Una storia da realismo magico, per di più con finale edificante, quella dei quattro fratellini indigeni sopravvissuti per quaranta giorni nella giungla colombiana. E se per un verso – da occidentali che hanno più fiducia nell’intelligenza artificiale che in quella che ci ha accompagnati fin qui – viene automatico chiedersi come hanno fatto a resistere per tanto tempo data la giovanissima età, dall’altra, accantonando ogni perplessità, siamo costretti a correre in aiuto dei nostri virgulti che si sono smarriti a causa del lockdown. L’impasse sociale si spiega con il disorientamento, a monte, dei loro genitori, i quali, a proprio agio nell’era del postnarcisismo, non sapendo che pesci prendere individuano nei social la fonte delle smagliature adolescenziali. In realtà, hanno dimenticato la lezione sapienziale dei nonni: i figli vanno ascoltati e guidati giacché non è compito loro reggere la barra del timone da sempre in uso agli adulti, i quali devono proporsi come guide autorevoli ed orientare la prole nella selva che con Dante chiamiamo oscura. Il resto sono chiacchiere senza distintivo.
Quattro, ovvero cento di noi
Quattro, ovvero cento di noiultima modifica: 2023-06-17T16:07:58+02:00da
Per salvarsi nelle situazioni complicate ci vuole un po’ di fortuna ma soprattutto avere il fisico e la testa del ruolo. Bella vicenda che da da pensare.
Tanto bella da farci un film
L’altra faccia della civiltà, quella che vive ancora non al passo con gli agi moderni, senza dimenticare tradizioni e passato. Credo che in fondo sia un bene.
È un bene che insegna tanto a noi, alla nostra supponenza…
Si, la vostra supponenza è enorme.
Saremo anche supponenti ma non sai fare a meno di noi.
Ragion per cui, per la proprietà transitiva, lo è anche lui …
Sbagli, mia cara Viola, io scrivo nel tuo blog solo quando devo difendere dai vostri attacchi insensati Conte, chiamato da voi con disprezzo GIUSEPPI. Conte non merita i vostri sberleffi in quanto è una persona colta, un signore, ha un grande senso dello Stato e NON HA RUBATO. Lo so che è una battaglia impari – tre a volte quattro contro uno – ma io sono fatto così e so che non cambierò mai.
Bruno, intendiamoci, ognuno difende le proprie convinzioni, ci mancherebbe altro. Però bisogna accettare il contraddittorio senza farne una questione personale.
D’altronde lo ha detto anche lui che è una battaglia impari e che non cambierà mai…. Bontà sua!
Mi sembra l’inno dell’Inter…..