Ada Negri, o dei versi dimenticati

Non è annoverata tra i grandi, Ada Negri, eppure nella sua produzione qualcosa di buono si può trovare. Basta leggere senza pregiudizi. Non è facile, però, perché i critici o l’hanno stroncata o l’hanno ignorata, anche se in vita godé di buona reputazione. Comunque, alla persona avvezza al sentimentalismo – quello buono, che nulla condivide con gli orpelli di matrice trobadorica – e alla malinconia, la poesia che segue non dovrebbe dispiacere. A me incanta. E c’entra il vissuto e un posto che non ho più.

Commiato

Un giorno ancora; poi

ti lascerò, giardino altrui che dolce

d’ombre mi fosti e di silenzio. Piovve

stamane: odor di bosso

e di terra bagnata intride l’aria:

si sfogliano le rose, e il fior d’ibisco

nel vapor grigio più vermiglio splende.

Un giorno ancora: poi

vivo non mi sarai che nella memoria.

Così potessi averla

(ma troppo tardi, e troppo bello il sogno)

potessi averla, una remota casa

fra i campi, che sia mia, di me soltanto:

e anch’essa abbia un giardino

che tutto odori di mortella quando

cessi la pioggia, e di sfogliate rose.