Un incontro … con Bea!!

“Si puo’ fare, si puo’ fare…puoi volere, puoi lottare, si puo’ crescere e cambiare e continuare a navigare … Si puo’ fare, si puo’ fare!!!” ~Angelo Branduardi~

E’ strana la situazione in cui ci troviamo a vivere, una situazione fatta  di controsensi. Piu’ ci “consigliano per la nostra salute” di stare lontani dagli altri e piu’ ci troviamo quasi “costretti”, ma con mio grande piacere, a vivere ancora piu’ da vicino l’uno con l’altra a causa delle chiusure delle scuole,  degli asili nidi e anche per aiutare quelle donne  che  con i bambini a casa  non riescono a lavorare “home office”. Ed ecco che il vicinato diventa la salvezza e il controsenso al distanziamento che ci vogliono imporre.

Grazie al vicinato ci aiutiamo gli uni con gli altri.  Mi capita spesso di fare la baby sitter gratis del vicinato, ma per me e’ una grande gioia poter aiutare qualcuno. Anche oggi per esempio sono  andata a tenere compagnia alla  mia cara Beatrice.

Bea e’ una bimbetta di 8 anni molto intelligente ma che appartiene alla generazione di coloro che hanno imparato a giocare solo con il telefonino. I primi tempi che la frequentavo avevo grandi difficolta’ a stare insieme con lei perche’ tendeva ad “isolarsi”. Interagire con me le era faticoso. Abbiamo cosi cominciato con un foglio di carta e tante matite colorate. Abbiamo disegnato tanti animali insieme e poi li abbiamo ritagliati e inventato una storia. Piano piano lei si e’ dimostrata partecipe interessata e volenterosa.

Mi diceva “posso colorare il maialino di celeste cosi e’ un maschietto??” “Ma certo” le rispondevo “nel mondo della fantasia tutto prende il colore che noi desideriamo”. E cosi sorridevamo insieme e dipingevamo il maialino a strisce celesti.

Lentamente abbiamo ritagliato tanti personaggi e abbiamo creato un piccolo teatrino. Qualche volta abbiamo persino invitato le sue compagne di scuola ad assistere al nostro teatrino. Il divertimento si e’ diffuso cosi rapidamente  al punto che la partecipazione a scrivere favole e storie da rappresentare ha cominciato a coinvolgere anche le sue amichette.

La fantasia, che sembrava essersi offuscata nella mente di Bea, a causa di quegli stupidi giochini sul telefono,  ora era tornata piu’ viva che mai e, con grande mia soddisfazione, l’aiutavo a creare  storie sempre piu’  fantastiche  ma che psicologicamente le permettavano di risolvere  problematiche reali. Storie in cui lei stessa imparava a crescere dando un finale tutto suo come soluzione al problema.

Ogni volta che esco dalla casa di Beatrice mi sento felice perche’ mi accorgo che con un po di buona volonta’ SI PUO’ FARE! Si possono contrastare i pericolosi ingranacci della “digitalizzazione” con tutti i suoi effetti dannosi sulla mente e sul corpo umano, attraverso piccoli atti d’amore.  SI PUO’ FARE! Si possono ancora aiutare i  bimbi “moderni” con giochi semplici e ricchi di fantasia e amore.

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“Il bambino non e’ un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere” ~Francois Rabelais

Un incontro … con tutti Voi!

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“La vita e’ un eco: cio’ che tu doni ti ritorna, cio’ che tu semini lo raccogli, cio’ che tu dai lo ricevi, e quello che vedi negli altri esiste in te!” ~ Madre Teresa di Calcutta ~

Sento il bisogno di ringraziare, con tutto il mio cuore, tutti Voi, miei carissimi Amici e anche Commentatori per aver avuto la pazienza, la costanza e anche la voglia di avermi seguito fin qui. Vorrei tanto ringraziarVi per tutte le osservazioni, le considerazioni, le attenzioni, e i consigli che direttamente ed indirettamente,  mi avete regalato, raccontandomi le Vostre esperienze.

La Vostra presenza e’ stata per me un grande regalo e Voi questo regalo me lo avete fatto ogni giorno dell’anno e io non posso che abbracciarVi tutti per dimostrarVi il mio affetto e rivelarVi la ricchezza che mi avete offerto attraverso le Vostre semplici ed individuali parole.

Ogni Vostro commento aveva ed ha una sua bellezza, una carica vitale, una energia positiva, una delicata poetica, che mi ha aiutato durante tutto questo anno e sin da quando ho iniziato questo blog che piu’ che blog lo considero un cammino con tutti Voi che sapete prendermi per mano.

E grazie a Voi mi trovo a seguire un sentiero che e’ il mio, unicamente mio, ritrovando me stessa anche con il Vostro grande aiuto e supporto.

Ognuno di Voi mi ha regalato un pezzettino di se stesso/a ed io l’ho accolto, gradito, amato e conservato affinche’ diventasse parte della mia esperienza.

Mi avete aiutato ad allargare gli orizzonti, ad offrirmi prospettive diverse, ad ampliare le mie conoscenze e a ritrovare me stessa. Non c’e’ dono piu’ grande per me . GRAZIE per le piccole cose che mi avete donato perche’ sono loro che portano a grandi cambiamenti.

Madre Teresa

 

Un incontro…. con Saverio!!

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Non so se dipende dall’eta’ che avanza o dai pensieri che spesso affollano la mia mente, ma qualche volta mi trovo ad essere distratta senza accorgermene, proprio come e’ successo oggi alla fermata del semaforo. Attendevo con pazienza il verde per attraversare quando, non so come,  spinta da una forza piu’ forte di me passo con il segnale rosso. Una macchina frena inchiodando a pochi passi da me e un autista urlando esce investendomi con parole poco gentili. Io non realizzo di essere passata con il rosso e, tanto meno, mi rendo conto del rischio che stavo correndo.

Reagisco con un tale mutismo che meraviglia persino me stessa. L’autista mi accompagna sul marciapiede accosta la macchina e mi chiede se sto bene. Sorrido e lo ringrazio e guardandolo ancora una volta, in uno stato di catalessi. All’improvviso un lampo di memoria:  lo riconosco!

Un viso “antico”, un viso, oggi, leggermente piu’ gonfio con qualche ruga intorno agli occhi e alla bocca e contornato da una barba marmoreggiata di bianco. Gli chiedo all’improvviso, ma tu sei Saverio? Lui mi guarda a sua volta sorpreso e intento a comparare il mio volto con quelli archiviati nella sua memoria. “Si sono Saverio e tu sei?”

Sorrido per confermargli la risposta, e allora lui mi abbraccia con un fare fin troppo confidenziale e  mi dice “che bello che ti ho ritrovata!!” Anche io sono molto sorpresa e soprattutto di averlo incontrato di nuovo in un paese differente da quello in cui ci eravamo conosciuti tanto tempo fa.  I nostri incontri tuttavia erano sempre un po strani e buffi.

Lui faceva allora  e continua a fare il tassista. La prima volta lo incontrai ai fori imperiali a Roma quando al volo riuscii a fermare il primo taxi che vidi. Lui mi accompagno’ a casa e poiche’ avevo vari pacchetti ne dimenticai uno sul suo taxi. Al momento non mi accorsi di averne lasciato uno, ma piu’ tardi me ne resi conto e, pur tentando di mettermi in contatto con il centro taxi spiegando la faccenda, non risolsi il problema.

