“Come comprese James Joyce all’epoca in cui era un giovane scrittore in Irlanda:  Sono arrivato alla conclusione che non riesco a scrivere senza offendere qualcuno”

Tratto dal libro “Bianco” di Bret Easton Ellis
Recitare – attori

bret

Per questo motivo, finiscono con l’interpretare una parte per noi anche nella loro vita quotidiana. E non possono farci nulla: trascorrono le loro giornate inabissandosi nei personaggi. Vogliono piacere, vogliono fare bene il loro lavoro. Gli attori sono terrorizzati dalle critiche e ne sono più feriti perchè, al contrario della maggior parte di noi, vivono di fronte al loro pubblico, e le critiche potrebbero voler dire che il pubblico non li ama più. Le critiche potrebbero pregiudicare il prossimo lavoro, il prossimo flirt, forse la grande svolta positiva nel corso della carriera. Per un attore le critiche sono intimamente legate alla sopravvivenza, più di quanto non lo siano per noi tutti, o almeno così stavano le cose fino a poco fa.

Infatti oggi la maggior parte di noi conduce sui social una vita che è più fondata sulla finzione di quanto non fossimo in grado di immaginare anche solo una decina di anni fa, e grazie al germogliare di questo culto della popolarità in un certo senso siamo diventati tutti degli -attori-

Abbiamo dovuto ripensare i modi in cui esprimere i nostri sentimenti e  i nostri pensieri e  le nostre idee e opinioni.”

Un aforisma in mente

Nn senza difficoltà sono uscita dal mio appartamento questa mattina,
ho cercato di fare meno rumore possibile, con i miei tacchi che scendevano
tutti i gradini delle rampe di scale(abito al terzo piano) e poi mi sono accorta
che forse non ne valeva tanto la pena, l’essermi svegliata di buon’ora per uscire: c’era troppo freddo!
Speravo in un bel clima caldo, ma ho dovuto avvolgermi nel foulard
che tenevo conservato nella borsa per riscaldarmi abbastanza da continuare
la camminata..
Durante questa ho ascoltato il cinguettio continuo e ad alto volume di diversi uccellini e qualche stralcio di conversazione di certi passanti davanti a me, ai miei passi.
Proprio da una di queste ho preso spunto per una riflessione, visto che le parole che ho sentito pronunciare da una donna alla sua amica che le camminava a fianco mi hanno dato da pensare.
Parlavano di dipendenze, una riferiva all’altra che un suo parente stretto
aveva un problema di continui flussi di soldi che gli uscivano di casa e che lei doveva aiutare la sua famiglia,  perchè questo parente aveva il vizio del gioco, che spendeva molti soldi in questo modo e con le “donne”.
Ora, come sosteneva Oscar Wilde, con un celebre aforisma: Non bisogna cercare simboli in tutto ciò che si vede…
Eppure io questa volta voglio farlo, e prendendo spunto da questa frase sentita per puro caso, o involontario modo, mentre passeggiavo, voglio fare un elenco delle mie  “dipendenze” –

Davanti a cosa non riesco a fare dietro-front, eccedendo magari nelle dosi  ?

Innanzitutto al caffè, dal quale ho dovuto liberarmi un poco, per motivi legati al mio stomaco e alla mia capacità di sopportarlo, perciò ne bevo uno al giorno, o uno ogni due giorni, invece di 3 al giorno!

La fantasia, non riesco a privarmi di perdermi in fantasie fantasiose anche suggerite dai svariati libri che leggo.

La lettura, leggo e compro libri anche in modo esagerato: è una necessità forse per dimenticare la mia vita, invece di migliorarla o di correggerla attivamente?

Sono dipendente dalla visione di alcune arti: come la pittura o la letteratura che poi diviene recitazione…

Dal giudizio delle persone che amo, ovvero mi lascio condizionare da ciò che loro vorrebbero che io facessi o da come dovrei comportarmi, per paura di perdere la loro stima o il loro affetto

Dallo shopping, in certi frangenti…per rilassarmi…I love shopping!

Dai puntini di sospensione … … …

Hanging_Gardens_of_Babylon Babilonia

Gli addetti ai lavori metafisici?

Credo che la parola di oggi per me, possa essere: metafisica, dato che l’ho individuata sia ieri che oggi sopra le pagine di due libri diversi, vorrà dirmi qualcosa?

Proprio lei, che sicuramente ho dovuto ignorare, in parte, in queste giornate dovendomi perlopiù immergere nella vita pratica e attiva. Senza avere quasi mai avuto quella tranquillità necessaria a riflettere proprio sopra l’oltre di questa realtà, o vita…  e routine…che mi pressa,  affaticata dalle quotidiane attività da svolgere, come quelle di prepararmi ad un’uscita sotto la pioggia!

Io odio la pioggia, quella battente che s’infiltra sotto i vestiti, fin sulla pelle, il collo, le braccia, il viso e li rende intrisi d’acqua.  Difatti stamattina non avevo intenzione di arrendermi al cambiamento atmosferico, al freddo, e volevo indossare delle scarpe bianche, da ginnastica per essere comoda, ma pur sempre bianche. Ho dovuto cambiare idea e calzarne un paio di colore nero, poi di malumore mi sono diretta con passo svelto da abituè della corsa tipo jogging, al supermercato più vicino. Dopo ciò mi sono sbarazzata delle mie calzature scure e ho deciso che oggi fosse una giornata da passare scalza, a casa.  Così ho iniziato ad aggirarmi per l’appartamento in cui vivo, parlando ad alta voce,  ossia ripetendo delle frasi in lingua inglese, fino a questo punto, ovvero fino ad ora,  che sono seduta davanti allo schermo del computer, su questa pagina virtuale.  Ora potrei riprendere a riflettere sul termine “metafisica”, pensate che lo farò oppure ritornerò a ripetere il mio frasario in lingua inglese??  Il pragmatismo prima di tutto?

