fanny wilmot

quella grandeur francese


"Pioggia fresca su prato blu. Erba estiva umida, effluvi di terra nera. Sempre questi acquazzoni di agosto sui gambi rasati bruciati d’oro. Le grosse gocce scorrono sinuose sul vetro, serpeggiano e si intersecano in lunghi nastri di luce liquida. Quanti pomeriggi passati dietro il velo vaporoso della tenda a seguirne col dito il tracciato nervoso e allo stesso tempo languido. Sottili capelli ribelli si arricciano intorno alle guance, e stupisce che siano così bianchi mentre io sono così giovane, circondata da un alone etereo sotto la finestra. Poi lo sguardo passa dalla finestra alla mano che scosta la tenda, e la mano è vecchia, vecchissima." Perrine Tripier, Le guerre preziose

Edouard Boubat, Paris, 1971

Ora, mi va bene tutto, persino che voi francesi consideriate Tripier la nuova enfant prodige della letteratura. Solo, non paragonatela a Proust. Che sarebbe anche lui roba vostra se non fosse che il genio è universale:

"Un piccolo colpo sui vetri, come se qualcosa li avesse urtati, seguito da un’ampia caduta leggera come di granelli di sabbia che qualcuno avesse gettati da una finestra del piano di sopra, poi la caduta che s’estende, si normalizza, trova un ritmo, diviene fluida, sonora, musicale, innumerevole, universale: era la pioggia".

(È lampante solo a me l'abisso che li separa?)

Josef Sudek, The Last Rose

Per finire, voglio tenere questa riflessione di Giorgio Vasta che, recensendo Il cliente Busken di Jeroen Brouwers, scrive: "Mentre il giorno declina, il signor Busken ha ancora un desiderio: «Trasformatemi in nebbia per fuggire dagli spifferi delle finestre, rendetemi invisibile, non c'è bisogno che io ci sia». Del resto in un luogo che si chiama Villa Madeleine il tempo passa ricordando e dimenticando. Busken lo sa: immaginare il linguaggio è un modo, addirittura un metodo, per ricordare tutto ciò che si dimenticherà. Perché, in fondo, il destino di tutto ciò che viene ricordato è poter essere un giorno dimenticato."