La famosa mela..che non cade lontano dall’albero!

Ieri mattina mia mamma è ritornata “vincitrice” con i suoi rami d’ulivo benedetto, ne ha portato un ramo a me,  e un altro al suo compagno. Quando l’ho vista, dopo la funzione religiosa, le ho detto: mamma, dimmi la verità a quante mani hai dovuto contendere quei rametti benedetti?  La risposta è stata: no, guarda eravamo tutte donne, lì a ritirare l’ulivo, perciò siamo state tutte composte e ordinate. Okay, immagino che sia così, che dica il vero. Mi dispiace non essere andata insieme a lei ad assistere alla messa, l’ultima a cui ho partecipato risale al Luglio del 2021. Non sono una buona cristiana l’ammetto. Anzi, probabilmente sono anche un po’ restia nel credere, anche se vorrei davvero avere un forte fede. Non però di quelle che ti rendono troppo scrupolose nell’osservanza di precetti religiosi… a mio avviso, non giusti. Come quello di non accettare l’eutanasia. Io sarò sempre favorevole al rispettare il proprietario umano del corpo e la sua volontà di fronte al dolore fisico di una malattia. Per me i ginecologi non dovrebbero essere obiettori di coscienza, se pensi che una donna non abbia il diritto di decidere del suo corpo per privilegiare un’entità  ipotetica ,  mai nata, non sei appieno un medico, o uno scienziato. Abbandonando il campo di tutte queste opinioni etiche, e volendo trattare di cose più concrete e terrene che mi competono senza dubbio di più, devo dire che ritornando dal luogo di culto dove è riuscita ad entrare in possesso dell’ulivo benedetto, mia mamma  è venuta anche a conoscenza del fatto che quella specifica chiesa, sta organizzano delle gite. Perciò, esibendomi con una mano un opuscolo, ha detto: guarda un po’ con la “nostra” chiesa dove si potrebbe fare una gita… vanno ad Amsterdam e anche a Lourdes, quale delle due preferiresti? Io ho risposto Lourdes,  e mia madre ha risposto: non ci penso proprio, assolutamente Amsterdam. Secondo me, la mia scarsa religiosità è genetica..

Tutta la malìa di un oggetto

Da quando ho visto, anzi sarebbe il caso di dire, ho ascoltato ..dal momento che è un’opera lirica quella che andrò a menzionare esattamente come “Adriana Lecouvreur”  il gesto di portarmi vicino alle narici del naso, per assorbire l’aroma di una cosa qualunque, non riesco a metterlo in pratica senza l’avvertire un poco di ritrosia,  o di insicurezza.
Lasciare che l’effluvio di una cosa, che sia un fiore, un vestito, o meglio ancora le pagine di un libro, come sono spesso solita fare, mi travolga il mio personale senso dell’olfatto, non è un fatto che avviene in piena tranquillità. C’è sempre una specie di memoria, di ricordo dello stare all’erta, nei confronti del potere del profumo o dalla sostanza dal quale esso si sprigiona. Si sa, che l’attrice Adriana Lecouvreur è stata avvelenata dal profumo di certi fiori, che le erano stati inviati in gentile dono, o almeno così narrava la storia tragica creata da Francesco Cilea.  Ma non era di questo che volevo scrivere, volevo scrivere invece del potere, della capacità degli oggetti, delle cose di comune uso (come vestiti, borse, peluche etc) oppure di quelle particolarmente preziose, come dei monili in oro/argento, o soprammobili di pregio e via dicendo) che hanno nel suscitare in alcune persone, con sensibilità spiccata, delle sensazioni e dei ricordi, circa la loro vecchia esistenza. Per questo mi sono soffermata una buona mezz’ora prima di indossare la collana che ora mi appartiene legittimamente, ma che prima di me, apparteneva a mia nonna, e ancora prima di lei alla mia bis-nonna. E’, se così si può definire.. un antico cimelio di famiglia, una collana che mi piace molto nella sua esteriorità, ma che possiede anche un lato sentimentale per la mia famiglia. Non credo che l’oro sia dei “più” valutati, una volta le cose d’oro erano spesso composte da oro 9 carati, anche se la collana è particolare nella sua fattezza e piuttosto lunga. L’ho guardata, come se ne fossi affascinata, ma quello che mi piacerebbe sapere lo nasconde ancora. Ovvero mi piacerebbe, come trascinata in un macchina del tempo, il venire trasportata lì, dove per la prima volta è stata vista e indossata dalla mia bis-nonna. Sarebbe davvero emozionante se avessi questo potere da Medium, poichè questo mi consentirebbe di vedere il mondo di prima che io nascessi, i miei parenti, i loro visi e i loro caratteri. Questo è il superpotere che vorrei…

