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Conchiglia

Oggi avevo in mente di scrivere tutt’altro post, ma ieri leggendo le notizie ho avuto modo di riflettere ed ora sento di dover scrivere un piccolissimo pensiero.
La notizia riguarda un’interrogazione parlamentare dell’attuale maggioranza di governo.
Con tutti i problemi che abbiamo ci vuol coraggio a perdersi nel futile.
Qualcuno potrebbe ribattere che è importante anche quel tema.
Io non lo credo, con il costo dell’energia che aumenta, il costo della benzina che aumenta, con due pazzi che minacciano la guerra mondiale, con la corruzione che sempre più dilaga e la violenza che sempre più è nelle mani di giovanissimi.
La politica pensa a San Remo.
Si può esser più idioti, più incapaci, più inutili?

Una puntualizzazione, una delle tante che doveva esser reclamata e scritta.

Adesso però, non lascio il pensiero incatenato a questa pessima politica, a queste notizie che sono deprecabili, a queste puntualizzazione che ci umiliano.
Se riesco, il pensiero, lo porto altrove cercando d’esser il meno malinconico possibile. Per chi ha letto il post di ieri sa che al momento un pò di tristezza c’è.

Come mandarla via?

«Tristezza come posso renderti meno triste?»

«Recitami una poesia. Una poesia dove possa vedere il mare, recitamela e il cuore mio sarà meno triste.»

 

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Garcìa Lorca

«Sei meno triste ora?
Ti ho raccontato di una conchiglia e del mare.
Lo vedi? È lì, in fondo al nostro cuore, lì, dove i ricordi sbocciano come fiori.»

«Sì lo vedo! Vedo le onde giocare a rincorrersi, sento il suo canto lusingare il vento e il sole accarezzarlo con stelle brillanti.
Ora sono meno triste.»

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Alba

Ci sono versi di gioia, di incontenibile vivacità che riescono a trascrivere l’amore sulla pelle.
Ci sono versi di infelicità, d’insostenibile tormento che scaraventano il cuore lontano da ogni fonte di luce.

Versi che raccontano le pene della guerra, le pene della malattia, le pene dell’amore e le pene d’una vita fallita.

Perché si leggono?
Per lo stesso motivo per cui si leggono le poesie d’amore, per dare integrità all’anima. Per dare quel senso di interezza che solo nell’equilibrio di emozioni e sensi, trovo e riesco a trovare, trovi e riesci a trovare.

Perché anche il dolore è un’esperienza. Un’esperienza che non va anestetizzata, né cancellata.

Ci si può sentire stanchi, irascibili, privi d’ogni interesse, avere la percezione di non essere più quelli di prima e sentire nel cuore di non avere più via d’uscita.

Tutti!!! Tutti prima o poi si sentono o si sono sentiti così. Io mi ci sento molto spesso e raccontarlo è un modo per creare una porta e le porte sono vie d’uscita.

Il dolore va accolto al di là di quel che si può pensare: con dolcezza. Vissuto come si vive una persona cara. Per questo: poeti, cantori e artisti, ne fanno versi, melodie e opere. Per dare forma e identità a quel dolore, renderlo docile, romantico, persino amico.

Son parole e a parole tutto è facile. Non è facile per niente. C’è chi si arrende.
Per un’istante, un solo istante è capitato anche a me di pensare alla resa, un pensiero che è durato 300 metri, il tempo d’arrivare a casa. Viste le tele, i tubetti di colore, i pennelli, tutto è sfumato, lividi e offese sono semplicemente svaniti.

Perché sto raccontando tutto questo?
Non lo so!!! O forse lo so e non lo voglio concretizzare. Oggi questa è l’ispirazione.
Ma credetemi non è la tristezza che voglio imprimere in queste parole, anche se sembra all’apparenza così.

Anche la poesia che ho letto e che condivido ora:

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Garcìa Lorca

Non è poi così triste come può sembrare. Sì il cuore è arido, lo sguardo non sente più calore e la notte è trasformata in una tomba. Ma si è all’alba, ed ogni parola ha un significato per il poeta, che ha relegato alla notte il tormento che priva della speranza e fa morire l’anima. All’alba la vita rinasce e sente, continua a sentire. Il dolore diventa vita, la vita che contrasta la morte.