Ma Saverio fu cosi gentile di ritornare una sera e di consegnarmi il pacchetto. Fu cosi che la nostra breve storia incomincio’. Saverio era un tipo molto passionale, emotivo, e si infuocava facilmente nel bene e nel male. Aveva un carattere istintivo, impulsivo, tuttavia si faceva  adorare con i suoi modi affettuosi e al tempo stesso focosi. La nostra storia sessualmente fu “colorata” dai suoi forti stati d’animo e io non sapevo mai di “colore” sarebbe stato la sera in cui ci saremmo incontrati.

Era un uomo che si innamorava facilmente ed ogni volta, prima di stare insieme, mi raccontava le sue avventure da tassista e di quante belle donne dalle gambe lunghe o dai capelli biondi aveva accompagnato. Era un tipo estroverso e parlava con tutte.

Io ero tendenzialmente gelosa e tutte quelle storie non mi mettevano certo di buon umore vedendo poi lui cosi preso nel raccontarmele. La storia non duro’ molto a causa dei nostri caratteri direi incompatibili.

E oggi ecco che a distanza di anni, davvero tanti, lo rincontro. Andiamo a prenderci un caffe’ da portar via e ce lo beviamo sulla panchina della piazza della stazione. Mi racconta di aver avuto tre mogli e che la terza e’ attualmente una tedesca innamorata degli uomini italiani. Un uomo come Saverio fa innamorare tutte le donne del mondo il problema e’ viverci insieme.  Chiacchieriamo a lungo quando a un tratto mi dice che deve tornare a lavorare e che in questo periodo i tempi sono piu’ difficili.

Lo vedo salire sul taxi gli faccio un cenno con la mano e lui mi grida quando hai bisogno di un taxi chiedi di me del 542!

La vita mi aveva offerto contemporaneamente il rischio di finire sotto una macchina e la sorpresa di ritrovare un vecchio amico.. Non e’ buffa la vita??

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Un incontro… le lettere d’amore!!

“Scrivimi…hai poca voglia di parlare allora, scrivimi!! servira’ a sentirti meno fragile… quando nella gente troverai solamente indifferenza, allora  scrivimi!! scrivimi …. so accontentarmi anche di un solo saluto…. scrivimi!”

Pulire le cantine e le soffitte non e’ stato mai un lavoro piacevole per me, anche se, alcune mie amiche si divertono a rovistare nelle cantine per trovare chissa’ che.

I miei genitori avevano lasciato la casa in campagna perche’ era stata data nelle mani di una agenzia immobiliare per metterla sul mercato. Mi fu chiesto di svuotare la soffitta perche’ la casa doveva essere completamente vuota. Non ero mai stata in soffitta non amavo gli ambienti polverosi, poco illuminati, mi trasmettevano un senso di paura.

Aprii lo sportellone, scese una scaletta stretta e mi arrampicai su. Avevo una torcia e cercai di dare un’occhiata generale prima di addentrarmi come se avessi avuto paura di incontrare qualche fantasma. La soffitta era semivuota, c’erano sparsi  solo qualche scatolone sigillati con dei nastri adesivi. Curiosando notai che contenevano coperte e lenzuola matrimoniali mai usate, assomigliavano ai vecchi corredi di una volta quelli ricamati nella Firenze rinascimentale. Asciugamani di lino con pizzi di sangallo e festoni di uncinetto. E nel rovistare tra quel  un corredo  mai usato, ma ingiallito dal tempo e con un odore di umidita’ e muffa trovai avvolto un pacchetto.

Non era un pacchetto erano solo una trentina di lettere tenute insieme da un nastro rosso porpora. Il nastro era ancora intatto se ne percepiva la superficie vellutata. Provai a slegare il nastro e un senso di grande rispetto invase il mio cuore. Le buste erano ingiallite si erano persino infragilite. Provai ad  aprirne una e mi accorsi che erano le lettere d’amore di mio padre e di mia madre che si erano scritti nel periodo di fidanzamento con qualche foto anche quelle sbiadite dal tempo.

Fui colta da una profonda emozione d’amore. Non  avrei mai immaginato che i miei genitori si potessero voler cosi tanto bene. Leggere quelle poche righe mi fece arrossire e sentii quasi un senso di colpa come se stessi “rubando” qualcosa di strettamente “segreto”. Eppure ero la figlia, si ero e sono la figlia, ma quale diritto avevo io di intromettermi in quell’amore che era solo loro? quale diritto avevo io  di entrare in quel mondo fatto solo da loro due? Ripiegai immediatamente la lettera e decisi che non avrei piu’ letto nessun’altra anche se la curiosita’ mi attanagliava. Rilegai le lettere e le rimisi tra le lenzuola. Portai giu’ quei pochi scatoloni e li riposi nel bagaglio della macchina per poi lasciarli definitivamente nel garage.

Tornai a casa e passando dai miei li guardai per la prima volta con occhi diversi. Loro, la mia mamma e il mio papa’, con i loro anni sulle spalle, stavano invecchiando insieme capaci ancora di tenersi per mano e di sorreggersi a vicenda, nonostante le vicissitudini della vita. Io li guardai per la prima volta con occhi diversi.  Erano sempre i miei genitori ma erano pure una coppia che era stata capace di resistere al tempo. Io li guardai per la prima volta con occhi diversi. Erano li’ affaccendati a fare le stesse cose quotidiane ma io adesso percepivo tra di loro una intesa amorosa che era passata attraverso gli anni ed attraverso gli anni si era fortificata. Loro erano li’ come due colonne portanti a miei occhi pronti a dimostrarmi che quando ci si ama davvero si scrivono lettere d’Amore.

La mia passione per scrivere lettere l’ho sempre avuta ma ho capito grazie a loro l’importanza di scrivere lettere d’amore. E’ nelle lettere d’amore che si consolidano i rapporti umani. Oggi nell’era dei sms, dei chat, degli snapchats, dei smiley face con i loro simboli le lettere d’amore sono una reliquia e rappresentano un tempo anacronistico.

Oggi abbiamo perso l’uso delle parole, abbiamo perso il valore delle parole, che invece una lettera d’amore ci regala. Vorrei tornare a scrivere lettere d’amore perche’ sono sicura che ci aiutano a ribilanciare mente, corpo e anima. In fondo non ci vuole molto tempo per scrivere una lettera d’amore che attraverso i sentimenti come la gentilezza, la  gratitudine, l’apprezzamento, l’affetto, l’attenzione, la presenza aiuta a ripristinare, in un mondo troppo arido e superficiale nel quale viviamo, un equilibrio stabile tra mente e cuore. Il cuore si apre, l’anima prende il volo, la mente si calma e l’armonia interiore  si realizza e noi ci troviamo in una nuova condizione di benessere mentale e fisico.

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Un incontro… con Samuel!

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“Quando conosco la verita’, amo sentir raccontare “bugie” solo per capire fino a che punto la gente riesce ad essere falsa” (Anonimo)

Ogni giorno il bollettino delle restrizioni rasenta la follia e una delle ultime recenti comunicazioni e’ proprio quella di “non andare a sciare per rischio di contagio”.

Sorrido e penso a quando ero li’ invece, molti anni fa, su quel treno con la mia valigia carica di vestiti scelti uno per ogni occasione,  che poi finii di non indossarli mai tutti. Ero diretta verso una localita’ sciistica nel periodo natalizio e, benche’ io non sapessi sciare, ero andata per svagarmi qualche giorno interrompendo la routine lavorativa.