Riprendo a conversare in inglese… l’inglese è utile nel mondo attivo, nella società (la metafisica è un passatempo con me stessa?)

Sragiono? Vaneggio…ecco la metafisica è sempre troppa, anche solo se ti sfiora la mente, a meno che tu non sia un addetto ai lavori…metafisici?

Tipo: psichiatri, sacerdoti, insegnanti di filosofia etc etc (ah ah ah) (Sono felice di avere questo divertimento…un blog dove scrivere…sciocchezze!)

 

 

 

 

 

“La vita…era una cosa strana, la vita. Ogni tanto sembrava di capire che fosse, e poi tac, si dimenticava, tornava il sonno.”

(pag 60 del libro: Il mare non bagna Napoli – Anna Maria Ortese)

Cimentarsi con un proprio sé… (responsabile o irresponsabile? )

Ieri improvvisamente, a tardo pomeriggio, mi è balenata in mente la parola coscienza, parola che subito si è imposta, da quel momento, alla mia attenzione. Dove l’avevo trovata? Era una di quelle parole che liberamente la mia memoria aveva deciso di far riesumare dal vocabolario personale di parole imparate durante gli anni scolastici? con tutto il suo significato profondo, oppure l’avevo semplicemente scovata in giro…conferendole però immediatamente un certo riguardo…? Ed era proprio questa seconda possibilità quella autentica, collocando distrattamente gli occhi su un angolo di strada che stavo percorrendo, mentre questi miei occhi ancora stavano osservando il colore rosso di un papavero sbucato tra un marciapiede ed un’aiuola pubblica, eccola, la parola chiave della giornata che si affacciava: coscienza!  Mi sono chiesta perchè tra tutte le belle e affascinanti parole scovate e lette in un libro di Anna Maria Ortese: Il mare non bagna Napoli, la mia mente abbia subito ghermito e conservato per alcune ore questa solo parola. Coscienza…che cosa non voglio scorgere in questa mia (coscienza), che risulterebbe tanto evidente ed emergente se soltanto mi soffermassi qualche attimo in più, in solitudine, in compagnia della mia più autentica me stessa? Ecco per esempio cosa:

Che serve coraggio e perseveranza per individuare chi e cosa sia necessario incontrare e fare nell’attimo incipiente di vita quotidiana, nonostante forse non sia cosa facile a cui andare incontro…come quegli esami necessari che devi sostenere per proseguire il percorso prescelto, ma immantemente preferiresti svagarti con altre più piacevoli e meno gravose situazioni, come quel papavero rosso apparso dal cemento e al tuo sguardo.

 

Alla fine non sono riuscita a seguire il consiglio dello scrittore Faletti
nel non andare a caccia di ricordi. In verità
mi è venuto in mente subito un’altra massima/idea di  Rudolf Steiner il quale
sosteneva la triplicità umana, che consisteva nella coesistenza
del nostro ieri, dell’oggi e della memoria, che è un ponte che unisce i due aspetti.
Perciò sconsideratamente mi sono dedicata all’azione del ricordare,
e la prima cosa che ho ricordato è stato il sogno compiuto nella notte
appena passata.
Il sogno è il seguente: ascoltando la televisione accesa sul canale
locale apprendo dal telegiornale che c’è un’allerta idrogeologica,
il fiume Po è arrivato ad un limite pericoloso di livello-altezza.
Nel sogno non sembro per nulla spaventata da questo fatto, mentre
altre persone che sono con me e hanno sentito la stessa notizia
ne sono notevolmente preoccupate. Io insomma mantengo la calma,
la tranquillità. Tant’è che sono l’unica che si accorge della presenza
di un ospite sconosciuto che sosta nel balcone dell’appartamento: un gattino dal mantello rosso che miagola rumorosamente, tutto bagnato e infreddolito dall’acqua
o meglio dalla pioggia che cade dal cielo incessantemente (e qui si ricollega alla piena del fiume).
Io però, come non avevo provato alcun turbamento dal notiziario televisivo che dava l’allerta dell’innalzamento del fiume, così non provavo alcun sentimento di pietà, compassione verso quel gattino piangente
e bisognoso di un riparo, di un soccorso. Fortunatamente chi era vicino a me, altre persone che non conosco nella realtà, mi dicevano che non era opportuno lasciare quel povero gatto fuori sotto la pioggia, di aprire le finestre del balcone e di metterlo al sicuro, almeno
temporaneamente, anche se il gatto non mi apparteneva e non mi riguardava la sua sorte. Perciò ascoltando le parole/ opinioni altrui accolsi il gattino nel mio salotto.
La cosa strana di questo sogno è che viene rappresentata una me al rovescio, ossia una me che è l’opposto da quella reale, nella quotidiana realtà. Difatti se non fosse stato un sogno io avrei subito salvato il gattino dalla pioggia battente, e sarei stata molto preoccupata
per l’evento fiume in piena…magari sarei fuggita di casa con il gattino. Ma visto che i sogni talvolta evidenziano i nostri desideri, è così che mi vorrei nella realtà? calma, tranquilla
con poca sensibilità. Invece sono spesso agitata e abbastanza sensibile.
Riuscirò ad essere la me dei miei sogni?
Forse prossimamente nelle mie notti da dormiente?