La lotta                                                                                     (Poesia di A. Luisa Amaral)

“C’era una volta,
nella stanza di una bambina
un cassetto pieno di libri
permanentemente minacciati dalla possibile occupazione di un corredo.

Che fare? Starsene tranquilli in attesa che delle stupide lenzuola e delle inutili tovaglie vengano ad invadere il territorio?
Lottare per il possesso di diritti così arduamente conquistati?

Si fece una riunione generale,
unica soluzione in casi come questo, ma non ci fu modo di arrivare ad un accordo.
Capirete bene: quando il problema è di ordine generale…

Gli animi si infiammarono.

Lo straniero (di Camus) – non era d’accordo con i modi violenti di agire,
aggredì il Piccolo Principe –
strappandogli senza scrupolo e pietà le pagine centrali.

Frankenstein – a favore di una marcia silenziosa e orgoglioso portatore di una copertina plastificata, strappò violentemnte la copertina colorata di un antologia poetica francese che, viste le circostanze disuguali, non potè fare altro che urlare un alessandrino in modo poetico e commovente.

Alla fine,

nessuno ne uscì illeso.

Segretari, oratori, esibivano con un misto di sofferenza e orgoglio cicatrici gloriose.

Persino Edipo, il presidente, in un momento in cui richiamava alla calma, fu spogliato dalla sua copri-copertina e trascinato per più di dieci centimetri dal cassetto dove rimase inerte, con le pagine aperte: quasi inutilizzato.

Ora, il problema non era l’invasore, ma la divisione interna, le ostilità rimosse. Quello che interessava adesso era sopravvivere, essere libro.

Questo lo comprese l’edizione tradotta e annotata di Hamlet, che dimenticata in un angolo osservando con occhietti furbi quella folla urlante mormorava: essere o non essere questo è il dilemma, essere o non essere questo è il dilemma

Unafiamma

Domande del nuovo giorno

calmamente Chissà come sarebbe vivere ad Andorra (Andorra) Vienna (Austria), Bruxelles (Belgio), Sofia(Bulgaria), Nicosia (Cipro), Zagabria(Croazia), Copenaghen (Danimarca), Tallin (Estonia), Helsinki (Finlandia), Parigi(Francia), Berlino(Germania), Atene(Grecia), Dublino (Irlanda), Reykjavik (Islanda), Roma (Italia), Riga (Lettonia), Vaduz (Liechtenstein), Vilnius (Lituania), Lussemburgo(Lussemburgo), Skopje (Macedonia), La Valletta (Malta), Podgorica (Montenegro), Monaco (Principato di Monaco), Amsterdam (Paesi Bassi), Varsavia (Polonia), Lisbona (Portogallo), Londra (Regno Unito), Praga (Repubblica Ceca), Bratislava (Repubblica Slovacca), Bucarest (Romania), Madrid (Spagna), Berna (Svizzera), Budapest (Ungheria), Stoccolma (Svezia)

Non si  è  molto lontani dalla verità,
quando, si esclama, ad un certo punto, nel mezzo di una conversazione…fai attenzione, perchè le parole hanno un peso! Le parole dette, pronunciate, dovrebbero provenire da qualche forma di pensiero, tutte quante, che sia un “pensiero” sbrigativo o un pensiero a lungo trattenuto nella mente.  Ho riflettuto per un po’ di tempo, sull’origine, sull’etimologia della parola: pensiero, per l’appunto. E deriva, ho letto, da un verbo latino…che significava “pesare con attenzione”. Ecco quindi che le parole hanno letteralmente un peso!

Ad ogni modo, che il -pensiero – umano abbia a che fare con il pesare della lana antica o con il soppesare le parole che mentalmente si affacciano a noi tutti, quello che intendo fare io, è proprio il seguente atto : riflettere sopra un qualcosa che mi ha sfiorato la mente, in sogno, ovvero interpretare correttamente una visione onirica che ho avuto la scorsa notte. Spero di riuscirci.

Ecco il sogno, o la visione onirica:

Vedevo me stessa, mi guardavo camminare e muovermi dentro una stanza, finchè mi sedevo sopra ad una sedia accostata ad un tavolo. Sopra il tavolo c’era uno specchio, piccolo, circolare. Io lo osservavo e vedevo il mio viso riflesso nel suo interno. Ad un certo punto sentivo una voce, solo una voce, fuori campo (non c’era nessuno con me). La voce diceva: bisogna darle della speranza. E sentito ciò, iniziavo a fissare i miei occhi allo specchio e …iniziavo a truccarli.  Era come se non ci fosse una mia autonoma volontà nel farlo. Mi sono svegliata.