In questo piccolo hotel/chalet avrebbero organizzato delle serate danzanti e dei giochi natalizi per intrattenere i clienti. Ecco perche’ nella mia valigia non mancava nulla per ogni possibile situazione. L’albergo non contava molte camere tuttavia era affollato da ospiti prevalentemente stranieri.

Fu proprio li’ che in quei giorni di spumante, vino rosso e musica rock conobbi Samuel. Era un bell’uomo alto, biondo, dalla carnagione molto chiara con dei bellissimi occhi celesti. Si faceva chiamare Sam. Lo notai al tavolo all’ora di pranzo accompagnato da una bellissima donna anche lei bionda, capelli lunghi, snella e con un accento straniero. Lo fissai varie volte, ma solo perche’ ero incuriosita dall’indovinare da quale paese potesse provenire.

Ad un tratto il cameriere mi porto’ una fetta di torta al cioccolato e mi disse che me la stava offrendo il Signor Sam. Io rimasi molto sorpresa, ma ovviamente golosa come sono, accettai ricambiando lo sguardo con un sorriso.

Lo ritrovai la sera al bar, da solo, intento a bersi un caffe’ mentre io stavo ordinando un latte macchiato. Si avvicino’ e cominciammo a parlare. Era canadese ed era venuto in Italia per un tour tra le varie localita’ sciistiche.

Per farla breve  finimmo presto a letto e l’attrazione che provai per lui non fu soltanto fisica ma inconsciamente avvertii una sorta di rivalsa femminile che ne aumentava la trasgressione. “Un conto” mi dicevo tra me e me “e’ piacere ad un italiano con cui si condivide lo stesso tipo di mentalita’,  ma completamente diverso e’ l’essere piaciuta ad uno straniero”.

Tale idea eccitava i miei sensi e il mio ego femminile di essere scelta come donna pur avendo solo 25 anni anche da uomini di diversa nazionalita’.  Furono giorni sessualmente travolgenti ed elettrizzanti con Sam specie quando lui mi inebriava sussurandomi a bassa voce parole americane.

Tuttavia la presenza piuttosto frequente di quella donna con cui lui si accompagnava regolarmente mi insospettiva e mi incuriosiva fino a tal punto che gli chiesi in che relazione stava con quella donna bionda. La sua risposta fu: “E’ mia sorella!”

I giorni passarono in fretta e giunse il momento di salutarci. Ci ritrovammo per un aperitivo ed io stavo quasi per domandargli un numero di telefono  per rimanere in contatto quando sopraggiunse la donna bionda e nel presentarsi a me disse sono “Carol la moglie di Sam!”

Rimasi stupefatta, un senso di delusione prese il sopravvento, le parole non avevano piu’ un senso. Guardai Sam negli occhi, lo fissai a lungo, e poi mi limitai ad augurare ad ambedue  buon viaggio. Lasciai lo chalet da li’ a poco.

E ancora con gli occhi fissi dal finestrino del treno, che lasciava intravedere piccoli villaggi ancora imbiancati,  mi chiedevo se era giusto mentire per un briciolo di sesso.

Non rimpiangevo nulla, era stato bello per me e per lui, ma ancora mi domandavo: “Perche’ il “bello” era stato “bello” sull’inganno?”

 

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Un incontro…. con il Natale!

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“Cosa fai a Natale?”, quante volte mi sono sentita porre questa domanda nel mese di dicembre. Fra amiche ci si raccontava un po’ le solite cose: che si sarebbe fatto un bell’albero di Natale, che avremmo avuto una nuova varieta’ di torroni in commercio, e che avremmo cucinato i classici menu’ natalizi.  Era scontato parlare di chi avrebbe preso parte alle feste natalizie era sottinteso che le famiglie si sarebbero riunite, incontrate di nuovo ritualmente e  che avrebbero festeggiato tutti insieme un evento che si ripeteva da una eternita’. Oggi questa frase mi ritorna come un ritornello vuoto e mi trovo a meravigliarmi come all’improvviso le cose sono, e stanno cambiando repentinamente.

Mi chiedo potro’ ancora trascorrere le feste con la mia famiglia? Che cosa potro’ fare e non fare? puo’ la mia vita dipendere dalle decisioni di “qualcuno” che esegue solo ordini in nome di una falsa protezione della salute? Che ne sa quel “qualcuno” degli abbracci, dell’importanza che gli abbracci significano tra familiari?

Vedo il caos, vedo un grande smarrimento e il fallimento totale di una gestione incompetente e professionalmente incapace. E penso ai miei Natali trascorsi, a quel patrimonio di ricordi che nessuno potra’ portarmi mai via.

Mi rivedo una bambina che tenuta per mano dal suo papa’ si soffermava incantata sulle bancarelle di piazza Navona arredate a festa per il Natale. Ricordo che ero affascinata da tutti quei colori, dai tanti giocattoli che venivano esposti e quanto ne avrei voluto uno. C’era una bambola di pezza che mi piaceva molto, ma mio padre mi diceva sempre che era troppo cara. Non eravamo ricchi e la mia famiglia, per darmi il necessario, risparmiava sul superfluo. Per mio padre quella bambola sarebbe stata il “superfluo” ma non certo per me, forse lui non lo immaginava! Ero attratta dal profumo delle mandorle carammellate ancora calde in quelle serate cosi fredde. Ero avvolta da sciarpa, cappello di lana, guantini e scarponcini pesanti. I miei erano sempre preoccupati che mi raffreddassi e cosi mi coprivano tanto. Ricordo quel profumo invitante dello zucchero filato venduto su un bastoncino, ricordo le mele stregate ricoperte di cioccolato. Ricordo di aver desiderato tanto una foto scattata insieme a  Babbo Natale sulla sua slitta ma anche quella faceva parte del superfluo.

Oggi invece al posto del genitore c’e’  “qualcuno” che si permette con una certa autorita’ di vietare questi piaceri natalizi. I mercatini tipici di natale sono stati vietati, gli incontri con gli amici per un aperito festivo sono stati proibiti, e ora mi chiedo pure la famiglia dovra’ festeggiare a “distanza”? Si dovra’ festeggiare sulle nuove piattaforme digitali come zoom? E gli abbracci? dove sono andati a finire gli “abbracci”?

Vedo il caos, vedo un grande smarrimento e il fallimento totale di una gestione incompetente e professionalmente incapace.  E penso ai miei Natali trascorsi, a quel patrimonio di ricordi che nessuno potra’ portarmi mai via.

Mi rivedo bambina alle prese con palline colorate e fili di luce e tante amichette vicino a me. Era tradizione di casa invitare le amichette di scuola il 10 dicembre per aiutarmi a fare l’albero e il presepe. Quante risate insieme mentre salivamo su un seggiolino che traballava un po’, per riuscire ad appendere le palline.  E quanti  gingerbread men (biscottini) abbiamo sgranocchiato di nascosto mentre  mia nonna li sfornava.  Alla fine accendevamo le luci e l’albero brillava tutto poi completavamo il presepe: la capanna, i pastori, le pecorelle e tanta neve. Gesu’ Bambino non lo mettavamo  la notte del 24 quando sarebbe nato. Finito il presente usavamo dire una piccola preghierina e poi cantavamo  “tu scendi dalle stelle”. Erano momenti molto emozionanti e coinvolgenti che ancora oggi posso rivivere ad occhi aperti.

E adesso invece quel “qualcuno” vuol toglierci anche la famiglia?? Vuol toglierci l’intimita’ e la gioia di ritrovarci tutti insieme, vuol toglierci la felicita’ di rivedere parenti e amici che hanno occasione di farlo solo a Natale?  E’ pazzesco, e’ di una follia che supera persino la ragione e la logica divina.

