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Mano nella mano

Quando si racconta, è inevitabile, declinare il passato. Di fatto in, quasi, tutti i miei post, ho raccontato episodi del mio passato.
La natura del blogger è definita della storia e di conseguenza dal suo contenuto.
Nel mio blog è spiccata la natura biografica, anche se ancora, oggi, mi chiede e domando a chi possa interessare il mio passato?

Ieri è morto Maurizio Costanzo, con tutto il rispetto possibile, la notizia (spero i fan non me ne vogliano male) non mi ha suscitato alcun che, uno dei tanti necrologi che la tv celebra, negli ultimi anni ce n’è sono stati parecchi.
Ma se torno indietro e lascio volare i pensieri a 20 anni fa, devo riconoscere che, il Maurizio Costanzo Show, è stato un programma che mi ha tenuto tanta compagnia, soprattutto in quelle notti di studio e ripasso. Un sottofondo a volte allegro, a volte triste, a volte irritante. La Tv, come la musica, è stata un sottofondo rilevante nella mia vita, soprattutto adolescenziale e per buoni motivi.

Come ho scritto in passato, raccontando della mia infanzia e adolescenza, i miei genitori lavoravano l’intera giornata ed io e mia sorella eravamo, sempre, soli in casa, la Tv è stata di conseguenza, l’unica vera distrazione, di certo non la più sana, ma le alternative erano poche e a volte pericolose.
Raccontarle, oggi, è come leggere un libro, c’è distacco, un distacco emotivo forzato, che ha lo scopo di allontanare le emozioni, la tristezza e la rabbia.
Perché, sì, se ci penso, un pò di rabbia, arde nel cuore, per quel che banalmente si viveva come normalità e quotidianità, una quotidianità che era tutto tranne che normale.
Ad esempio; quando tornavo a casa con, mano nella mano, la mia sorellina, dovevo stare attendo ad evitare alcune zone, perché c’erano dei ragazzi a cui non dovevo dare confidenza, l’ordine dei miei genitori era chiaro e severamente punito se disubbidito. Dopo, ho scoperto il motivo di questa preoccupazione e questa severità, motivo che, sicuramente, potete immaginare. I ragazzi erano piccoli spacciatori legati alla cosche mafiose.
Mi fa tristezza pensare che, nonostante siano passati 30 anni, la situazione sembra non essere, poi, tanto cambiata.
Per questo motivo, la maggior parte delle volte i miei mi ordinavano di restare a casa e non uscire dopo la scuola e a casa l’unica distrazione era la Tv.
I cartoni animato sono stati un vero e proprio laboratorio per me. Potrei affermare, quasi con certezza che è stato grazie a loro che ho scoperto di avere il dono del disegno. Beh, loro e i fumetti, quei pochi fumetti che ho avuto la fortuna di poter comprare.
Li ho disegnati, quasi, tutti: Candy, Pollon, Lady Oscar, Licia, Lupin, L’uomo tigre, Spank, i Puffi, La stella della Senna, Mimi, Gigi, Creamy, Pinocchio, I Flintstones, Kimba, Mazinga, Jeeg Robot, La signora Minù, Lamu, Sampei, ecc. ecc.

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La felicità nella vita è centellinata e in molti casi distillata da una realtà mutevole. Possiamo paragonarci a contadini, che raccolgono ricordi sotto forma d’esperienza. E questo incessante lavoro è logorante, la schiena si piega e giorno dopo giorno la vita si consuma, le ossa, i muscoli e l’anima si erode, è inevitabile. Ogni pizzico di felicità ci costa energia, tanta energia e vita, tanta vita, è il costo del vivere. Ma ogni costo, ha anche un ricavo, un bene che ci viene restituito e può disegnare, nel mio caso letteralmente, ponti, strade e porte.
Il passato per me è, sempre, stato, nel bene e nel male, importante e ricordarlo è, fondamentale per tracciare il futuro e distillare piccole gocce di felicità.

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Un amico d’infanzia

Come ho scritto nel precedente post: Preferisco celebrare questa settimana (natalizia), ricordando l’infanzia e l’adolescenza, per quanto posso riuscire. 🙂
Per questo breve periodo, per questi giorni di arrivo al Natale, vorrei provare, sempre, raccontato emozioni e ricordi a riportare alla mente il bambino che non c’è più.

E stamane un’idea mi è balenata nelle mente. Esiste un legame tra un personaggio o meglio una figura importante del Natale e l’adolescenza. L’adolescenza di chi ha qualche capello bianco in testa.
Nel presepe, tante, sono le figure importanti, ma ce n’è sono due non sempre ricordate con le dovute gratitudini, sfruttate oserei dire per il bene della scena:

Il Bue e L’Asinello.

Ed è l’Asinello che voglio ricordare, o meglio il figlio di un asinello e di una cavallina. Un amico che ha accompagnato la mia infanzia. Chi ha un pò di anni negli occhi, forse, lo ricorderà: Francis il mulo parlante.

