Anche la peggiore letteratura erotica merita un premio

Un'insperata pubblicità". Erri De Luca vince il "Bad Sex in Fiction Award"

Ogni anno vengono assegnati dalla Literary Review i Bad Sex in Fiction Award, riconoscimenti volti a dileggiare la peggiore scena di sesso in un libro. Ora, scrivere una pagina che possa fregiarsi dell’aggettivo erotica è difficile almeno quanto scrivere una poesia, e se le cinquanta sfumature rosse, grigie e nere hanno avuto tanto successo è solo perché la gente non capisce ciò che legge, e trova stimolanti scene che in realtà sono sciatte e noiose. Spiace sottolinearlo, ma riconoscere la magnificenza in un qualsivoglia ambito artistico resta prerogativa di una ristretta cerchia di eletti.

A seguire una pagina che potrebbe fare scuola perché combina felicemente l’eccesso di erotismo all’eleganza narrativa, e nulla condivide con la compiaciuta scabrosità di un Philip Roth o con le insistite brutalità di un Henry Miller. Chiude il post una pagina di Erri De Luca (sì, proprio lui) che nel 2016 si aggiudicò il tutt’altro che ambito riconoscimento.

Il sogno che ha appena fatto, e che avrebbe dovuto colmarlo di disgusto, di odio, gli provoca un’eccitazione inaspettata, intensa, al punto che si afferra il sesso con la mano, lo stringe e si gira, appoggiato contro la testiera, a guardare Gina che ora, in carne e ossa, si è spogliata davanti allo specchio per lavarsi. Gina sente il suo sguardo e, assonnata, attraverso lo specchio proprio come nel sogno, gli sorride. Bianco fa ancora in tempo a distinguere dentro di sé come due corsi d’acqua che stanno per unirsi e confondersi, le ondate d’odio e di desiderio che lo travolgono impetuose, e cerca di continuare a fissare Gina con uno sguardo neutro, lungo, senza preminenze né interrogativi, ma Gina capisce e, posando sul lavabo la brocca che ha cominciato a inclinare sulla bacinella, raggiunge il letto e si distende sul ventre.

Le natiche si gonfiano, scure ed elastiche, lisce, mentre la peluria finissima, sulla parte posteriore delle cosce, si rizza lenta e minuta. Con la faccia schiacciata contro le righe bianche e verdi del copriletto, Gina alza lo sguardo e vede che Bianco tiene gli occhi fissi sulle sue natiche. Un sorriso grave, che comincia beffardo ma finisce per mescolarsi a reminiscenze sognanti e dolorose, le spunta negli occhi più che sulle labbra. “Il mio culo” dice Gina, calcando ogni sillaba in un tono di stupore seccato, di rimprovero, considerando impensabile che quella parte del suo corpo per lei remota, indifferente, quasi straniera, possa esercitare su Bianco un tale fascino, ma subito, quasi suo malgrado, socchiude gli occhi e comincia a respirare affannosa e a muovere la lingua, frenetica, dentro la bocca, sì che la punta rosata, che a volte fa capolino, fugace, all’esterno, le gonfia e le sgonfia le guance, mentre il ventre, schiacciato contro le righe bianche e verdi del copriletto, comincia a compiere un movimento circolare che si propaga al resto del corpo e soprattutto alle natiche tonde e lustre.

Bianco scende dal letto e si spoglia. All’odio, al desiderio si aggiunge ora il terrore, la convinzione che il desiderio di Gina sia indipendente, autonomo dal suo, come un’ondulazione che viene più da lontano di tutti i propositi, tutti i sentimenti e tutte le determinazioni. La prende per le spalle e la fa voltare sulla schiena. Una striscia di peluria, verticale, parte dall’ombelico di Gina e le attraversa il ventre formando con il triangolo del pube una freccia nera che sembra indicare, inequivocabile, la strada per l’abisso rosato. Bianco entra dentro di lei. Atterrito, si lascia cadere sul corpo che si agita, forma palpitante e casuale, obbedendo alle sole leggi delle sue trasformazioni, dei suoi appetiti chimici, dei suoi tessuti avidi e dei suoi umori, materia accalcata in gangli, nervi, pelle, sangue fumante, e di nuovo si sente vinto, senza alcuna voglia di essere vivo né di ricominciare, soffio imprigionato nelle grinfie escrementizie del secondario, finché, cancellando anche il disgusto e le esitazioni, trascinandolo per un tempo incalcolabile lungo un corridoio buio, sopraggiunge l’orgasmo, l’improvvisa pioggia di sperma che libera, feconda e perpetua”.

Juan José Saer, L’occasione

“Premette sui miei fianchi, un ordine che mi spingeva dentro. Entrai. Non solo il sesso, io entrai dentro di lei, nelle sue viscere, nel suo buio a occhi spalancati senza vedere niente. Tutto il corpo era sceso nel sesso. Entrai con la sua spinta e restai fermo. Mentre mi abituavo alla quiete, al battito del sangue tra le orecchie e il naso, mi spinse un poco fuori e poi di nuovo dentro. Lo fece e lo rifece, mi teneva con forza e mi spostava a ritmo di risacca. Agitò i seni sotto le mie mani, aumentò le spinte. Entravo fino all’inguine e uscivo quasi tutto, il mio corpo era un suo ingranaggio”.

Erri De Luca, Il giorno prima della felicità

in foto Erri De Luca