Sul tavolo una tazza sporca di cappuccino schiumato, un piattino con su un cornetto alla marmellata mezzo smozzicato, un bicchiere non proprio limpido con acqua e tovagliolini di carta buttati alla rinfusa. Mi raccontava di lei e di lui e del giorno che discussero sulla felicità. Di quando lei avrebbe voluto imporla o quantomeno preteso un maggior impegno nella ricerca di essa e di come lui, incazzato, che inveiva contro di lei, pavoneggiando una sorta di serena rassegnazione nell’accettare i casi della vita, traendo conforto da attimi del quotidiano fuggenti ed unici come un frullar d’ali. Qual è l’approccio migliore? La ricerca o la rassegnazione? L’accontentarsi o è la speranza attiva che ci deve muovere? Con gli occhi fissi su me cerca una risposta, un appoggio morale, un’alleanza solidale e concreta. Poggia la sua mano sulla mia, il busto in avanti come attratta da un magnete con epicentro il mio petto, in speranzosa attesa. Che dirle? La osservo cercando di frenare l’ormone in agguato, inspiro il suo lieve profumo, butto gli occhi sulla scollatura del seno che si divide con decisione e promesse. Cerco di concentrarmi sull’argomento ma mi viene da ridere. Complimenti al tuo amico che si incazza serenamente, che vuoi che ti dica? La felicità è una droga pesante che solo a sprazzi trascina in alto e … blatero in un ridicolo slancio pindarico. Mi guardi come avessi un brutto male, il magnete deve aver invertito la polarità e di scatto il tuo retro-spalle impatta lo schienale della sedia rigida, apri la bocca e scandalizzata urli in falsetto. Dai ragione a luiii?!! Ma no, che dici? Volevo dire… Ho capito benissimo quello che volevi dire, allora anche tu hai rinunciato. Ma di che cazzo parli? E’ leggermente rossa in viso, le vene del collo evidenziate. E’ realmente pazza! Cerca qualcosa nella borsa, mica starà per piangere? Senti devo proprio andare, ne parliamo un’altra volta Ho capito che non è aria. Mi si aggrappa all’avambraccio, cerca di impedire il mio decollo. Sei uno stronzo! Da sempre, non faccio per vantarmi! Sfodero il mio sorriso da ictus e in contemporanea lascio a malincuore un raro biglietto rosa con barra metallica sul tavolino metalloplastico. Ciao, ci sentiamo… maddechè! So che sta osservando il mio culo che si allontana rapidamente, so che bastava poco e il sesso avrebbe sopito i tormenti di quell’anima in pena, so che (cazzo!) avrei proprio voluto trombarla. Ma la felicità fa davvero paura, meglio, molto meglio scappare! Come un antilope nel bosco, come un evasore davanti la finanza, come un dracula in ritardo che coglie il primo baglior di sole. Mi sveglio? Uno dei miei soliti sogni da bar.
Sogno da Bar
Sul tavolo una tazza sporca di cappuccino schiumato, un piattino con su un cornetto alla marmellata mezzo smozzicato, un bicchiere non proprio limpido con acqua e tovagliolini di carta buttati alla rinfusa. Mi raccontava di lei e di lui e del giorno che discussero sulla felicità. Di quando lei avrebbe voluto imporla o quantomeno preteso un maggior impegno nella ricerca di essa e di come lui, incazzato, che inveiva contro di lei, pavoneggiando una sorta di serena rassegnazione nell’accettare i casi della vita, traendo conforto da attimi del quotidiano fuggenti ed unici come un frullar d’ali. Qual è l’approccio migliore? La ricerca o la rassegnazione? L’accontentarsi o è la speranza attiva che ci deve muovere? Con gli occhi fissi su me cerca una risposta, un appoggio morale, un’alleanza solidale e concreta. Poggia la sua mano sulla mia, il busto in avanti come attratta da un magnete con epicentro il mio petto, in speranzosa attesa. Che dirle? La osservo cercando di frenare l’ormone in agguato, inspiro il suo lieve profumo, butto gli occhi sulla scollatura del seno che si divide con decisione e promesse. Cerco di concentrarmi sull’argomento ma mi viene da ridere. Complimenti al tuo amico che si incazza serenamente, che vuoi che ti dica? La felicità è una droga pesante che solo a sprazzi trascina in alto e … blatero in un ridicolo slancio pindarico. Mi guardi come avessi un brutto male, il magnete deve aver invertito la polarità e di scatto il tuo retro-spalle impatta lo schienale della sedia rigida, apri la bocca e scandalizzata urli in falsetto. Dai ragione a luiii?!! Ma no, che dici? Volevo dire… Ho capito benissimo quello che volevi dire, allora anche tu hai rinunciato. Ma di che cazzo parli? E’ leggermente rossa in viso, le vene del collo evidenziate. E’ realmente pazza! Cerca qualcosa nella borsa, mica starà per piangere? Senti devo proprio andare, ne parliamo un’altra volta Ho capito che non è aria. Mi si aggrappa all’avambraccio, cerca di impedire il mio decollo. Sei uno stronzo! Da sempre, non faccio per vantarmi! Sfodero il mio sorriso da ictus e in contemporanea lascio a malincuore un raro biglietto rosa con barra metallica sul tavolino metalloplastico. Ciao, ci sentiamo… maddechè! So che sta osservando il mio culo che si allontana rapidamente, so che bastava poco e il sesso avrebbe sopito i tormenti di quell’anima in pena, so che (cazzo!) avrei proprio voluto trombarla. Ma la felicità fa davvero paura, meglio, molto meglio scappare! Come un antilope nel bosco, come un evasore davanti la finanza, come un dracula in ritardo che coglie il primo baglior di sole. Mi sveglio? Uno dei miei soliti sogni da bar.