Ma come parlano?

La preoccupazione dei leader politici italiani · Lo scenario

Per chi ama le parole, e la loro magia comunicativa, è di grande interesse il libro di Michele A. Cortelazzo La lingua della neopolitica, in cui, tra le altre cose, si sottolinea la migrazione di certi termini da un politico a un altro, anche con background opposti. Scrive Giuseppe Antonelli: “[…] Ecco allora emergere, nelle scelte lessicali più frequenti di leader della politica odierna, alcune coincidenze apparentemente contraddittorie rispetto ai loro profili biografici e ideologici. Un tratto tipico della propaganda degli ultimi anni è la brandizzazione di alcuni vocaboli utilizzati (branditi?) quasi come loghi di un certo marchio (ovvero brand) politico. Così, ad esempio, quando sentiamo o leggiamo espressioni come pacchia, rosiconi o zecche, il primo a venirci in mente è Matteo Salvini. Eppure si tratta di espressioni che – a dispetto della tradizione del partito di cui è segretario (il motto preferito della Lega delle origini era “Roma ladrona”) – sono tutte di origine romana. In un modo simile, a Giorgia Meloni – nonostante l’avversione per le parole inglesi ostentata da molti esponenti del suo partito – è indissolubilmente legata la definizione di underdog, parola inglese da noi fino a quel momento piuttosto rara. La stessa presidente del Consiglio che ama dire tassa piana invece di flat tax ha, d’altronde, contribuito in maniera decisiva alla diffusione di almeno un altro anglicismo. Quella postura da lei usata molto spesso per indicare un posizionamento politico. Infatti, non è altro che un calco sull’inglese posture.

Ma non è tutto. Dal sito adnkronos, in un articolo a firma di Paolo Martini, si apprende che: “[….] Fratelli d’Italia e la sua leader Giorgia Meloni fanno largo uso di lessico valoriale: “coerenza”, “coraggio”, “fiducia”, “fierezza”, “orgoglio”, “serietà”; o di parole recuperate come “patria” e “nazione”, “sovranismo” e “sovranità” (anche alimentare), “bonifica” e soprattutto l’anglismo più famoso, “underdog”. Il Partito democratico, scrive il linguista, dopo la ‘verve’ di Luigi Bersani, ha vissuto un deficit di specificità lessicale con Enrico Letta (“cacciavite“, “occhi di tigre“, “front-runner“) risvegliandosi con Elly Schlein: “capibastone“, “cacicchi“, “vento della destra“, “vittimizzazione secondaria” ed “esternalizzazione” restano impressi. Il Movimento 5 stelle è più orientato, sostiene il linguista dell’Università di Padova, “alla volgare eloquenza e alla denigrazione dell’avversario“: dal “vaffa” di Beppe Grillo alla “mangiatoia” soppiantata dalla “pacchia”, da “manine” che cambiano i provvedimenti approvati al “reddito di nullafacenza” o alla “pigranza“. La Lega di Matteo Salvini, sostiene Cortelazzo, “sembra affetta da bulimia comunicativa“, con parole come “europirla“, “sbruffoncella“, “ruspa“, “giornaloni“, “intellettualoni“, “professoroni“, “rosiconi” o “zecche”. Il Terzo Polo vede in Matteo Renzi, sottolinea il professor Cortelazzo, “un abile oratore e diffusore di parole” come “rottamazione“, “professoroni” e “rosiconi” (poi adottati da Salvini) e soprattutto “gufi“. A Carlo Calenda si deve “bipopulismo“. Cortelazzo ricorda che Forza Italia ha avuto un leader come Silvio Berlusconigrande innovatore del linguaggio politico italiano, artefice del passaggio dal ‘politichese’ al ‘gentese’, facendo anche riferimento ad ambito metaforici, come quello sportivo rappresentato dalla discesa in campo. Uno smalto appannatosi negli ultimi anni, che ha portato la spinta innovativa a degradarsi nel ‘socialese’. Ultimo guizzo linguistico del leader scomparso, che i giornali ricordano come ‘il combattente’, è stato l’operazione scoiattolo’, nome in codice per la cattura, uno per uno, dei grandi elettori che gli mancano per il grande salto verso il Colle” nel gennaio 2022. […] In piena seconda Repubblica, sono spariti i partiti, ad eccezione di quello Democratico, a vantaggio di parole o espressioni chiave: Movimento, Alleanza, Azione, Italia Viva, +Europa, Fratelli d’Italia, Forza Italia, Italia al Centro, Noi moderati, Lega; ma anche “sardine“, “poli” (delle libertà, del buon Governo, del riformismo, del buonsenso e persino, Carlo Calenda, della serietà) e “campi” (campo largo il più famoso). Con un rischio, sostiene Cortelazzo, “che al diminuire dei partiti faccia riscontro il nomadismo politico, che porta ai cambi di casacca, cruciali durante le crisi di governo; e al ‘menevadismo’, lo scissionismo di sinistra che ricorda altri –ismi del passato come ‘doppiopesismo‘, ‘doppiogiochismo‘, ‘cerchiobottismo‘ e ‘celodurismo‘, quest’ultimo legato a Umberto Bossi“.

Riassumendo: affinità e influenze linguistiche si rincorrono lungo generazioni diverse, quasi a scongiurare lo scollamento definitivo dal già stato. Ma non si pensi a carenze di ispirazione di squisita pertinenza politica: al globo terracqueo (Meloni) apparteniamo tutti. E la memoria è collettiva.

Ma come parlano?ultima modifica: 2024-05-15T17:21:50+02:00da VIOLA_DIMARZO

8 pensieri riguardo “Ma come parlano?”

  1. Senza dimenticare il governo giamaicano, presieduto dall’avvocato del popolo, che avrebbe dovuto aprire il parlamento come una scatoletta di tonno…. E, ancora prima, i 2 forni della balena bianca, col potere che logora chi non ce l’ ha….

  2. Più che “come parlano”, mi chiederei “come vestono”. Lo dico pensando a quegli allenatori di calcio che scendono in campo in giacca a cravatta. Come se l’abito non facesse il monaco. Che poi, tuta e scarpe sportive, oltre ad essere più pratico sarebbe comunque coerente come normale abito da lavoro.
    Allo stesso modo, tornando al “come vestono”, mi chiedo, ad esempio, come si possa salire su uno yacht indossando giacca e cravatta. Ancora ancora lo capirei se salissi sull’imbarcazione per un motivo istituzionale, ma se ci salgo per motivi privati tanto vale un jeans, una maglietta e gl’infradito.
    Peggio ancora se allo yacht ci sono andato pure con la macchina di servizio e con la scorta.

  3. Beh, se ti presenti con auto di servizio e scorta, a questo punto per coerenza ci vuole anche l’ abito giusto … Per il resto, a livello calcistico, grandissimi Sarri e i compianti Bosco & Mazzone!

  4. E per restare in ambito calcistico, che dire dello “spogliarello” di Allegri? Prima la giacca, poi la cravatta, poi la camicia, tutto a regola d’arte…mi sono fatta spiegare la questione da uno che di calcio ne capisce, e ora sono dalla parte di Allegri.

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