Quando una storia d’amore ti trasforma in opera d’arte

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Eve Babitz, protagonista della scena statunitense negli anni Sessanta e Settanta, è passata alla storia per una foto che la ritrae nuda mentre gioca a scacchi con Marcel Duchamp. Aveva vent’anni, voleva vendicarsi di un uomo.

Ora viene riproposto nelle librerie italiane il suo L.A. Woman (pubblicato per la prima volta nel 1982), e la storia narrata piace anche alle Millenials, con grande sorpresa della stessa autrice. La Babitz ormai settantasettenne non rinnega nulla degli eccessi della Los Angeles degli anni ’70, né si mostra infastidita quando qualcuno accenna ai suoi tanti amanti famosi (Jim Morrison, Harrison Ford, Warren Beatty, solo per citarne alcuni); e affinché ci si possa fare un’idea sull’eccezionalità della sua vita, non perde occasione per ribadire quanto sia stata fortunata a nascere in un milieu famigliare in cui l’arte era di casa, e Igor Stravinsky “un padrino adorabile“.

Per quanto riguarda la celeberrima foto con Duchamp, scattata al Pasadena Art Museum nel 1963, ricorda:

Avevo litigato con il fidanzato di allora* che non mi aveva invitata alla festa per l’inaugurazione della mostra che curava su Duchamp, perché sua moglie era rientrata in città. Decisi che se avessi potuto creare caos nella sua vita, lo avrei fatto. Così accettai la proposta del fotografo Julian Wasser. Mi disse dopo che avrei dovuto spogliarmi. Faceva fresco all’inizio. Ricordo che mi arrabbiai molto perché Duchamp avrebbe dovuto almeno farmi vincere a scacchi, invece mi stracciò. Ma sortii il risultato voluto: il mio fidanzato entrò e per la sorpresa gli cadde la gomma che stava masticando“.

Etichettiamola così: Storia di un amore provvisorio dagli esiti imprevedibili.

*Walter Hopps

Un estratto da L.A Woman (da mondadoristore.it)

Una mattina d’estate quando ero ancora vergine anche se la mia verginità aveva i giorni contati, mi svegliai e decisi di non andare in New Jersey. Non era giusto che mi volessero spedire in New Jersey; io non volevo andarci – avevo diciassette anni e nessuna losangelina di diciassette anni che lasciava L.A. andava in New Jersey, soprattutto una diciassettenne con un fidanzato come il mio, un sogno di ragazzo di venticinque anni che aveva firmato un contratto con la Fox come cantante di una band, capelli neri ondulati e occhi azzurri, padre francese cantante di una band che una volta suonava canzoni strappalacrime insieme alla mia prozia Golda che aveva guadagnato un milione di dollari poi persi per un incidente. Ero indignata, pensavo che chiunque andasse in New Jersey anche solo a trovare la zia Helen doveva essere matto. Intanto zia Helen era matta a essersi trasferita in New Jersey, e poi doveva esserlo ancora di più se invitava della brava gente di L.A. ad andarla a trovare in quella cazzo di East Coast“.