(quando essere ottimista significa essere forte)

E comunque, anche se ho appena scritto di aver la sensazione di essere una persona ottimista, mascherata da pessimista, temo di non riuscire a poterlo essere sempre, così ottimista,  in tutte le circostanze della vita, poichè dire di essere ottimista è come dire di riuscire ad essere una persona “forte” (ora l’ho compreso, dopo aver riflettuto un momento, su quello che ho appena scritto qui sopra…)  Mi piacerebbe esserlo davvero ad ogni modo, un’ottimista ad oltranza, ogni volta che sarà necessario, avere la forza per affrontare la vita. Bonne chance

Ps è terribile, sono troppo “superstiziosa”….

Rettifico, rettifico

in realtà ho un mare di paura

 

 

Cercando si seguire i dettami della scritta sul Tempio di Apollo a Delphi

Ritornerei volentieri indietro, in una di quelle mie vecchie serate ormai trascorse, diversi anni addietro, in cui i miei passi finivano, ogni tanto, davanti l’entrata di un certo bar, detto ******,
nel quale sedendomi sorseggiavo un drink dal sapore dolce ed acolico.
Tornerei verso l’una di notte a casa, non troppo tardi dunque, dopo aver chiacchierato amabilmente con qualche amica e amico. Ricordi davvero passati, quando ero ancora in grado di avere e mantenere amicizie sincere. Eppure nonostante mi manchino, ovvero mi manchi questa parte
profonda di me, che ha e coltiva dei legami di amicizia e nutre affetto sincero per qualcuno che non sia un fidanzato o uno stretto familiare, credo di potermi ritenere tuttora una persona globalmente contenta. In effetti penso di poter affermare che la mia sveglia del mattino mi trovi quasi sempre di un umore buono, e sereno, certo è difficile a volte mantenerlo tale tutto quanto l’arco della giornata, a seconda delle cose che ci capitano nel mezzo!

Mi sono posta questo quesito specifico sulla mancanza di tristezza che non angustia le mie giornate o il mio tempo libero in genere, poichè esaminando quello che ho, o meglio quello di cui sono priva
all’interno della mia normale esistenza… come un lavoro ben retribuito, strette amicizie reali,
un fidanzato/coniuge amorevole, un conto in banca…(qualsiasi), ecco.. nonostante tutto ciò non sono assai triste o ad
un passo dalla depressione. Eppure ne avrei quasi “diritto”, no? Dato i miei sopra-elencati sostanziosi vuoti,
perciò posso considerarmi una vera e propria “stupida” (e probabilmente è così),
oppure sono una persona fondamentalmente ottimista? Oddio, ho quasi i brividi di terrore a dirlo, anzi a scriverlo, e non ne ho idea del perchè, ammettere di essere ottimista mi destabilizza!  Anzi una motivazione in fondo posso ipotizzarla, il perché è il seguente: non mi sono mai vista e reputata come una persona “ottimista”,
anzi ho creduto finora di essere una creatura fondamentalmente pessimista.
E se avessi avuto finora un’idea un po’ sbagliata di me?

Tu, all’improvviso…

Sapevo già benissimo che siamo un po’ tutti controllati e spiati,
i nostri dati e gusti personali vengono maneggiati e conservati all’interno di database
di varie tipologie di aziende o compagnie, a vario titolo.
Ma mai avrei potuto immaginare di avere certi occhi puntati addosso, occhi piccoli ma acuti e intelligenti. Occhi che hanno aspettato l’attimo più idoneo e giusto al loro scopo: colpire
il piattino posato sul tavolino di un bar-cafè dove ero intenta a fare la colazione. Che cosa è stato agguantato e sottratto sopra quel piattino, è facilmente intuibile…
una brioche farcita con buonissima crema pasticcera, tagliata in diverse parti. Ecco una parte, abbastanza consistente, ossia un sostanzioso pezzo di questa brioche è stato afferrato da un passerotto che in picchiata si è lanciato su di esso, e solo dopo avermi osservata con attenzione, per capire chi fossi… e la mia natura…offensiva? o inoffensiva?
Ha messo a segno il furto, e “carpito” una parte della mia colazione. E questo è stato l’incontro ravvicinato più curioso e simpatico
della mattina: caro simpatico pennuto, mi hai rubato un vero e proprio sorriso sincero, e mi hai mostrato
che cos’è l’audacia… naturale…ma non spietata.

