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Libbertà

Intermezzo

L’intermezzo è un intervallo nel corso di uno spettacolo. Una pausa.

Finora non ho scritto nulla che non fosse legato a me, alle mie emozioni e alle mie esperienze. Agli inizi, giusto qualche appunto sugli eventi più significativi, pensieri tra un episodio e l’altro.

Oggi, sento il bisogno di parlare di qualcos’altro, qualcosa di diverso dalla poesia e dall’amore (ci provo).

La situazione per molti italiani non è affatto bellissima e con il nuovo governo (personalmente totalmente lontano dai miei ideali) le cose sembrano prendere una piega non affatto positiva. Quello che questo governo ha messo sul tavolo fa prospettare un biennio pesante per molte, beh alcune fasce.

Stranamente, sempre, le fasce più deboli. Ma che vuoi!!! Un povero non ha risorse per comprare un partito o un singolo individuo, un ricco, invece, può corrompere. Ma attenzione!!! Mai chiamarla corruzione, oggi si usa definirla: finanziamento personale. 😀

Hai tempi, forse, sarebbe stato meglio non lasciare ingegneria, avrei avuto, forse, più fortuna.
Ma che volete non avevo l’anima da matematico, ho scelto e preferito studi umanistici, il cuore mi portava lì, mi ha sempre portato lì. Agli inizii, ho usato la logica e pensato al lavoro che potevo ottenere terminati gli studi, che al mio bisogno interiore. Con il senno di poi, forse, era meglio continuare ingegneria.
Non me ne pento, mai pentito della scelta, è più una delusione per quel che ho trovato o non trovato negli anni, una smorfia di stizza credo, oggi, sia legittima.

In questo periodo sono dal punto di vista professionale in un intermezzo.
Non avrei tutto questo tempo per scrivere, se no. 🙂

La crisi del 2003 ha messo a dura prova tante azienda e alla fine anche quella in cui lavoravo, ha chiuso. Ha resistito finche ha potuto e comunque non avrebbe superato la pandemia.

Lo scorso anno ho concluso l’ultimo concorso. I posti in palio erano 2, su centinaia di candidati, era in probabile, non era, poi, proprio, il mio campo e l’esperienza conta.

Alla mia età non è facile trovare lavoro, poi al sud (non ne parliamo), ma neanche al nord è facile oggigiorno. Una situazione comune a tanti laureati e non. Chi poi non ha studi e competenze si ritrova in un limbo, con puntate contro, tante, canne da fuoco, fatte d’offerte al limite della denuncia e sommersi che affogherebbero anche l’anima più vogliosa di lavorare.

Personalmente, oggi non ho tante strade da seguire, praticamente, forse, solo una, mettermi in proprio (libero professionista) ed è quello che sto cercando di fare.
Nel corso degli anni, mi è capitati di fare piccoli lavoretti creativi e non, per via traverse più che altro, tramite conoscenze ed amici. Oggi, credo sia l’unica strada, per chi come me ha tanta competenza e tanti anni sulle spalle. Nella società moderna il lavoro si sa’ privilegia contributivamente i giovani.

Nelle mie mani, ho un talento che molti reputano unico, io direi non unico, solo capace di dare forma all’emozione, come tante altre anime creative.
La mia speranza è che il mio talento mi salvi ancora una volta, così come ha fatto quand’ero bambino e poi ragazzo. 🙂

“Si è detto sovente che un artista deve lavorare per se stesso, per l’amore dell’arte e fregarsene del successo; è falso. Un artista ha bisogno del successo. E non soltanto per vivere, ma, soprattutto per realizzare la sua opera.”
Pablo Picasso

Per un’artista, la vita e l’opera sono legate da un filo invisibile. L’opera esiste per far vivere l’artista e l’artista esiste per dare forma e luce all’opera.

Nell’era in cui il pane ha lo stesso valore di un proiettile, l’arte è incatenata, isolata dalla pandemica ossessione che pancia e corpo sono le uniche fonti da nutrire.
Ma ahimè quando l’arte, la poesia e la filosofia sono in catene, la mano si arma e il corpo diventa cibo per i vermi. Allora vivere perde il suo significato e diventa sopravvivere.