Pronunciare difficili questioni

Ho sofferto in silenzio
senza dirlo a nessuno

Come le case abitate per un mese all’anno da ricchi proprietari
che stanno a chiedersi, in silente suono, dove avranno stabile dimora
gli amati possidenti – che le scambiano abitualmente per luoghi transitori.
Le disabitate a lungo si chiedono
se c’è qualcosa, che in più di loro, le altre fisse abitazioni hanno da offrire, per esempio:
finestre dei muri dai contorni dorati ? con annessi esterni panorami sublimi ? Porzioni di stanze con angoli di particolari
comfort?
spazi più grandi e accoglienti?
O possiedono la bellezza del luogo nel quale sono state edificate, è tutto qui? La geografia benigna!
Queste che, invece, hanno solo qualcuno da cui farsi guardare, e che a loro volta osservano, una tantum, in quella
concessione di svago vacanziero, avranno anche esse qualcuno sul serio, una volta per tutte?
Senza rappresentare solo lo svago divertente
ma essendo una
costante, l’orientamento per il rientro nel sè autentico di un amato residente?

Norberto Bobbio o Eugenio Borgna? Contenuto comunque tratto dal libro di quest’ultimo : In dialogo con la solitudine

“Mentre il mondo del futuro è aperto all’immaginazione, e non ti appartiene più, il mondo del passato è quello in cui attraverso la rimembranza ti rifugi in te stesso, ricostruisci la tua identità, che si è venuta formando e rivelando nella ininterrotta serie dei tuoi atti di vita, concatenati gli uni con gli altri, ti giudichi, ti assolvi, ti condanni… puoi anche tentare di fare un bilancio. “

Sul tema depressione e su quello libri ceduti alla biblioteca, voglio aggiungere una doverosa postilla contro me stessa, non ho donato due libri di Sylvia Plath, ovvero: Diari e La campana di vetro, probabilmente avrei dovuto farlo invece, perchè credo sia sufficiente una sola lettura per intristirsi notevolmente.  Ne avevo bisogno? Avevo bisogno di leggere- di nuovo-  stralci del “Diari”  della talentuosa e triste scrittrice  S.Plath? La realtà è che verso certi libri non è facile abbandonare il senso del “possesso”. E’ mio, l’ho comprato e lo tengo, punto e stop.  Sapete che ho dimenticato di trascrivere una mia passata esperienza di “segnalatrice” di una situazione di pericolo in città. A dire il vero,  mi è successo di avvertire più che altro un probabile stato di pericolo nel quale poteva trovarsi una signora anziana, e per questo, visto che riguardava una persona e non un oggetto-un bene materiale comune, non potevo dimostrarmi distratta.  Era un pomeriggio di Aprile e passeggiando per una via, in cui spesso mi capita di camminare , ho notato, e ho sentito la voce flebile di un’anziana signora che era intenta ha richiamare l’attenzione. Da un balcone al secondo piano di un piccolo stabile, mi faceva cenno di avvicinarmi, voleva aiuto. Ho pensato che le fossero cadute delle chiavi o altro nel giardino sottostante al balcone, perciò mi sono avvicinata. Le ho visto gettare fuori, verso l’esterno, sulla strada, un foglio di carta. L’ho preso, e letto non appena lei è ritornata  all’interno della sua abitazione,  abbastanza velocemente. C’era scritto: aiuto, sono prigioniera.  Me ne sono andata via, verso casa, con questo foglio in mano, e della perplessità in testa. Non sapevo cosa fare dapprima, poi ho deciso di chiamare i vigili urbani e di spiegare loro l’accaduto, ho chiesto inoltre a questi vigili se  potevano recarsi al numero civico, presso l’abitazione della signora, per capire meglio la sua situazione. Prontamente mi hanno detto che l’avrebbero fatto e che poi mi avrebbero anche cortesemente comunicato come stava la persona in questione, dato che me ne ero tanto preoccupata. Così è andata, e ho saputo da loro, che la signora era seguita da una “badante” che in quel momento stava in casa con lei, che la seguiva poichè lei aveva da qualche tempo qualche problema neurologico, ma mal sopportava la presenza di quella accuditrice che vedeva come un’intrusa, ingerente nella sua quotidianità, chiamata ad accudirla dai suoi figli.