Vedo il caos, vedo un grande smarrimento e il fallimento totale di una gestione incompetente e professionalmente incapace. E penso ai miei Natali trascorsi, a quel patrimonio di ricordi che nessuno potra’ portarmi mai via.

Tuttavia io non mi arrendo a tutto cio’ e, tanti come me, non si arrendono e non si arrenderanno perche’ quel caos che e’ ci hanno voluto generare  possiamo e dobbiamo crearlo pure noi, dentro di noi, affinche’ come suggerisce Nietzsche, una stella danzante possa sorgere dentro di noi.

“Man muss noch Chaos in sich haben, um einen tanzenden Stern gebären zu können”   Friedrich Nietzsche,  Thus Spoke Zarathustra

 E’ dunque questo, miei carissimi Amici, l’augurio che rivolgo a VOI tutti per il Natale che verra’. Qualunque esso sia o sara’, che sia sempre un “natale” come significa etimologicamente la parola una “nascita”:  che nasca dentro di noi la consapevolezza di voler ancora metterci in gioco!

Il mio augurio e’ dunque quello di non aspettare piu’ la stella cometa, ma di far  nascere dentro di noi una Stella Danzante! Vi abbraccio tutti con il cuore pieno di fiducia, sicura che tante nuove stelle danzanti sorgeranno presto dentro tutti NOI. La Vostra Amica di sempre.

“…  A new day has come……. Un nuovo giorno è arrivato!
Sono stata ad aspettare così a lungo
per l’arrivo di un miracolo
tutti mi dicevano di essere forte
aspettare e non versare una lacrima…….

Silenzio, ora
Vedo una luce nel cielo
oh, mi sta quasi accecando
non posso credere
di essere stata toccata da un angelo con amore…..”

 

 

Un incontro … con il Grande Amore!!

Il tuo atteggiamento mentale da’ alla tua intera personalita’ un potere di attrazione che  attrae le circostanze,  le cose e la gente  a cui pensi  di piu’. ~Napoleon Hill ~

Nonostante la pagina fosse piena di errori da correggere il mio sguardo era altrove, fisso sul volare delle foglie ingiallite che il vento stava trasportando via, un vento feroce stava denudando quel povero albero e i miei occhi erano li’ fermi, quando il suono del telefono attiro’ la mia attenzione. “Posso venire a trovarti tra un’oretta ho bisogno di parlare con te” mi rispose una voce singhiozzando. “Certo, dai vieni, ti aspetto!!”.

Quel tono di voce mi aveva messo in allarme, quel sentire la sua voce tremolante e disperata mi commosse e per consolarla decisi di preparare, in un baleno, un bel ciambellone “notte e giorno”. Feci tutto in fretta perche’ il tempo a disposizione era poco. Suono’ il campanello era Lei. Aprii la porta e vidi il suo visino sciupato, nascosto dalla mascherina. “Dai togliti quella stupida mascherina e vieni dentro!” Le dissi con un tono di voce incoraggiante. Fu un attimo e ci trovammo l’una nelle braccia dell’altra come sempre lo eravamo state.

Lei senti’ il profumo della torta appena sfornata e con un grande sorriso mi disse “mi fai sempre sentire a casa!!”. “Sei a casa!!” le ribadii io, cercando di farla sentire a suo agio, in modo che potesse raccontarmi cosa le stesse accadendo. Davanti ad una bella fetta di ciambellone e un cappuccino caldo inizio’ a confidarsi con me. Si sentiva avvilita, frustrata a causa del secondo lockdown. Le avevano chiuso la piccola palestra di yoga, unica sua attivita’ in cui aveva investito, vita, anima e corpo, e anche una bella quantita’ di denaro. Anche lei come me non credeva a tutta questa “commedia” messa in atto da un governo “mondiale” per distruggere le nazioni.

Sentivo il suo dramma, percepivo il suo dolore, la presi tra le braccia e ci abbracciammo a lungo e poi le dissi “cara anche io sto nella stessa barca e certamente non posso dirti di sperare in un futuro migliore, posso solo dirti di credere in te, come io continuo a fare con me stessa. Dobbiamo rinventarci una vita nuova perche’ questa ce la stanno portando via”. La presi per mano andammo a sederci sul tappeto con la schiena poggiata al divano l’una vicina all’altra, come due sorelline e, mentre le raccontavo la mia storia, ci mettemmo ad ascoltare la canzone di Whitney Houston.

C’era una volta una bambina nel parco…..

Quanto chiasso in quel giardino tra scivoli, altalene, e girotondi e varie acrobazie costruite con legni e corde, eppure bastava cosi poco ai noi bambini per divertirci. (“Let the children’s laughter remind us how we used to be”).

Vedo loro e vedo me e mi ritrovo anche io li’ una bimbetta con il suo secchiello che portava sempre con se’ per raccogliere i sassolini. Ero una bambina solitaria e spesso mi mettevo in fila per andare su una altalena, ma capitava, il piu’ delle volte, che il pomeriggio finiva ed io stavo ancora in fila. Stavo gia’, in qualche modo, imparando a conoscere la vita con la sua “prepotenza” e l’ingiustizia persino tra di noi bimbi. Me ne tornavo a casa almeno con il secchiello pieno di sassolini!! (“I never found anyone who fulfilled my needs”)

Giocavo spesso da sola e a volte sognavo di andare al parco di notte dove non ci sarebbe stato nessuno ed io sarei stata l’unica a salire sugli scivoli e sulle altalene, avrei avuto tutto lo spazio per me.
Poi sono cresciuta e ho dovuto rapportarmi con gli altri non c’era uno spazio libero tutto per me!! Ero circondata dalla “gente” e con la gente dovevo relazionarmi. I condizionamenti sono stati una grande limitazione per il mio carattere. Inoltre il mio senso innato di giustizia non mi faceva scendere a compromessi per cui decisi di camminare da sola. (“I learned to depend on me”).

Camminare da sola e’ estremamente difficile e’ come camminare su un filo sottile tra due montagne e bisogna rimanere in bilico anche se spesso si perde l’equilibrio. Troppo spesso sono caduta e rimasta appesa al filo con sotto di me il burrone. Ma non sono mai stata disposta a vendermi per salvarmi. Volevo salvarmi da sola! (“I decided long ago never to walk in anyone’s shadows”).

Ho fatto tanti errori, infiniti sbagli, ma alla fine ho imparato a camminare sul filo persino in punta di piedi e soprattutto a testa alta, senza piu’ tener conto di cosa la gente si aspettava da me, di cosa la gente voleva che io fossi, e senza piu’ tener conto che avrei potuto deluderli. Volevo vivere solamente la Mia Vita a modo mio. (“If I fail, if I succeed At least I’ll live as I believe”)

Vivere la vita a modo mio non e’ stato e non e’ facile: implica responsabilita’, perseveranza, costanza nel rimanere fedele a me stessa. Implica acquisire la consapevolezza che nessuno puo’ ferirmi se io  non sono disposta a farmi ferire. Ho imparato che se soffrivo era frutto del mio vedere le cose sotto una prospettiva sbagliata. E che c’era sempre un lato buono, un lato positivo da vivere. (“No matter what they take from me they can’t take away my dignity”)

Imparai cosi ad amare me stessa, a considerarmi, ad autostimarmi a mettere me stessa come priorita’. (“Learning to love yourself”)

Lentamente giorno dopo giorno ho scoperto che il vero, grande Amore, non andava elemosinato dagli altri, non andava mendicato per quattro soldi, non andava implorato da coloro che non ricambiavano, non andava supplicato se venivo abbandonata, ma il vero grande Amore risiedeva dentro di me. (“Because the greatest Love of all, is happening to me, I found the greatest Love of all inside of me”).