Il mio pensiero va alle ragazze iraniane, non è la prima volte e non sarà l’unica, perché loro sono l’esempio della decadenza dell’era moderna.
Impedite ad un essere umano di leggere, di scrivere, di creare e contemplare la bellezza e non piegherete solo il corpo, piegherete la sua volontà di vivere, piegherete la sua capacità di sognare e avere fede.

 

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Trilussa

Ammetto che negli anni sono dovuto scendere a molti compromessi per riempire la pancia, fare scelte che hanno messo a dura prova la mia anima. Un’anima ferita, lacerate è contemplabile, accettabile, un corpo affamato no.

Ne siete certi?
Non ne sarei così sicuro.

Intermezzo

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Di notte

Manca una notte, alla notte che chiude il passato e apre il futuro.

La notte.

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Hermann Hesse

La poesia è sempre un’ottima lampada per illuminare gli spazi nascosti del nostro cuore.

Questa in particolare mi lascia sempre un pò di tristezza, ma non me ne dolgo. Ho accolto da tempo l’idea che si può esser tristi con gioia 🙂

Perché questa (malinconica) poesia alle porte del giorno che è gioia e inizio?

Forse per non dimenticare come si è arrivati fin qui. Forse per ricordare gli amici, per ricordare chi non c’è più.

Vorrei non dimenticare chi sono stato, non dimenticare gli errori, le frasi che non avrei dovuto dire, non dimenticare le sensazioni, le emozioni, non dimenticare i tanti riflessi che vedo allo specchio.

Riflessi che cambiano stagione dopo stagione e più vado avanti più la memoria ne lascia cadere qualcuno, ne lascia alle spalle qualcuno. Riflessi che non ricordo più.

Diniego!!!

Ho sempre apprezzato la lingua italiana, la sua forma, la sua musica.

Nella parola si manifesta l’unica e vera seduzione.

Il più grande atto di seduzione vive nello scambio di un suono, un’esclamazione che sposa un’altra esclamazione:

Io: T’amo!!!

Lei: T’amo!!!

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Versi

Oggi voglio riportare in vita (per questa sola occasione, forse?) il vecchio natodallatempesta0. 🙂
Alcune interazioni mi hanno ricordato i tempi in cui scrivevo di artisti e opere, di poeti e poesie.

Ieri mi è disceso il desiderio di aprire un libro di poesie.

Il bello delle poesia è, che ti accompagna sempre. E se hai letto abbastanza, sofferto abbastanza pene d’amore e contemplato nel silenzio abbastanza allungo, la pallida luce della Luna. Puoi riconoscerla nelle forme che nascono, crescono e muoiano attorno a te.

Allora accade qualcosa di stupefacente. Tutto!!! Tutto quello che è vivo, tutto quello che è inanimato, tutto ciò che ha vigore, tutto ciò che è inerte, tutto ciò che è reale e non reale, diventa un verso.

E senza aver coscienza, verso, dopo verso, ti accorgi all’improvviso di stare cercando una musa a cui dedicare quell’unico verso, custodito nel petto, lì, dove il cuore ha il suo scrigno.

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Nâzım Hikmet – Mosca 1959

Ho sempre trovato affascinante al di là della metrica, della presenza o no di rime, la verità della poesia. Quella verità che è manifestazione di attimi: Mangiare il pane, bere l’acqua, lasciarsi sfiorare dal vento, inebriarsi del sapore delle pelle.
Non sono versi, sono atti di vita, che diventano poesia nel momento che riconosci d’esser parte di qualcosa.

Grazie a chi mi ha letto.

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Zombi

Oggi per un impegno sono uscito di casa prima del sorgere del sole, vivendo in un paesino, alcune necessità che non trovo dove vivo, come già sottolineato, richiedono lo spostamento verso la città.

Mi sono ritrovato, quindi, a vivere il passaggio dal buio della notte alla luce del giorno: L’alba.

Capita spesso e quando un evento è ripetitivo, tende a perdere importanza, interesse, diventa abitudine, non ci si fa più caso.

Il buon Einstein diceva: “Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti.”

Oh cielo!!! Sono uno zombi e non lo sapevo!!!!!! 🙂

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E invece no!!! Oggi per la prima volta dopo tempo, dopo tante volte che faccio questa strada, mi sono fermato ad ammirare l’alba. La fugacità di quel momento mi ha spinto a bloccarmi ed ascoltare l’istante.

