battute, leggendo tutto questo? 🙂
Non posso in questo lungo post non citare un personaggio famoso.
Dai ci sta, non dite? 🙂 Un pensiero opportuno che possa dar sostegno a quel che racconto.
Se l’ha detto lui (che è ricordato) allora ha valore, l’antologia degli sciocchi.
“Le macchine che danno l’abbondanza ci hanno lasciati nel bisogno. La nostra sapienza ci ha reso cinici, l’intelligenza duri e spietati. Pensiamo troppo e sentiamo troppo poco. Più che macchine, l’uomo ha bisogno di umanità. Più che intelligenza, abbiamo bisogno di dolcezza e bontà. Senza queste doti la vita sarà violenta e tutto andrà perduto.”  Sir (dai pure sir) Charlie Chaplin.
Non si può dire che non sia una bella citazione.

Pensiamo troppo? Sì.
Sentiamo poco? Direi di sì.
Abbiamo bisogno di umanità?
Per rispondere a questa domanda, bisogna capire prima che significa essere: Umani.

Compassione

L’immagine non c’entra molto con quel che ho scritto, ma mi piaceva ricordare che l’amore va oltre tutto.

Lungo post, scusate, avevo promesso di non farne più così lunghi.
Come al solito ero partito con un pensiero preciso che si è perso lungo la strada.
Non pensavo di concludere con una domanda sul significato dell’umanità.
Troppo anche per me. 🙂

Buona giornata.