Da “I libri di Luca”  – Mikkel Birkegaard

”  Innanzitutto devi sapere che quanto sto per raccontarti, prima o poi te lo avrebbe detto tuo padre, così come Luca fu iniziato da Armando, suo padre. Avrebbe dovuto farlo molto tempo fa, ma il clima nella vostra famiglia non era, per così dire, il più propizio alle rivelazioni.
Jon non disse niente, e il suo viso rimase imperturbabile.
-Ma lasciamo perdere questo discorso, si affrettò ad aggiungere Iversen. – Però ci tengo a dire che sono orgoglioso di dover essere io a rivelarti il segreto.
Gli tremava leggermente la voce e trasse un profondo respiro prima di continuare.
-Sai per esperienza che tuo padre era davvero bravo a leggere storie, proprio come lo era tuo nonno. Anch’io modestamente me la cavo bene, ma tra me e Luca c’era un abisso. Fece una pausa. Dimmi Jon: secondo te cosa occorre per essere un buon dicitore?
Jon conosceva Iversen troppo bene per rimanere sorpreso da quella domanda. Gli sembrava di essere tornato ai tanti momenti in cui quell’uomo, seduto come su un trono nella poltrona verde dietro la cassa, lo interrogava sulle storie che gli aveva letto. Domande su cosa ne pensava della trama, delle descrizioni e dei personaggi
Jon si strinse nelle spalle.
-Esercizio, immedesimazione e un pizzico di recitazione, rispose, senza staccare lo sguardo da quello di Iversen.
Il vecchio annuì. -Più si legge e più si diventa bravi a trovare il ritmo e a fare pause nei punti giusti. Con la pratica le parole fluiscono con maggiore facilità, e si hanno più energie per impiegare le altre caratteristiche che hai nominato: l’immedesimazione e la recitazione. Non è un caso se spesso sono gli attori a leggere le storie alla radio.
Si sporse verso Jon – Ma alcune persone hanno, per così dire, una carta in più. Saper legger un testo non è una dote innata. Interpretare le lettere dell’alfabeto non fa parte del nostro bagaglio genetico. E’ un’azione innaturale, un’abilità artificiale che acquisiamo durante i primi anni di scuola, alcuni con più fortuna e attitudine di altri.
Nella lettura vengono attivate molte aree del cervello. E’ una combinazione tra il riconoscimento di simboli e schemi e la capacità di associarli a suoni, di raccoglierli in sillabe per arrivare a decifrare il significato della parola. Inoltre, perchè acquisti un senso, la parola deve essere messa in relazione con il contesto di cui fa parte… Ovviamente dico cose di una banalità estrema, si scusò Iversen, ma a cui di solito non pensiamo, e lo faccio solo per sottolineare quanto la lettura sia un processo complicato, che va dalla parola sulla carta, fino al momento in cui il suono lascia le labbra. Molte aree del cervello sono coinvolte nella traduzione del simbolo in suono o nella comprensione se si legge mentalmente. Ed è proprio in questa interazione che può verificarsi un evento straordinario.
In un numero esiguo di persone, tutta questa attività cerebrale impegna zone del cervello che permettono di influenzare psichicamente chi ascolta.
-Cosa vuoi dire? Riuscite forse a turbare le persone con quello che leggete a voce alta? Non è semplicemente una questione di tecnica?
-A un livello molto, molto avanzato si, ammise Iversen.
Ma qui si va oltre. Siamo in grado di influenzare la gente senza che se ne renda conto, di influire sulla sua comprensione del testo, del soggetto e via dicendo.
Se volessimo, potremmo cambiare l’opinione degli ascoltatori sull’argomento del testo.”

ultima modifica: 2022-04-05T20:18:10+02:00da Arianna1921

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