Forse è per questo che gli inni alle meraviglie del sentire si chiamano: Odi.
La poesia vissuta nella sua integrità di voce, di vista e udito.
La suggestione è ancora più marcata perché c’è il mare a far d’orizzonte alla nascita del sole, lo specchio vivo espande e riflette tra le nuvole la luce che piano piano costringe il buio a svanire, annichilato da tanta potenza.

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7 Novembre 2022

Potrei fermarmi qui e non scrivere altro, il post tutto sommato è carino, con quel pizzico di poesia in più, che basta a regalare una piccola emozione.

Ma qualcosina, ancora, avrei da dire su quell’essere zombi.

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Perché è facile, quasi scontato, riportare quella sensazione nella quotidianità, riflettere e scopire quello che già sai, che a forza di baciare la nostra compagna o nostro compagno, di far l’amore, tutto diventa ripetitivo, perde interesse e piano piano un giorno non ci fai più caso.

Quasi, quasi al ritorno le compro un bel mazzo di fiori, non c’è nessuna ricorrenza e forse proprio per questo avrà più valore, lo stesso di quell’alba appena passata.

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Mancanze

Scrivendo di poesia, di amore, di perdono c’è il rischio, come ho già avuto modo di esprimere in molte riflessioni, di cadere nella retorica e nella generalizzazione.
Ma poco importa, il bello è proprio questo.

Nella scelta del cammino, non si guarda in faccia nessuno, questo perché non c’è nessuno attorno.

Ora, la retorica sul cammino, sulla via, è piena di luoghi comuni e frasi fatte. Tutte legate alla scelta e all’ideologia che porta alla scelta.

Il cammino lo si può scegliere tortuoso e cupo:

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luminoso e dritto:

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E quanti appellativi dall’essenza filosofica si possono attribuire a questo sentiero invisibile:
La via del guerriero, la via della felicità, la via dell’eremita, la via della pace.

Alla fine si riflette semplicemente sulle scelte che si fanno.
La retorica, la generalizzazione e perchè no, anche la banalità smettono di esistere nel momento che si è orientati verso sé stessi e attraverso sé stessi si riflette come uno specchio quell’idea unita al sogno, che ci condiziona, cioè: l’ideale.

Per questo ringrazio chi condivide un pensiero o una scheggia della propria vita e sensibilità, perché ha superato quel limite che purtroppo, oggi, rende l’essere umano: egoista, presuntuoso e intellettualmente pigro. Vizi che portano a quell’idea che ho scritto nel procedente post. Che, oggi, la chiave di volta è la mancanza. La poesia era ed è, una conseguenza, alla perenne sensazione che mi manca qualcosa, che non si sta aggiungendo ma sottraendo qualcosa alla vita.
Cosa? Dipende dagli ideali che abbiamo.

Mi permetto di richiamare in questa riflessione quel che la sensibilità di chi mi ha commentato, ha creato, alcuni frammenti che sono esempi di un’ideale interiore:

“La poesia è il dialogo interiore che da forma alle cose: quasi tangibili, e le colora.”

“Mi ricordo che il mio papà e la mia mamma mi leggevano sempre “favole al telefono”. Ed era così bello.”

“Vuoi mettere, l’emozione che si prova, quando mettendo la testa sulla sua spalla, lui in un muto conversare.. ti fa capire che c’è per te..”

Quel che lega questi tre frammenti di pensiero è: la comunicazione. Tutte è tre sono espressione di un calcolo che da’ come risultato: Qualcosa che al di là della sua valenza di somma, di addizione, di sottrazione o divisione, è un appello verso la ricerca di una voce.

Sapete cosa faccio quando ho bisogno di ritrovarmi?

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Sarà, forse, il contatto con l’elemento primitivo o la sensazione di essere nell’atto di trovare un qualcosa, nella forma, ma è lì che il silenzio diventa vivo, che il tempo si dilata e si ritrae all’unisono, che il sottofondo non registra più suoni e quasi, quasi, si sente la voce dell’anima.

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Un debole per la Poesia

Dopo tante riflessioni al limite del tormento.
Bisogna equilibrare la bilancia e mettere dei pesi anche nell’altro piatto.
Non si può dare voce solo alle paure e ai vizi, anche la luce ha bisogno di attenzioni e gentilezze.