Ci alzammo ci riabbracciammo e lei mi sussurro’ “Non voglio rinunciare al mio grande Amore per lo yoga e probabilmente organizzero’ lezioni a casa.” Mi sentii il cuore battere a mille e stringendola forte a me le risposi “cara ci sono, ti aiutero’ a realizzare il tuo Amore per lo yoga!”

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Un incontro … con me stessa!

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“Uno dei momenti piu’ felici nella vita e’ quando trovi il coraggio di lasciar andare cio’ che non puoi cambiare” ~ dal web ~

Le giornate piovose dei primi giorni di autunno hanno il loro fascino e soffermarmi a guardare la pioggia che cade dietro i vetri, dopo una calda estate, da’ sempre una piacevole sensazione. Osservo la natura e noto che l’acqua la rinfresca, noto che l’acqua nutre la terra asciutta e che  le foglie senza la polvere  brillano di  piu’, mentre  gli uccellini sgrullano le ali alleggerendole dalle gocce di pioggia.

 Continuo a fissare la pioggia che lentamente cade e un senso di “nostalgia” invade il mio spirito. Mi rivedo mamma giovane alle prese con i miei figli che alleati fanno le marachelle. Quanto tempo e’ passato d’allora ed io ora sono qui, da sola, mentre loro sono altrove.

 Non e’ solo  una mia riflessione ma chissa’ quante altre madri e padri hanno vissuto l’esperienza emozionante di vedere i loro figli “uscire” di casa. E cosi’ ricordo i miei figli quando mi dissero sull’uscio della porta “mamma vado!”. Loro andavano verso un futuro, loro andavano all’avventura, loro andavano per seguire il loro cammino.

 Ed io?

Io restavo, io restavo li’ sulla porta con un bel sorriso mascherando la mia tristezza. Non volevo che loro la percepissero, avrebbero sempre serbato con loro l’angoscia di avermi fatto soffrire. Io soffrivo, e’ vero! Ma soffrivo per me, soffrivo “egoisticamente” per me! Per loro no, non soffrivo per loro, per loro ero felice che andassero per la loro strada, che iniziassero un nuovo cammino basato sulle loro uniche forze.

Ma io?

Io restavo, io restavo li’ sulla porta con un bel sorriso mascherando la mia tristezza. Credevo fermamente che i figli dovessero lasciare casa e che era giusto cosi, come cosi ho fatto io tanto tanto tempo fa e a quel tempo non  immaginavo che mia madre stava soffrendo e che dietro quel suo sorriso ci fosse tanta tristezza. Lei mi aveva sempre spinto ad andare, a lasciare il guscio di casa, e ad affrontare la vita, ma non sapevo che prezzo lei stava pagando per stimolarmi  a prendermi cura di me stessa.

 Ed io?

Io adesso resto qui resto qui davanti alla finestra, da sola, chiedendomi e chiedendo alle altre madri o padri se davvero anche loro hanno sofferto cosi!.“E’ per il senso di solitudine??” mi chiedo cercando di non ingannare me stessa ma di cogliere la verita’.  NO! dico tra me e me io amo stare sola con me stessa ma quello che  avverto maggiormente e’ la mancanza di contatto con loro. Mi mancano le loro storie, le loro avventure quotidiane, mi mancano le loro voci chiassose, i battibecchi tra di loro, gli abbracci improvvisi, quando mi dicevano “mamma ti voglio bene”, mi mancano le loro risate fragorose, i loro pasticci culinari in cucina. Mi manca la loro presenza!

Ed io?

Io adesso resto qui davanti alla finestra, da sola.

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Un incontro… con il pesce mandarino!!

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Quando i “vorrei” diventano “voglio”, quando i “dovrei” diventano “devo”, quando i “prima o poi” diventano “adesso”, allora, e solo allora, i desideri iniziano a trasformarsi in realta’. ~ Anthony Robbins ~

Ho conosciuto il mare sin da quando ero neonata. Essendo nata in un mese estivo fui subito portata al mare e gia’ dall’ora incominciai a respirare lo iodio, la salsedine, il profumo delle onde. Sono dunque cresciuta non vicino al mare, ma l’ho frequentato regolarmente ogni estate per svariati mesi. Il pediatra diceva che faceva bene ai bambini l’aria di mare per la tiroide e la crescita.

Fu cosi che il mare divenne il mio primo amico e la gioia che provavo nel bagnarmi i piedi era qualcosa di davvero eccitante. Imparai presto a nuotare, tuttavia il mio desiderio di andare sotto l’acqua con il boccale si trasformo’ in una  traumatizzante esperienza. Da quel momento a causa dello schock persi la volonta’ di affrontare il mare sia in apnea che con le bombole. Cosi il mio eterno sogno di esplorare i fondali marini, di perdermi negli abissi piu’ profondi o, di raggiungere la barriera corallina fu messo definitivamente nel cassetto.

Tuttavia quel sogno nel cassetto mi rendeva incompleta come se mi fosse mancato qualcosa,  era come se avessi  soppresso e represso una parte di me solo per pura paura ed insicurezza. E’ facile dirlo a parole, ma non e’ facile in pratica superare i traumi infantili ed io  mi rendevo conto perfettamente dei miei limiti. Mi rassegnai fin quando  una bella mattina mi sono svegliata con una grande idea:

comparmi un acquario.

Ho cosi’ alla fine allestito  un acquario in casa. Desideravo ricreare un ambiente simile alla barriera corallina e cosi ho acquistato  varie rocce vive, un substrato di sabbia, qualche pianta acquatica da poter ospitare i miei pesciolini di provenienza australiana. Ho scelto per cominciare una sola qualita’ di pesce essendo alle prime armi. Ho scelto il pesce mandarino considerato uno dei pesci preferiti per chi e’ principante di acquari come me.  E’ un pesce resistente alle malattie, esteticamente molto variopinto, e soprattutto pacifico e tranquillo che non da’ grossi problemi.

Ed cco qui il mio sogno avverarsi in “casa”. Certo  pur sempre  il “surrogato” di un “sogno antico” ma almeno realizzato entro i limiti delle mie paure.

So che non sara’ facile gestire un acquario perche’ richiede impegno costante, dedizione quotidiana, cure giornaliere. E’  una sfida, e soprattutto una responsabilita’ verso esseri anche loro umani e bisognosi di attenzioni. Sara’ una bella impresa affrontarla: cercare di capire le esigenze dei pesciolini, seguirli nella loro riproduzione, ma devo dire la verita’, che ogni volta che mi soffermo a guardare il mio acquario sono come ipnotizzata ed affascinata. I pesciolini mi ricompensano di tutto il lavoro richiesto e, nel seguire i loro movimenti che sembrano danze amorose, mi incanto.  Sento di essere li’ tra loro, tra quelle acque marine, tra quei nascondigli di sabbia, accarezzata dalle loro code che si divertono a passare tra le pieghe della mia pelle per dirmi che siamo diventati amici!

A volte anche i sogni si realizzano al di la’ di come li avevamo sognati!

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Un incontro con … Marinella!!