Un po’ infantile, forse, questo desiderio, di una che non vorrebbe mai smettere di credere in qualcosa di sovrasensibile, ultra-terreno.

Un impermeabile

Ogni tanto mi lascio influenzare dall’opinione altrui su di me, come dal bel tempo d’estate o dal cattivo tempo a Gennaio, per uscire di casa, o per l’intraprendere una nuova condotta di vita. E’ una cosa davvero difficile da gestire, l’essere influenzabili.

(Può essere che capiti a tutti, si, ma chi meno e chi di più)

Un’ape va in città …  (eh??)

Sono distratta, mi dispiace e mi rendo conto di essere superficiale o banale, certe volte, quando scrivo dei commenti (alcuni sono volutamente giocosi… e in questi casi specifici no, sono proprio io “l’allegra matta”) qui in questa dimensione virtuale di blog e fra blog.
Ma sono fuori-fase anche verso me stessa, sovrappensiero, non voglio soffermarmi sopra uno o più aspetti della mia vita, nei quali ormai non vedo soluzione, ciò però mi rende proprio affranta e finisco per avere un pensiero costante, di sottofondo che adombra il resto.
Ho visto un’ape moribonda, vicino a me, in terra, alla fermata di un autobus, poveretta, avanzava in modo davvero lento, non avrei dato un obolo, se avessi scommesso, sulla sua ripresa, invece non appena è arrivato il pullman ho visto dispiegarsi le sue ali ed è volata via, in alto. Probabilmente nemmeno a lei piace viaggiare sul bus, fa sentire ai margini sociali anche quando magari non lo si è.
La mia situazione di disattenzione per il generale mondo circostante, adombrata da qualche preoccupazione personale, mi fa vedere me stessa  simile nel comportamento a quello dell’attrice Margherita Buy in un film: Caterina va in città.  Credo che sia uno fra i più interessanti film italiani che abbia avuto l’occasione di vedere.  In questo film, la Buy, era sposata con uomo che non amava più , per questo lo tradiva, e spesso la sua attenzione vacillava, ovvero non era presente  del tutto mentalmente, quando la famiglia era tutta riunita…per esempio ogni giorno durante la cena o i pranzi del week-end.  Il marito, interpretato da Sergio Castellitto, che dimostrava di essere un personaggio perlopiù egocentrico, difatti si  non si accorgeva  pienamente di questa strana sbadataggine della moglie,  quasi fino alla fine. O forse pensava che lei fosse così svampita, naturalmente, e senza un motivo.  Ma lei non si sentiva più a suo agio nel ruolo di moglie nella sua famiglia.  E io non mi sento più a mio agio, nel mondo, nella situazione di ..??

Non sono d’accordo  (con la tesi) ma la trascrivo lo stesso, poichè  nel finale appare una risoluzione gradita

“Non vedi quanto è necessario
un mondo di dolore e sofferenza
per formare un’intelligenza e farne un’anima?” John Keats 1819

(Da un blog amico: illievito.blogspot.com )

“La storia della mia vita non esiste. Proprio non esiste. Non c’è mai un centro, non c’è un percorso, una linea. Ci sono vaste zone dove sembra che ci fosse qualcuno, ma non è vero, non c’era nessuno”.