La festa di Ognissanti è passata, ieri si è un pò girato, visitato le fiere. Visto gente stravagante e ammirato cose che di solito hanno altre forme:

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Fiera – 2 Novembre 2022

S’io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane cosi grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane cosi verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chilì i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia!


Gianni Rodari

Il momento poetico ci sta. La poesia a suo modo e con i suoi tempi arriva sempre durante il giorno, a ispirarci, a lusingarci, a regalarci un momento di elevazione spirituale che la vita quotidiana ci concede poche volte.
Poi se hai il cuore innamorato, sai le caz…..te che si dicono, quasi, ci si crede.

Sei seduto, davanti hai la donna che ti ha rubato il cuore, magari è sera, attorno tante persone che si divertono. Le prendi la mano e guardandola con lo sguardo migliore che hai, le dici:

Sei bella oggi.
Ti amo come il primo giorno.
Senza di te non sono che un piccolo uomo.

Qualcuno attento potrebbe anche notare i particolari, le attenzioni che lei indossa o si è creata: Perché no! Per ricordarci, che si fa bella non solo per lei, ma anche per noi.

Esistono, ancora, queste accortezza, questi gesti poetici?

Perché questa è la poesia, non è un componimento in rima, decantato secondo un ritmico accostamento di consonanti e vocali, ma un’impellente desiderio di dare forma ad un sentimento che vive e brucia in un determinano momento e che facilmente si spegne, dopo aver consumato l’ultimo tizzone di desiderio. Il suono è privilegiato in questa rincorsa all’amore.

Mia nonna mi raccontò che ai tempi, mio nonno, le dedicò una serenata. Un vera serenata, non canto lui, non aveva il dono di una voce intonata, ma si mise all’angolo della finestra con la coppola in mano e gli occhi in alto, mentre la banda, quattro orchestrali, un mandolino, una fisarmonica, un flauto e la voce solista, intonavano il brano d’amore.

Dedicarle: un sei bella, un ti amo, un sei l’unica, può lusingare e accendere per una notte il cuore e la passione che esso vuole e desidera. Ma serve altro, ben altro per costruire sopra la poesia, un castello di certezze, un maniero abbastanza fortificato da resistere alla più folle tentazione dell’uomo e anche della donna. La follia d’esser padrone del cuore di chi ami.
Perché sì! C’è chi pensa, che dopo il contratto stipulato con il primo bacio, la prima, come si usa dire oggi: far sesso, fottere, scopare, trombare (poesia dell’eccitazione direbbe qualcuno), volta si è padroni e si più riporre il cuore, non serve più, lei o lui oramai sono nostri.

In una coppia si dice che c’è sempre qualcuno che ama un pò di più, può esser vero, perché c’è sempre qualcuno che si tira indietro prima, che dice scusa per primo, che sorride dopo la lite per primo. Questa è la poesia, sentire di poter fare un passo indietro, di trasformare l’orgoglio in un verso di pace e perdono, di sorridere dopo aver visto la tempesta.

Si dice, anche, che in una coppia c’è una parte forte e una parte debole. Nella mia coppia all’apparenza è la mia compagnia la parte forte. Carattere risoluto a volte impulsivo, occhi vispi, parola spigliata, con armi appuntite sempre pronte a pungere con ironia e sarcasmo e una irremovibile concretezza che la rende tenace e perché no anche testarda.
Io, invece, riflessivo, creativo, come mi dice a volte; troppo in alto con i pensieri per vedere il mondo come è e capirlo. Agli inizi fragile mi diceva, con il tempo ha capito, che la fragile è lei e che le mie spalle sono così grandi da riuscire a sopportare, un mondo violento senza perdere mai la pazienza e la forza di rispondere con gentilezza. In un mondo dove è debolezza tutto questo.

Secondo il mondo di oggi, infatti, io sono un debole.

Osservate la società, il modello che si è creato e si sta creando e soffermatevi sull’identità di chi, oggi, abusa e sottomette ad esempio la donna.

Che natura ha chi afferma, alla fine se l’è cercata?

Non pensate che in tutto questo la poesia non gioca un ruolo importante. Gioca un ruolo determinante, nel momento che essa è sminuita, resa ombra di faccine e riassunti calligrafici.
La sintesi dell’anima, trasformata in una didascalia.

Ero partito con l’idea di scrivere qualcosa di felice e non triste, mi sa mi è riuscito a metà.