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Le serate di estate sono belle perche’ concedono quel fresco e quel sereno lasciandosi alle spalle le giornate assolate ed afose. Stavo passeggiando lungo un viale alberato, assorta nei miei pensieri, godendomi il sapore del pistacchio che rinfrescava le mie labbra. Avevo comprato un bel gelato dal solito gelataio del paese che aveva un occhio di riguardo per me e me lo faceva sempre un po’ piu’ grande del solito. In realta’ io e Pietro, il gelataio, ci conoscevamo da tanto tempo, direi sin dai tempi della scuola quando andavo a trascorrere le vacanze estive nel paesino.  Pietro aveva pure provato a corteggiarmi una volta, ma io non ero interessata a lui e lo trattavo da amico. In effetti diventammo amici a tal punto che mi  confesso’ che da grande avrebbe voluto fare il gelataio ereditando il piccolo bar del padre. Il tempo trascorse. Ed io questo anno ho rivisitato il vecchio paesino e ho rincontrato Pietro con grande piacere.

Come dicevo assorta nei miei ricordi continuavo a camminare lungo il viale fin quando una voce mi ha chiamato “Ma sei proprio tu?” mi sono sentita dire alle spalle. Voltandomi  una donna mi e’ venuta  incontro. Al primo impatto non sono riuscita a riconoscerla mi sembrava una persona qualunque, mai vista prima. Una donna comune con i capelli tra il bianco e l’argento, un viso piuttosto trascurato e invecchiato dal troppo sole o lampade solari. Indossava un vestito largo e lungo tipo da spiaggia con spalline intrecciate dietro il collo. Flip flop nei piedi. Insomma nessun segno particolare che potesse riportarmi alla memoria una persona da me conosciuta.

Era a un passo da me e mi si presenta dicendo: “Sono Marinella non ti ricordi di me, abbiamo fatto il biennio di scuola insieme poi io lasciai la scuola per trasferirmi all’estero con i miei genitori. Tu non sei cambiata nulla sei sempre la stessa!!

Riflettendo un momento e mi sono soffermata sul nome “Marinella” ed ecco che un eco nella mia mente si stava facendo strada. Era come risentire un vecchio  ritornello “ecco arriva Marinella la bella” esclamato dalla maggior parte dei ragazzi della classe. Ricordo,  Marinella era la ragazza piu’ bella e piu’ gettonata non solo dai ragazzi della mia classe, ma anche da quelli di altre classi. Tutti la adoravano e lei si comportava come la reginetta dei fiori. Noi ragazze eravamo tutte un po’ invidiose del suo successo anche se non lo davamo a vedere.

A quel tempo io mi sentivo molto emarginata quando vedevo che tutti volevano Marinella e ebbi  momenti in cui non sapevo riconoscere piu’ la mia identita’ di “femmina” o almeno di sesso opposto a quello maschile. Ricordo ancora che passai giorni a pensare se dovevo essere come Marinella per avere successo tra i ragazzi. Cominciavo a desiderare ardentemente di essere come lei ma non per invidia, anche se quella era alimentata dal mio animo, piuttosto perche’ pensavo che per essere accettata dal sesso opposto avrei dovuto comportarmi come lei.

Mi misi a fare le prove a casa in camera mia di nascosto davanti ad uno specchio. Dio!!! Come ero ridicola!! Non ero capace a fare la sciocchina come faceva Marinella. Provavo a slacciarmi la camicetta a far vedere e non vedere, provavo a tirare su la gonnellina fino alle cosce per mostrare chissa’ cosa. Dio!!! Dio!!! Come ero goffa! Provavo a dirmi “io sono la piu’ bella” e poi finivo per farmi tante risate. Come potevo essere come lei!!!! Non ci sarei mai riuscita nonostante la mia forte volonta’ e il mio impegno.

Furono anni difficili, per fortuna furono solo due, ma quei due anni misero a dura prova la mia vera identita’. Mi chiedevo chi ero??? Una femmina che poteva piacere o uno scorbio a cui nessuno porgeva attenzione??? L’aspetto positivo, pur nella piu’ totale frustrazione, fu il fatto  che i miei tentativi di essere come Marinella fallirono. Non potevo prendere esempio da lei, che poi, fondamentalmente, non la stimavo e la consideravo  una ragazza egoista che pensava solo a se stessa e che tutto girava intorno a lei fintanto che lei lo faceva girare con una bacchetta magica.

Riusciva a manipolare i ragazzi come voleva sbottonando tre bottoni della camicetta o raccontando che non indossava gli slip ed allora ecco arrivare una schiera di ragazzi ad intonare “Marinella la bella”.

Cosi piano piano proprio attraverso il modello di comportamento di Marinella cominiciai ad estrapolare da me stessa le mie caratteristiche femminili che non avevano  nulla a che fare con il suo atteggiamento. Piano piano crebbi ed oggi posso dire che sono soddisfatta della donna che sono.

Rivedere Marinella li in quel paese dove mai avrei immaginato di incontrarla mi aveva sorpreso un po’. Ci siamo sedute ad un tavolino e ci siamo raccontate un po’ di avvenimenti del passato confessandole, tra le righe,  la mia invidia nei suoi confronti ai tempi della scuola. Lei mi racconta che si ricorda di noi ragazze ma che  a quel tempo voleva solo essere al centro dell’attenzione dei ragazzi per definire la sua identita’ di “femmina”.

Con tristezza  poi mi ha anche  raccontato la sua squallida vita nella quale avrebbe passato il tempo “usando” la sua bellezza finche’  e’ durata ed ora fa invece le pulizie presso una ditta di elettronica. Non si e’ sposata e il suo piu’ grande rimpianto e’ non aver avuto figli.

Abbiamo preso un caffe’ insieme e poi ci siamo salutate definitivamente. Il suo incontro mi ha intristito ma ha fortunatamente frantumato in mille pezzi l’idea che avevo conservato nella mia memoria che per aver successo nella vita una ragazza dovrebbe comportarsi come Marinella. Marinella non era piu’ un “ideale” per me.

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Un incontro… con il riflesso!!!

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Luglio e’ il mese piu’ bello per me, caldo, assolato,  le mattine verso le sei  sono  illuminate gia’ da una luce solare. Indosso un pantaloncino corto, una T-shirt, un piccolo marsupio per chiavi ed occhiali, e via a fare quattro passi e quattro salti nel bosco. E’ un bosco antico con alberi cosi alti che quasi non fanno penetrare i raggi di sole e la terra di prima mattina e’ ancora umida e soffice. Il sottobosco e’ fatto di rami, rametti, tronchi e vari arbusti erbosi che riescono a fiorire grazie a quei pochi raggi che filtrano attraverso il fogliame. Ci sono vari percorsi atletici e sentieri per passaggiate. Io scelgo sempre il numero 7 perche’ mi porta verso un piccolo laghetto. Il laghetto ha una forma semi tondeggiante sulle cui sponde si ergono alberi che si riflettono a specchio nelle acque. Respiro, e poi mi siedo su un piccolo tronco vicino alle acque del laghetto e osservo come iptnotizzata il verde circostante e rimango in estasi per la bellezza che la natura mi offre.  Una coppia di anatre in amore nuotano  vicine, senza far rumore e senza disturbare le acque che rimangono ferme.

I miei occhi sono attratti dalla  superficie dell’acqua immobile ed improvvisamente notano che gli alberi che circondano il laghetto si riflettono nelle acque. Sono gli stessi alberi presenti nel reale e nel riflesso. Nel riflesso, tuttavia prendono forme diverse a seconda se l’acqua si muove.