Passando invece a me più personalmente, arrivano le più dolenti note, dato che l’effetto della galleria nazionale d’arte (di Parma) si è ormai concluso, e  anche il benessere ricevuto varcando le soglie di quel luogo
ovattato e oscuro, illuminato perlopiù dai colori dorati o rossi (che sono quelli che ricordo di più)
dei pregevoli quadri conservati nel museo, insieme alle luci di strategici faretti e distanziati  finestroni, dopo l’incursione avvenuta un paio di giorni fa.
Quello che, invece, mi resta ancorato e fisso nella mente, come un sottofondo di  una compagnia scelta appositamente,  è la voce narrante di un personaggio dello scrittore David Wallace, che può, a suo dirsi,  proprio identificarsi con quella (voce) dello stesso autore, dato che il libro “Il re pallido” che sto leggendo, sembra un resoconto di uno stralcio di vita vero di Wallace.  Perchè  abbia scelto la voce e l’io narrante di questo scrittore per tenermi compagnia, in queste giornate di inizio estate, credo di non saperlo ancora proprio bene…Probabilmente per il tema della “noia” che attanaglia più spesso durante il periodo estivo l’umanità in genere, e di cui Wallace spiega una realtà, dal suo punto di vista. Oppure perchè in mancanza di una voce vera e reale nella mia vita, da ascoltare con amorevole trasporto, mi è sembrata la migliore.

“[…]Cosa vuoi di più nella vita. Una veranda con la zanzariera”
Questa è la prima frase che casualmente i miei occhi hanno trovato sulle pagine del libro “Il re pallido”, sfogliandolo un po’ distrattamente, nonostante ciò non mi sono demotivata a continuarne e iniziarne la lettura.
E difatti vi ho trovato molto di più, per esempio una parola che non avevo mai sentito prima in vita mia, come
Lucore – che ha il significato di splendore diffuso – luce pallida, in effetti lo scrittore Wallace qui l’ha legato alla parola “rugiada”
L’altra parola è pirite – che consiste in una pietra o in un minerale
Ma un altro termine che viene trattato e affrontato in questo libro è il termine noia, con tutto l’universo della sua più ampia connotazione.

A pagina 109 compare scritto questo sulla noia

” Per me, almeno a posteriori, la domanda veramente interessante è perchè la noia si dimostri un impedimento così efficace all’attenzione. Perchè ci sottraiamo alla noia. Forse perchè la noia è intrinsecamente dolorosa;  forse da qui traggono origini espressioni come -noia mortale- o -noia straziante- Ma potrebbe non essere tutto. Forse la noia è associata al dolore psichico perchè una cosa noiosa o nebulosa non fornisce abbastanza stimoli capaci di distrarre da un altro tipo di dolore più profondo che è sempre lì, e la maggior parte di noi impiega quasi tutto il suo tempo e le sue energie per distrarsi e non sentirlo. Devo ammettere che il tutto è un po’ confusionario, ma di sicuro deve esserci qualcosa dietro, non solo la musichetta nei posti noiosi e monotoni, ma addirittura la Tv nelle sale d’attesa, alle casse di supermercati, ai gate degli aeroporti, tra i sedili posteriori dei suv. Walkman, iPod, Blackberry, cellulari che si attaccano alla testa. Questo terrore del silenzio senza poter fare niente che distragga. Non riesco a pensare che esista qualcuno davvero convinto che dietro la cosiddetta -società dell’informazione- di oggi ci sia solo l’informazione. Tutti sanno che c’è sotto qualcos’altro.  Il punto per quanto riguardo il libro di memorie è che ho imparato, durante quel periodo all’Agenzia, qualcosa sulla noia, l’informazione e le complessità fuori luogo.

Ho imparato a sorvolare la noia come fosse un paesaggio, con le pianure, le foreste e le infinite zone incolte. E da allora mi accorgo sempre, quando lavoro, mi diverto, sto con gli amici e nell’intimità della vita familiare, che le persone viventi non parlano granchè della noia.  Perchè questo silenzio? Forse perchè l’argomento è, di per sé noioso…

Io, però ritengo che potrebbe esserci di più…proprio qui davanti a noi, nascosto dalla sua stessa mole.”

Ieri mattina sono entrata in una libreria per cercare il libro di David Wallace “Il Re pallido” (ne troverete degli stralci  riportati qui di seguito, nelle righe sottostanti tra le virgolette) e qui mi sono ricordata, che durante questo lasso di tempo ho tralasciato l’ascolto di un qualcosa, della musica, ovvero di un tipo di musica in particolare, quella Jazz! Difatti il sottofondo della libreria era animato e scaldato dalla note e dalla voce di una cantante Jazz.  Una volta a casa ho voluto provare a ricreare l’atmosfera intensa di quella libreria iniziando ad ascoltare canzoni jazz e a leggere -Il Re pallido. Passare del tempo in solitudine con una lettura di questo autore mi incuriosisce e mi attira a sè al contempo, come del resto la lettura in generale, poichè la reputo sempre in grado di ampliare la mia conoscenza linguistica, arricchendola con delle parole che magari non conosco ancora.