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Posso scriverlo con coquizione di causa, ho sempre avuto un bel rapporto con gli amici asinelli.

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Io e il mio amico asinello

Uno spunto, un’occasione per ricordare i simboli della nostra vita. Oggi è facile trasformare in bandiere colori e forme senza significato, sfruttare come un asinello indifeso, simboli di pace e amore per giustificare egoismi e violenze.
Esiste un detto che dice: Siamo quel che mangiamo.
Posso declinare questo detto e farlo diventare: Siamo quel che difendiamo.
Che cos’è, chi difende la guerra?

Scusate, come mi ha affettuosamente scritto un’amica, non posso non brontolare. 🙂

BUON ARRIVO AL NATALE da ME e dal MIO amico ASINELLO.

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Muro e scalino

Ieri, ma non solo, mi sono lasciato trasportare ed ho scritto parecchio, forse, troppo.
Vorrei oggi esser più sintetico (vorrei e dovrei esserlo sempre) ed evitare, ed evitarvi pensieri contorti, ma soprattutto malinconie e tristezze. La semplicità non per forza è sinonimo di superficialità. Concentrare pensieri e intenzioni in un unico flusso, ottimizza il tempo e come ho scritto in passato, il tempo ha un valore. Ma quando si racconta ci si perde tra le parole.

Da piccolo (tra i 4 e 5 anni più o meno) vivevo con i miei genitori in un piccolo appartamento, era al primo piano di una vecchia palazzina, in un quartiere popolare dell’allora mia città.
Si accedeva da un portone piccolissimo e da una rampa di scale dritta, ricordo ancora la sensazione di salita. Dopo la scuola scendevo e mi sedevo ai primi gradini con il portone aperto e disegnavo sul muro, così ho iniziato a scoprire il mio talento. Questi sono tra i pochi momenti sereni che ricordo d’aver vissuto, anche se dopo mi costavano una sonora sgridata. 🙂

Ora, non posso riportarvi il muro con quel che disegnavo, posso condividere, però, alcuni ricordi sotto forma di immagini. Di quel periodo ho conservato, infatti, parecchi disegni su carta, non so se vi fare piacere, ma potrebbero far riaffiora anche a voi ricordi infantili. Perché disegnavo ciò che vedevo e all’epoca cosa un bambino vedeva o leggeva dopo scuola?

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Il mio Topolino

e poi:

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Il mio Paperino

Per le fanciulle:

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La mia Pollon

La settimana di Natale è iniziata, pochi giorni ancora.
Mi sembrava scontato inserire le solite immagine natalizie. Preferisco celebrare questa settimana, ricordando l’infanzia e l’adolescenza, il periodo che più è vicino all’essenza di quel che rappresenta il Natale.

Buon inizio di settimana e buon arrivo al Natale.

C.

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Pioggia di ricordi

Pioggia!

È stato un week and di grandi piogge, soprattutto al sud (come Autunno vuole). I Tg ne hanno riportato notizia, con il puntuale, oramai, elenco di danni che le varie piogge hanno lasciato dopo il loro passaggio.

Confermo quel che gli esperti dicono da anni, che il clima è e sta cambiando. Non ho un’età veneranda, ma ho abbastanza anni per rendermi conto che lo scenario climatico è cambiato da quando ero ragazzino.

Per indole, la pioggia mi è sempre stata amica. Paradossalmente mi capitava di uscire, più spesso, quando pioverà, piuttosto che quando il sole era alto e le giornate serene. Una delle tante abitudini che nel tempo hanno contribuito a creare quell’etichetta di: tipo strano.

Mia madre mi raccontava e mi racconta ancora oggi, che mi divertivo a giocare sotto la pioggia, anche, quando ero piccolino, nonostante i suoi tentativi di farmi rientrare in casa.

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Il bambino che vedete non sono io (foto web), ma il look era quello, impermeabile giallo con cappuccio e copri spalle e stivaletti da pioggia (i miei eran blu).

Anche in queste immagini c’è del romanticismo, ma rispetto alle foglie che cadono, qui c’è: familiarità.

Per me familiarità significa sentirsi a casa, e mi sento a casa quando riconosco in un elemento, in uno scorcio o evento, qualcosa che mi riporta a quando ero felice. Non ho tanti ricordi infantili, ho quasi rimosso (per protezione) gran parte della mia infanzia, ma qualcosa ancora c’è, e la pioggia è una di questi elementi, nonostante oggi faccia paura, oggi sia intrisa di irruente violenza.

Non credo d’esser il solo, negli anni ho incontrato tanti altri che dicevano d’amare o semplicemente apprezzare la pioggia, credo ce ne siano anche qui.

Quindi cosa c’è di meglio del condivide un elemento che è vita ed emozione.