beltempo

Elogiare il non-apprezzabile    

Ad agosto succede, spesso, che mi prenda la strana frenesia, di fare ordine in casa e di trovare spazio nuovo da utilizzare, per farlo devo disfarmi obbligatoriamente delle cose (fisiche e materiali)
già presenti. Ho ceduto, anzi, regalato 25 libri ad una delle biblioteche comunali più vicine a casa,
libri gialli perlopiù, thriller e qualche classico tutti in onorevoli e buone condizioni. La biblioteca è stata contenta di accoglierli, e io mi sono dimostrata in questa circostanza una persona con un buon senso civico.
Ma altre volte, quanto ne ho dimostrato? Per esempio, mi sono resa conto di non aver mai fatto alcun reclamo per  lo stato di incuria o sporcizia del verde dei giardini pubblici, o della loro fontana
con acqua stagnante invece di limpida e zampillante, di essere stata distratta nel riferire del
mal funzionamento di lampioni che costeggiano le ampie e (quindi) semi-buie strade della città.
No, in queste situazioni, pur magari accorgendomene non ho pronunciato una parola di contrarietà e di dissenso, probabilmente altri avranno evidenziato questi disagi di decoro urbano.
Ma c’è un grido di allarme e preoccupazione che vorrei lanciare, invero, proprio ora: da diversi giorni, non sento più cantare un gallo che emetteva tale suo canto melodioso in varie ore delle giornate, ora è diventato silente.
E’ un gallo attivo dal periodo del lockdown(covid19), direi quindi longevo nella sua specie. Spero che non abbia fatto una brutta fine, ma che sia andato in soggiorno-vacanze come i suoi proprietari di casa.
Se chiamassi i vigili urbani per sincerarmene? Salve, buongiorno, scusate se vi disturbo, ma vorrei…constatare le
condizioni da salute di un gallo (cittadino, ehm, un gallo cittadino.. lo so….è strano) che ha smesso di deliziarsi tutti noi del quartiere
con la sua voce, non sarà passato all’altra dimensione-ultraterrena dei galli?? Potete recarvi al suo civico… e visionare le sue condizioni?
No, non potrei mai fare una telefonata del genere, chiamerebbero per me un pronto-intervento psichiatrico, e mi
troverei  davanti una specie di E. Borgna, meno filosofico è più proattivo che, provvederebbe a farmi domande sulla mia condizione di salute mentale storica e attuale, per destinarmi poi a cure adeguate!
A proposito, ho scoperto che lo psichiatra E. Borgna ha scritto finanche un libro dal titolo: Elogio della depressione, oltre ad occuparsi delle tematiche della solitudine e della fragilità umana. Come
si può elogiare la depressione?? Ne sono incuriosita.

(Hello! O Buongiorno….cari amici vicini e lontani)

” Quando si vive soli, non si parla alta voce, e neppure si scrive ad alta voce:
si teme infatti la cava risonanza – la critica della ninfa Eco. E ogni voce suona diversa, nella solitudine!”     F. Nietzsche

Anche la propria?  Forse Nietzsche pensava di poter temere l’eco della propria voce nella solitudine, poichè dava adito a smarrimento mentale, ed estraneità ? Di certo il filosofo in questione, immerso nel suo periodo storico,  non poteva iniziare ad interloquire con la televisione, proprio come oggi facciamo spesso noi tutti… ormai, di fronte alla Tv e ai suoi innumerevoli programmi. Chi non ha mai ribattuto ad una frase, o ad un pensiero espresso da un presentatore di un telegiornale, mentre questo stava esponendo i fatti più salienti della giornata nel mondo? Io lo faccio spesso, a dire il vero, parlo da sola, si…! Parlo anche ad alta voce di fronte ad uno schermo dove appaiono presentatori, attori, speaker….Qualche volta questo  provoca un certo estraniamento o distorsione  della propria idea dell’acquisito equilibrio mentale… Ci fa sentire un po’ eccentrici e un po’ soli, ovvero esseri umani affetti dal comune morbo della solitudine…che però si affievolisce ed evapora non appena sentiamo la nostra ferma voce interiore o quella più dolce, e allegra di un/a amico/a, dopo lo squillo di un telefono.