È una passione che non accenna a sfilacciarsi quella della Generazione Z per il gender neutral, che ovviamente non è passata inosservata a coloro che a vario titolo si occupano di moda. Se la bilancia commerciale ha un suo peso, ne ha anche la chiave di lettura legata a certe dinamiche genderfluid: in parole povere, i nati tra la metà degli anni Novanta e l’inizio degli anni Dieci, a differenza delle generazioni che li hanno preceduti, si vestono in un certo modo non in segno di protesta, ma per assecondare l’idea che hanno di sé: tutto tranne che binaria. Però, se lo sono chiesti questi virgulti: non è che facciamo così, perché così fan tutti? perché è edgy?
Nessuno osi svelare ai genderless che le mode – che loro credono di dettare – sono votate a infrangere certezze per creare nuovi proselitismi. Avranno tempo e modo per scoprire che tra fascinazione e autodeterminazione ce ne passa.
Stai cambiando lentamente idea sui genderless o mi sbaglio? 🙂
No, non sto cambiando idea sui genderless, nel senso che ognuno può fare come gli pare…la mia era una critica al sistema che tutto dirige e stritola ma i giovani, incolpevolmente, non se ne accorgono. 🙂
Onestamente faccio fatica ad entrare in queste tematiche.
Eppure è tutto molto semplice, non ci sono implicazioni politiche, non c’è voglia di cambiare il mondo, se non sotto l’aspetto dell’identità sessuale, che secondo tanti si risolve scegliendo capi genderless. Poi la società resta quello che è: femminicidi, bullismo, donne messe alla gogna anche da morte, e su tutto la reverenza riservata “all’immagine”. Ovviamente, ci sono splendide eccezioni, sempre in riferimento ai giovani, ma sostanzialmente il panorama è desolante. Basta guardare tiktok e il mondo delle influencer. (ho fatto un minestrone, mi perdonerai)
Mah, sarà, ma secondo me un capo genderless, se così vogliamo dire, è il kilt. Per il resto, preferisco il termine unisex.