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Rose

Ieri ho accennato le difficoltà della mia compagna nell’affrontare l’attuale influenza stagionale, soffermandomi sulla cura e l’affetto che essa (la cura) genera tra chi si dà l’uno per l’altra, tra chi si ama e cresce insieme nel bene e nel male.

Gli atti d‘amore che ho, sommariamente, descritto con la frase:
“Io le cucino, io l’accudisco, io le cambio il pigiama, io l’aiuto in questo momento di difficoltà.”
Sono forme alternative, strutture emotive che nascono su quel t’amo che sussuriamo nei momenti d’intima confessione, è sono la nostra forza, la mia forza.
Dire t’amo, sistemare un giaciglio o un tavolino per ristorare le sue esigenze, sono però atti che scorrono come l’acqua, facili sospiri che lasciano in bocca il sapore della primavera.
Ma non è sempre così. Oggi voglio scrivere una frase che è, nei momenti di difficoltà, nelle labbra di tutti noi: “essere forti.”
Esser forti per lei o lui.

“Dimostriamo compatimento per le sofferenze degli amici non con le lamentazioni, ma prendendoci cura di loro.”
Epicuro.

È vero a volte mi lamento, quasi, egoisticamente (purtroppo non sono perfetto) di non esser apprezzato per quel che con amore faccio e dico.
Chi è, sofferente, provato nel corpo e nella mente da un malessere, è sottoposto ad uno stress che porta inevitabilmente ed esser (temporaneamente) depressa o depresso, irascibile e al momento incapace di mostrare gratitudine.
Il malato o comunque chi soffre per un motivo o un altro è, inevitabilmente concentrato su di sé, il dolore lo richiama a sé, gli spasmi lo costringono a piegarsi su di sé. E questo porta a volte a rispondere, magari, male ad un atto che per noi è spinto dall’amore.
Bisogna esser forti anche quando e sopratutto ci si sente respinti.

È facile mettersi in dubbio e mettere in dubbio chi amiamo, soprattutto nei momenti di difficoltà, è nella natura umana complicarsi la vita sia fisica, che emotiva. Il perché? Ancora non l’ho compreso.
La mia compagna come ho avuto modo di scrivere in passato ha un carattere tosto, con un arsenale di frecce appuntite nella sua Santa Barbara. Dal suo arco scoccano frasi piene di ironia e sarcasmo, che sanno pungere e intaccare l’orgoglio, anche il meno irascibile.

Il buon Gibran scisse che esser generosi significa dare più di quello che puoi, e l’orgoglio sta nel prendere meno di ciò di cui hai bisogno, che può (in negativo) significare anche dare di meno.

Ed è vero! L’orgoglio, se poi è ferito, ti porta a dare di meno ed è in questi momenti che ci si deve dar forza e dare di più, quell’attenzione in più che fa la differenza nel momento del bisogno o cambiare le cose nel momento che non si ha bisogno.

Tutto questo per dire solo che a volte prendersi cura di qualcuno non è rose e fiori, ma può esserlo se si ricorda che le rose sono i tanti t’amo concessi e ricevuti. Quel mazzo di rose non appassisce mai, e la bellezza che vive in esso, può rendere luminosa anche una brutta giornata.

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