“L’ambiente naturale muta a seconda del cuore.
Se il cuore è impuro l’ambiente ne risulta inquinato;
il cuore segue la natura e ne viene contagiato.
Se l’ambiente naturale è sereno il cuore diviene luminoso.”
~ Henjo Hakki Shoryoshu ~
A circa 50 chilometri da dove abito c’e’ un bellissimo giardino giapponese e qualche giorno fa programmai di farci un salto. Mi hanno sempre affascinato i giardini giapponesi perche’ sono intimamente legati alla filosofia giapponese.
Quella mattina presi la macchina e con il navigatore impostai le istruzioni per arrivare nel modo piu’ veloce al giardino. Durante il viaggio ero in compagnia di Zucchero (uno dei miei cantanti preferiti). Arrivai quasi a mezzogiorno, parcheggiai la macchina e mi diressi verso il giardino.
Mi sembro’ di entrare in una nuova dimensione di calma, pace, silenzio. La prima cosa che mi colpii’ fu l’elemento dell’acqua rappresentato sotto forma di cascatelle o fontanelle. Mi soffermai ad ascoltare il fluire dell’acqua che s’infrangeva contro i sassi, non era rumore, ma un suono melodico, oserei dire musicale, che rilassava piacevolmente; ed io ero li’ ipnotizzata dalle gocce che come note musicali innalzavano al cielo un’orchestra di dolci suoni. Poi notai i sassi un altro elemento dominante nel giardino giapponese. La cosa che mi colpii molto fu l’accuratezza di come le pietre venivano sovrapposte. Tutto appariva messo a caso, in realta’ l’asimmetria con cui le pietre erano collocate all’interno del giardino era voluta perche’ rappresentava le tortuose difficoltà che si incontrano nel corso della vita, in un continuo alternarsi di ordine e disordine. Lessi sull’insegna posta vicino ad un gruppo di pietre differenti tra loro che, nella filosofia giapponese, le pietre vengono suddivise in cinque gruppi corrispondenti ai cinque elementi: acqua, terra, fuoco, metallo, legno. E mi soffermai a guardare la bellezza delle pietre/legno lisce, levigate, lucide la cui caratteristica era quella di essere alte, verticali e di assomigliare agli alberi (ecco perche’ legno) ed essere simbolo di fertilita’. Mi incamminai lungo questo sentiero costeggiato da pietre e sassi levigati dal vento, dal tempo, dall’erosione delle piogge, immergendomi in questa dimensione “rocciosa”, solida, persistente. Ma ad un tratto, mi accorsi che non c’erano solo pietre sassi e acqua ma anche tanto verde.
L’elemento vegetale non era prevalente rispetto agli altri elementi costitutivi del giardino, piuttosto insieme a questi, si integrava come una necessita’ di raggiungere la pienezza e l’armonia della composizione. La mia attenzione cadde su un albero in miniatura trasformato da abili tecniche umane e al momento mi sembro’ che l’intervento umano fosse un’alterazione del processo naturale di una pianta e dell’ambiente stesso. Poi l’occhio mi cadde su una insegna che spiegava a grandi linee la tecnica bonsai e il motivo per cui venivano potati gli alberi sin dalla nascita e durante tutta la loro vita.
In poche parole nella filosofia nipponica il controllo della natura da parte dell’uomo non era inteso come effetto della padronanza del giardiniere sulla natura, piuttosto come una cooperazione tra uomo e natura al raggiungimento della perfezione di quella forma insita in ogni elemento naturale. Dovetti riflettere a lungo su questa considerazione anche se al momento non mi sembrava di facile comprensione. Mi chiedevo: “come fa l’uomo a sapere quale e’ la perfezione insita in ogni elemento???”
Poi mi guardai attorno, la bellezza del giardino era avvolgente, la vista spaziava senza trovare ostacoli visivi, tutto era in armonia in un alternarsi di colori e silenzio: dagli arbusti con foglie colorate alle piante verdi, dalla camelia ai rododendri in fiore. Mi sentii in contatto con il silenzio, lo sentii accarezzarmi la pelle, attraversarmi l’anima, sfiorarla e renderla recettiva. Mi trovai in uno stato di estasi, voci divine che attraverso la natura mi rendevano sensibile ed aperta. La natura tutta attorno divenne luogo sacro, mistico, momento di ispirazione, di meditazione e per un istante ebbi l’impressione quasi impercettibile di comprenderla.
E allora tutto mi appari’ perfettamente in equilibrio e una risposta sopraggiunse alla mia domanda: “come fa l’uomo a sapere quale e’ la perfezione insita in ogni elemento???”
Realizzai che era possibile che cio’ accaddesse, ma poteva solo accadere ad una condizione, solo attraverso una profonda amicizia tra uomo e natura, solo attraverso un intimo dialogo tra uomo e natura e cominciai a capire che solo quando l’uomo si addentra e vive dentro la natura, solo allora e’ in grado di percepirne la perfezione ed e’ allora anche capace di realizzarla.
Questo sentimento di amore tra “uomo e natura” prese il sopravvento dentro di me e mi sentii divinamente bene. Rimasi li’ ferma immobile per lungo tempo in totale contemplazione di cio’ che l’uomo puo’ essere e diventare quando vive in armonia e simbiosi con la natura.