Rifletto e mi chiedo: perche’ gli stessi alberi che vedo nella realta’ assumono una volta che si riflettono   forme diverse quando l’acqua si muove? E’ forse anche la realta’ quotidiana, quella di tutti i giorni che vivo,  altro che  il riflesso di qualche verita’ in alto  che non vedo perche’ non alzo gli occhi?

La coppia di anatre si tuffa nell’acqua  in cerca di cibo e l’immagine riflessa degli alberi nell’acqua che vibra acquista una nuova forma: gli alberi si sovrappongono, si confondono, non si coglie piu’ la loro fisionomia quasi  non sembrano piu’ alberi.  Allora mi chiedo accade pure questo nella realta’ quotidiana quando si complicata? La realta’ quotidiana non  e’ forse a volte cosi incomprensibile perche’ si riflette in acque torbide?

I miei pensieri sfumano e mi accorgo che la coppia di anatre ha appagato il suo appetito e fa ritorno al  nido. Le acque del laghetto si placano, ritornano immobili e di nuovo gli alberi possono riflettere tutta la loro bellezza nello specchio trasparente e calmo del laghetto.

Mi chiedo potrebbe la realta’ che mi circonda venir riflessa in modo cosi trasparente a tal punto che io possa vederne la verita’?

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Un incontro… con un sogno/incubo!!

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Quando un sogno si trasforma in un incubo!

Mi trovavo in alto mare, in pieno mare aperto, su una piccola barchetta. Il mare era calmo e mi dondolava dolcemente. Non sapevo guidare una barca, ma in quel momento non mi importava, stavo bene dove mi trovavo, e non avevo pensieri di cosa o su cosa sarebbe potuto succedere. Ero distesa e cio’ che i miei occhi potevano vedere era solo l’azzurro del cielo e qualche nuvoletta che, di tanto in tanto, faceva capolino.  La mia mano era dentro il mare come se la tenessi li per sicurezza, per non perdere il contatto con il reale, come se il mare mi proteggesse mentre quel cielo infinito mi stava ipnotizzando. Un sogno dentro il sogno. Stavo sognando dentro il mio stesso sogno. Vedevo il mio corpo semi nudo, totalmente rilassato, il petto che ad ogni respiro saliva e scendeva. L’odore del sale marino mi inebriava e sentivo le mie membra dissolversi fin quando  mi apparve la figura di  un uomo che  mi disse “Vieni seguimi!”.

Sentii il mio corpo reagire di nuovo, il mio viso contrarsi in un sorriso che quasi sfiorava la risata e dissi: “Ma non siamo mica come Gesu’ che fu capace di camminare sulle acque”. L’attrazione era troppo forte mi sentii calamitata verso di lui e la mia mano incontro’ la sua. Il mare non c’era piu’ al suo posto  mi ritrovai in una grotta. La grotta era di tipo calcareo con una piccola laguna e una cavita’ dove ardeva un fuoco acceso.

Mi trovai tra le sue braccia, avvinghiati, con i nostri corpi intrecciati che si rotolavano appassionatamente su un cumulo di paglia. “Chi sei, chi sei” sussurravo a me stessa senza riuscire a vederne il volto. Il suo viso era sempre nascosto tra le pieghe della mia pelle. Sentivo il suo profumo di uomo, percepivo il suo desiderio carnale che alimentava la mia voglia. Le emozioni che percepivo non riuscivo piu’ gestirle. Mi giravo nel letto agitata,  con le mie mani che salivano e scendevano lungo i miei fianchi mentre il mio corpo ansimava. I suoi baci erano insistenti, voraci, senza sosta, l’uno richiamava l’altro.  Tuttavia un odore di bruciato ci stava soffocando; la paglia sulla quale giacevamo innamorati aveva preso fuoco e i nostri corpi stavano lentamente bruciando come su un rogo. Non avevamo scampo! Tutto prese fuoco in quella grotta e tutto spari’ nel nulla come mai fosse accaduto.

Mi sveglio di soprassalto sconvolta  e mi chiedo dov’e’ la mia barchetta, dove’e’  il mio mare calmo?

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Un incontro… l’ultimo!!

Avevo circa 20 anni, erano gli anni dei facili innamoramenti. Sembrava cosi bello e naturale innamorarsi mentre con l’avanzare dell’eta’ innamorarsi e’ diventato sempre piu’ arduo e quasi impossibile.

Non saprei descrivere come e quanto fossi innamorata di quel bel giovanotto che avevo conosciuto per caso un giorno in citta’. Aveva degli occhi color verde bosco, un sorriso che ci si poteva tuffare dentro ed annegare,  un modo di fare cosi galante che non si poteva rimanere incantati. Aveva dieci anni piu’ di me e viveva e lavorava in un’altra citta’. Veniva a Roma per lavoro a volte sostava per qualche giorno altre volte anche di piu’. Ci innamorammo a prima vista e la relazione pure a distanza duro’ piu’ del previsto. Negli intervalli in cui eravamo lontani ci scrivevamo tante lettere, le belle lettere d’amore e ci confidavamo segreti e desideri che forse a voce non saremmo mai stati in grado di rivelare a vicenda. Ho conservato a lungo le sue lettere in una scatola di cartone chiusa con un nastro rosa. Quando veniva a Roma era una festa per me, trascorrevamo giorni felici e poi arrivava sempre il giorno della separazione e ci eravamo ripromessi che anche quel giorno fosse un giorno da festeggiare. E cosi il rito si svolgeva andando in una pizzeria bevendo un po’ e poi dandoci il saluto con un lungo bacio sulle note della nostra canzone: “Follow me follow you”.

La separazione non fu mai vissuta come un giorno triste e la promessa di rivederci presto o di scriverci gia’ l’indomani ci sollevava il morale.

Tuttavia sapevo in cuor mio che quella storia era solo un bellissimo innamoramento ma non poteva andare oltre quello. Era tutto bello fra di noi, ma caratterialmente eravamo incompatibili. L’attrazione fisica era forte, passionale, incontenibile ed indescrivibile, ma oltre quella non c’era nient’altro forse dovuta alla notevole differenza di eta’.

Accadde cosi che dopo tanti pensamenti e ripensamenti presi la mia decisione. Non gliela comunicai quella sera stessa della separazione ma lentamente attraverso le lettere.

Ricordo ancora quella sera come mi sentivo turbata dentro il mio animo e come cercavo di memorizzare ogni attimo di quel tempo trascorso insieme come se lo stessi filmando per non dimenticarlo piu’. Lui mi disse che avevo una luce strana negli occhi quella sera e io sorridendo sapevo dentro di me che stavo registrando come una telecamera tutta la serata per conservarla come un ricordo indelebile.

Il bacio sotto il lampione mentre ci stringevamo stretti stretti  fu uno dei piu’ lunghi che mai ci eravamo scambiati. Avrei voluto fermare il tempo mentre lui nel mio orecchio mi sussurrava:

“Oh my love in you arms I feel so safe and so secure everyday is such a perfect day to spend alone with you… follow me ………”

Il mio bacio diventava sempre piu’ intenso e profondo coinvolgendo non solo i miei sentimenti ma anche tutto il mio corpo che si riscaldava al suo contatto. Sapevo che era l’ultimo bacio, il suo ultimo bacio stampato per sempre  sulle note di quella canzone che ancora oggi a distanza di anni, nel risentirla, mi fa venire la pelle d’oca e scivolare lacrime calde sul mio volto.