Marguerite Duras

Da “I libri di Luca”  – Mikkel Birkegaard

”  Innanzitutto devi sapere che quanto sto per raccontarti, prima o poi te lo avrebbe detto tuo padre, così come Luca fu iniziato da Armando, suo padre. Avrebbe dovuto farlo molto tempo fa, ma il clima nella vostra famiglia non era, per così dire, il più propizio alle rivelazioni.
Jon non disse niente, e il suo viso rimase imperturbabile.
-Ma lasciamo perdere questo discorso, si affrettò ad aggiungere Iversen. – Però ci tengo a dire che sono orgoglioso di dover essere io a rivelarti il segreto.
Gli tremava leggermente la voce e trasse un profondo respiro prima di continuare.
-Sai per esperienza che tuo padre era davvero bravo a leggere storie, proprio come lo era tuo nonno. Anch’io modestamente me la cavo bene, ma tra me e Luca c’era un abisso. Fece una pausa. Dimmi Jon: secondo te cosa occorre per essere un buon dicitore?
Jon conosceva Iversen troppo bene per rimanere sorpreso da quella domanda. Gli sembrava di essere tornato ai tanti momenti in cui quell’uomo, seduto come su un trono nella poltrona verde dietro la cassa, lo interrogava sulle storie che gli aveva letto. Domande su cosa ne pensava della trama, delle descrizioni e dei personaggi
Jon si strinse nelle spalle.
-Esercizio, immedesimazione e un pizzico di recitazione, rispose, senza staccare lo sguardo da quello di Iversen.
Il vecchio annuì. -Più si legge e più si diventa bravi a trovare il ritmo e a fare pause nei punti giusti. Con la pratica le parole fluiscono con maggiore facilità, e si hanno più energie per impiegare le altre caratteristiche che hai nominato: l’immedesimazione e la recitazione. Non è un caso se spesso sono gli attori a leggere le storie alla radio.
Si sporse verso Jon – Ma alcune persone hanno, per così dire, una carta in più. Saper legger un testo non è una dote innata. Interpretare le lettere dell’alfabeto non fa parte del nostro bagaglio genetico. E’ un’azione innaturale, un’abilità artificiale che acquisiamo durante i primi anni di scuola, alcuni con più fortuna e attitudine di altri.
Nella lettura vengono attivate molte aree del cervello. E’ una combinazione tra il riconoscimento di simboli e schemi e la capacità di associarli a suoni, di raccoglierli in sillabe per arrivare a decifrare il significato della parola. Inoltre, perchè acquisti un senso, la parola deve essere messa in relazione con il contesto di cui fa parte… Ovviamente dico cose di una banalità estrema, si scusò Iversen, ma a cui di solito non pensiamo, e lo faccio solo per sottolineare quanto la lettura sia un processo complicato, che va dalla parola sulla carta, fino al momento in cui il suono lascia le labbra. Molte aree del cervello sono coinvolte nella traduzione del simbolo in suono o nella comprensione se si legge mentalmente. Ed è proprio in questa interazione che può verificarsi un evento straordinario.
In un numero esiguo di persone, tutta questa attività cerebrale impegna zone del cervello che permettono di influenzare psichicamente chi ascolta.
-Cosa vuoi dire? Riuscite forse a turbare le persone con quello che leggete a voce alta? Non è semplicemente una questione di tecnica?
-A un livello molto, molto avanzato si, ammise Iversen.
Ma qui si va oltre. Siamo in grado di influenzare la gente senza che se ne renda conto, di influire sulla sua comprensione del testo, del soggetto e via dicendo.
Se volessimo, potremmo cambiare l’opinione degli ascoltatori sull’argomento del testo.”