Ed ecco dei modi per contenere lo stress o la pressione…consigliati proprio da un personaggio di un libro di  David Wallace

“L’Interruzione del Pensiero ”  per esempio

o altri sistemi…

“Appena ti ritrovi a fare due chiacchiere con la persona giusta, interrompiti all’improvviso a metà del discorso,  guardala dritto negli occhi e dì:

  • Cosa c’è che non va?  Dillo in tono preoccupato. Quella dirà:
  • In che senso?  E tu: Qualcosa non va. Si capisce. Che cos’è? E quella ti guarderà sbigottita dicendo:Come fai a saperlo?  Non si rende conto che c’è sempre qualcosa che non va, in tutti. Spesso più di una cosa sola. Non sa che tutti vanno sempre in giro con qualcosa che non va, e sono convinti di fare un grande sforzo di volontà e di controllo per impedire agli altri, che secondo loro non hanno mai niente che non va, di accorgersene. Le persone sono fatte così. Chiedi di punto in bianco cosa c’è che non va e, che decidano di vuotare il sacco o neghino fingendo che sei fuori strada, ti considereranno intuitivo e perspicace. O ti saranno grate, o si spaventeranno evitandoti a partire da quel momento. Due reazioni che hanno una loro utilità, come vedremo. Puoi giocartela come meglio credi. Funziona il novanta per cento delle volte.”

Perciò ora non mi resta altro che non sia il continuare la lettura del libro, oppure l’iniziare ad elencare le cose che non vanno o che almeno non stanno funzionando benissimo nella mia vita, provando a ideare qualche soluzione plausibile per  migliorarle.

Ciao!

 

 

 

 

“Pitagora: credeva nella Metempsicosi ovvero nella reincarnazione delle anime, indicando i propri
progenitori fino ad Apollo, e pare che a volte si mettesse a parlare con qualche animale, affermando
di riconoscere in esso l’anima di un amico defunto.”

Sto facendo delle ricerche sul numero 12, poiché il numero 12 ha iniziato a comparire un po’ ovunque laddove mettessi gli occhi, indispettita ho voluto guardarlo con attenzione. Eppure forse è colpa mia, sono stata io a richiamarlo a me per prima, per prima d’altronde l’ho notato sopra un libro di Pirandello, tra le pagine del Fu Mattia Pascal c’era un tizio che era fissato con il numero 12, era il suo numero prediletto. E a questo punto pure io ho iniziato a trovarlo nella mia quotidianità, l’orologio segnava spesso le 12: 12 o le 16. 12, c’era sempre un dodici insomma, i dodici venivano menzionati nelle date o nelle intenzioni  di qualcuno vicino a me, mi fermavo sulla strada e guardavo distrattamente un edificio, era il numero civico 12 che vedevo, ciò mi faceva sorridere tra me e me, ogni tanto, mentre a volte mi preoccupavo lievemente.  Quanti colpi di fulmine si possono provare nella vita? Uno forse, alcuni si innamorano più di una volta senza nemmeno tuttavia provare un vero e proprio colpo di fulmine, una stretta al cuore subitanea o come altro volete nominarlo. Beh, credetemi, nelle giornate scorse mi è sembrato di essere stata un colpo di fulmine per il numero dodici, lui mi scovava… quasi perseguitandomi e mi compariva di fronte all’improvviso nei modi più disparati: come potevo ignorarlo? No, non ho voluto. Ammetto che quello che ho saputo su di lui, indagando qua e là non mi è piaciuto poi tanto, per me era l’incarnazione del sacrificio. Dodici infatti nelle carte dei Tarocchi è il numero aggiudicato all’appeso, l’uomo a testa in giù, l’individuo impossibilitato a compire un’azione, ad agire…e magari solo a riflettere sul da farsi. Preferirei sfuggire al 12 con tutto il suo significato… e passare direttamente al 14, il numero della Temperanza, dell’equilibrio innato, dell’armonia. Mi piacerebbe riuscire a vivere in modo armonico, senza dover compiere spesso un sacrificio…per poter raggiungere o mantenere un’armonia o semplicemente vivere senza difficoltà una vita equilibrata. Adesso, pensandoci bene, il numero 12 mi si confà pure, in quanto numero rappresentante la rassegnazione al sacrificio, e all’impossibilità di agire come si vorrebbe fare…

In questo modo il colpo di fulmine è – all’incirca -vicendevole…
Voglio provare un altro innamoramento d’incanto, mi sarà permesso?

tempio-apollo-1964                  [ Tempio di Apollo – Roy Lichtenstein]