P.S. Forse la verita’ sta proprio in questa citazione!

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Incontro con… il canto!!

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“La vita normale non mi interessa. Cerco solo i momenti più intensi. Sono alla ricerca del meraviglioso.” ~  Anaïs Nin ~

Mi piace cantare, anche se non so cantare: cosi canticchio. Canticchio quando cucino, quando faccio la doccia, quando ho voglia di un po’ di allegria. Cosa canticchio? Ritornelli di vario tipo che ritornano alla memoria.

Mi piace, o meglio dovrei dire, mi piaceva andare ai concerti dal vivo dove in qualche modo potevo canticchiare le canzoni del cantante preferito. Inoltre l’atmosfera di luci, di gente, il coinvolgimento musicale, gli applausi, mi “apparivano” (forse era solo apparenza!) come qualcosa di speciale a cui non potevo mancare. Mi sentivo anche io parte di quel tutto e in cuor mio desideravo che tutto il mondo fosse cosi: un grande palcoscenico dove gli artisti si esibivano dando il meglio di loro e il pubblico applaudiva ed approvava partecipando attivamente al coinvolgimento.

Ora, in questo “strano” periodo, che tutti stiamo vivendo,  ho riscoperto invece nuove emozioni proprio quando si e’ cercato di ricreare qualcosa di simile dai balconi: un piccolo “concerto” casareccio.

Mi sono trovata a cantare dal balcone mentre qualcuno sommossamente strimbellava la chitarra. Cantavo in modo differente, non a sguarciagola come usavo fare nei concerti, ho partecipato con un sentimento di modestia, piuttosto che di esuberanza essendo cosciente della gravita’ della situazione. Un canto “mesto” dunque, ma pur sempre un canto. E in quella nuova dimensione ho provato nuove sensazioni differenti da quelle che usualmente provavo al concerto dal vivo. Sensazioni che mi hanno ricondotto al mio “tempo antico”.

Ricordo infatti quando cantavo nel coro della parrocchia. Non fu mai una mia scelta o una mia volonta’ in quanto l’obbligo della frequenza settimanalmente  mi condizionava molto, tuttavia  quando poi mi trovavo li’ a cantare vivevo sensazioni meravigliose.

La musica dell’organo sollevava il mio spirito in alto a differenza della musica elettronica dei concerti che invece drogava i miei sensi. Gli effetti sonori dovuti al lungo chiuso della parocchia erano amplificati, mentre quelli del concerto dal vivo erano dispersi nell’aria,  le nostre voci corali, individualmente, salivano in alto con leggeri acuti che lasciano brividi sulla mia pelle a differenza dei concerti dal vivo dove la mia voce si confondeva con le altre.

Le luci della parocchia fatte dalle candele vibravano al suono dell’organo e delle nostre voci a differenza dei concerti dove le luci irritavano gli occhi annullando la magia delle stelle.

L’atmosfera si trasformava allora attraverso le voci corali  di  “Oh mioooo Signoreeeee!” da reale in mistica,  mentre quella dei concerti produceva una sorta di euforia.

Sul quel balcone, tra le poche persone affacciate che sommossamente sollevavano al cielo una canzone per esorcizzare la realta’,  mi sono sentita trasportata in quella dimensione corale della parrocchia ed ho avuto l’impressione che dall’alto qualcuno ci ascoltasse  invitandoci a non perdere mai l’iniziativa, a non rassegnarci mai all’evidenza, ma ad andare sempre oltre perche’ dietro l’apparenza c’e’ un altro mondo meraviglioso tutto da scoprire.

“La vita normale non mi interessa. Cerco solo i momenti più intensi. Sono alla ricerca del meraviglioso.” ~  Anaïs Nin ~

 

 

Un incontro… con la betulla!

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In questi strani giorni di vita che noi tutti stiamo attraversando, chi in un modo chi in un altro, ho la possibilita’ di fermarmi un po’. Il momento piu’ bello della giornata e’ quando vado a correre in un parco a pochi passi da casa. Seguo il percorso fatto con attrezzi di legno per l’attivita’ fisica. Inoltre il clima primaverile incoraggia la vita all’aria aperta e il corpo finalmente respira ossigeno e la pelle riprende elasticita’.

Nel parco ci sono tanti alberi a me cari ma quello che preferisco e che considero mio amico e’ una betulla. Mi sento in  affinita’ con la mia betulla quando mi siedo ai suoi piedi e appoggio delicatamente la mia schiena sul suo tronco candido.  Sento, come se, lei, la betulla, mi accogliesse tra le sue braccia. Mi rannicchio accanto alla sua corteccia il cui colore mi rammenta il chiarore lunare di una notte stellata. Sollevo gli occhi verso il cielo e noto quanto e’ alta la mia betulla che si erge snella ma resistente verso il manto celeste con la sua chioma leggera e luminosa e i suoi rami penduli che al soffio del vento vibrano regalandomi una musica soave.

Mi sento cosi rilassata accanto alla mia betulla a tal punto che il mio orecchio si poggia sulla sua corteccia fatta da lembi cartacei di un bianco splendente. Origlio, sento la sua linfa vibrare al contatto con il mio corpo caldo, ed improvvisamente, la mia betulla mi racconta la sua storia. Una storia cosi antica che risale a tanto tempo fa. Una storia che la vedeva associata al Sole e alla Luna ed era ritenuta simbolicamente la via attraverso la quale scende l’energia dall’universo e da dove risale l’aspirazione umana verso l’alto.

Mi accoccolo sempre di piu’ vicino alla mia betulla e mi metto in ascolto della sua storia. Lei mi sussurra: “Sai, una volta, ero considerata l’Albero Cosmico, la custode della porta che apriva allo sciamano la via del Cielo, permettendogli di passare da una regione cosmica all’altra, dalla Terra al Cielo o dalla Terra agli Inferi, in un viaggio interiore che conduceva all’estasi.”

Io rimango li’ affascinata dall’ascoltare questi miti antichi di popoli saggi che avevano intuito, meglio di noi, i messaggi provenienti dalla natura e di cui ne avevano un grande rispetto.

Mi stringo al tronco della betulla  con il forte desiderio di voler sapere di piu’ e con il pensiero sussurro alla betulla: “raccontami ancora, ti prego!

Allora la betulla incoraggiata dalle mie parole riprende la sua storia. “Devi sapere che al tempo dei popoli Celti ero associata alla Dea Luna, collegata al mondo femminile e considerata anche pianta dell’Amore. Mi ricordo come se fosse adesso che i giacigli fatti con i miei rami  erano tra i preferiti dagli amanti sui quali trascorrevano incantevoli momenti d’Amore. Inoltre una ghirlanda fatta con i rametti delle mie foglioline era riconosciuta come pegno d’amore.”

Mi sento rapita dalla mia betulla e capisco adesso perche’ mi sono sempre sentita attratta da questo albero meraviglioso. L’orologio mi avvisa che devo tornare a casa. Mi alzo e saltellando come una libellula mi avvio verso casa. La mia giornata oggi sara’ diversa dalle altre grazie all’incontro interiore con un alleato di Madre Natura: la mia betulla, la quale mi ha aiutato a ripristinare il collegamento tra la dimensione terrena e spirituale, eliminando quelle emozioni superflue e negative e permettendo che la mia anima tornasse leggera.

Un senso di amore mi pervade, un sentimento di essere parte di un universo mi avvolge, e il sorriso sulle mie labbra rimane a lungo.

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